Albert Einstein pacifista

Ricorre  il centenario della Relatività generale. La teoria fu enunciata il 25 novembre 1915 in una seduta dell’Accademia Prussiana delle Scienze dal giovane scienziato, 36 anni.
Ma Albert Einstein era già famoso per i numerosi contributi alla conoscenza fisica del mondo. Nel 1905, ricordato come annus mirabilis, pubblicò vari articoli riguardanti  aree differenti della fisica. I più importanti:
sull’effetto fotoelettrico, che gli sarebbe valso il Premio Nobel per la fisica nel 1921;
sul moto browniano;
una prima memoria, sull’elettrodinamica dei corpi in movimento, teoria nota successivamente con il nome di Relatività ristretta, e un’altra memoria  che conteneva la nota formula E=mc2.
Nel 1917, due anni dopo la Relatività generale, introdusse la nozione di emissione stimolata, che molto più avanti sarà applicata alla concezione del laser.

Verso la fine dei suoi anni Einstein dirà: “Durante una lunga vita ho dedicato tutte le mie facoltà a raggiungere una comprensione un po’ più profonda della struttura della realtà fisica”. Ma non intendo qui illustrare i fondamentali contributi di Einstein alla fisica, altri lo hanno fatto con maggiori competenze delle mie. E nemmeno dei suoi discutibili rapporti con la famiglia e con il genere femminile.

Vorrei invece illustrare la figura di questa coscienza dell’umanità che per mezzo secolo ha saputo dar voce, pur tra ingenuità e oscillazioni, alle esigenze della dignità dell’uomo. Senza mai dimettere l’abito dello scienziato, egli pose la sua straordinaria autorevolezza al servizio dei diritti dell’uomo e dei popoli, libero dallo spirito di parte, noncurante delle reazioni intimidatorie, da quelle della Germania nazista, a quelle della caccia alle streghe negli anni del maccartismo. Ripercorrere, attraverso l’impegno, le speranze e le frustrazioni di E. le vicende del secolo scorso suscita amarezza e pessimismo: la stessa miopia degli Stati, l’impotenza degli organismi sopranazionali, la corsa al riarmo e il commercio delle armi quasi senza controllo. Un altro dato caratteristico della sua personalità è il fatto che egli sentì profondamente il legame con i suoi simili, ai quali si avvicina sempre con modestia e col desiderio di comprensione, dimostrate anche dall’attenzione che prestò sempre alle persone che a lui si rivolgevano da ogni parte del mondo.

Il primo manifesto, e l’ultimo – L’arco dell’impegno pubblico di E. è delimitato da due manifesti, entrambi nati dalla guerra.

Il primo, della fine del 1914, invoca la fine del conflitto e una Europa unita. Nell’ottobre 1914, in risposta alle accuse rivolte alla Germania per presunte atrocità commesse dalle truppe tedesche nel Belgio occupato, 93 intellettuali tedeschi resero pubblica una dichiarazione , il Manifesto al mondo civile, nella quale si affermava, tra l’altro: “Se non fosse per il militarismo tedesco, la cultura tedesca sarebbe stata spazzata via dalla faccia della terra … L’esercito tedesco e il popolo tedesco oggi sono spalla a spalla …” Immediatamente il medico pacifista G. F. Nicolai, con la collaborazione di E., stende un manifesto nel quale si appella a tutti gli europei perché esercitino la loro influenza a favore di una pace che non racchiuda i germi di guerre future. Solo due persone lo sottoscrissero, altri non osarono, data l’atmosfera nella Germania di allora.

L’ultimo manifesto ha origine da una proposta di Bertrand Russell. Nel 1955 la situazione era grave per la guerra fredda, la corsa agli armamenti nucleari e lo sviluppo della bomba H. L’11 febbraio. Russell si rivolse a E. che aderì alla stesura di un Manifesto, sottoscritto da 11 altri eminenti scienziati, in favore del disarmo nucleare e della pace, il Manifesto Einstein-Russell, reso pubblico nel luglio. Questo ebbe amplissima adesione e risonanza mondiale. Sull’onda delle emozioni suscitate, due anni dopo si tenne, nel villaggio canadese di Pugwash, la prima Conferenza che diede origine al Gruppo Pugwash, attivo ancor oggi e, per molti anni uno dei pochi punti di incontro tra gli scienziati pacifisti dell’Est e dell’Ovest.

Antimilitarismo e pacifismo. – Fin da giovane E. sente una profonda avversione per l’autoritarismo, il militarismo, il nazionalismo. Poco più che ragazzo, insofferente verso l’autoritarismo di stampo prussiano, chiede al padre di abbandonare la cittadinanza tedesca e diventa apolide e, in seguito, cittadino svizzero. Dopo il 1920 decide di servirsi della notorietà immensa che gli è piovuta addosso dopo la conferma sperimentale della sua teoria per battersi pubblicamente per le cause in cui crede:Il pacifismo disarmato, l’obiezione di coscienza al servizio militare (ma su questo, dopo l’avvento del nazismo, cambiò opinione: “Ma, con l’avvento del fascismo, mi sono reso conto che non si può mantenere questo punto di vista – l’obiezione di coscienza – se non al rischio che tutto il mondo cada nelle mani dei più terribili nemici dell’umanità”) e. una organizzazione sovranazionale. Disegni destinati a fallire. Una espressione  più matura della opposizione alla mentalità militare si trova in diversi articoli pubblicati dopo la  II Guerra mondiale.

Non sbagliò invece nel valutare il rischio per l’umanità conseguente all’avvento del nazismo. Già E. aveva accusato gli industriali interessati alle produzioni militari e le classi al governo di fomentare il risorgere del militarismo anziché  adottare le misure economiche necessarie per affrontare i periodi di crisi. Nel 1933 si rende conto che, se il mostro non sarà distrutto immediatamente, entro pochi anni sarà inevitabile un grande sacrificio di vite umane.

Nel 1927 venne invitato dal governo italiano a partecipare a Como, al Congresso internazionale di fisica  . E.  fu il solo a declinare l’invito,  per la sua opposizione al regime di Mussolini. Al tempo della guerra civile spagnola prese posizione a favore del governo repubblicano; in seguito criticò il governo fascista di Franco, attirandosi i fulmini dei reazionari americani.

  1. ammirava Gandhi. Così si espresse una volta: «Credo che le idee di Gandhi siano state, tra quelle di tutti gli uomini politici del nostro tempo, le più illuminate. Noi dovremmo sforzarci di agire secondo il suo insegnamento, rifiutando la violenza e lo scontro per promuovere la nostra causa, e non partecipando a ciò che la nostra coscienza ritiene ingiusto.»

Per una organizzazione politica sovranazionale – Dopo lo scoppio della I Guerra mondiale E. aderisce alla lega pacifista Bund Neues Vaterland, favorevole a creare gli Stati Uniti d’Europa. In seguito accoglie con favore l’istituzione della Società delle Nazioni, con la quale collabora fino al 1931, poi sfiduciato sulla possibilità di contribuire alla sicurezza e al disarmo. Particolarmente amara è la reazione di E. di fronte agli scarsi risultati della Conferenza internazionale per il Disarmo, iniziata nel 1932.

Dopo la fine della II Guerra mondiale E. sostiene, in moltissime occasioni, in pubblico e in privato, la sua convinzione che la salvezza della civiltà si può trovare solo  nella creazione di un governo mondiale, anche di fronte al pericolo di una guerra nucleare, e saluta con entusiasmo la creazione delle Nazioni Unite. Nel 1946 è nominato Presidente del Comitato di Emergenza degli scienziati atomici, preoccupati per la minaccia che le nuove armi portano all’umanità. Su questo tema interviene a più riprese pubblicamente  ,pur sfiduciato,  fino al famoso Manifesto del 1955.

La bomba atomica – Il ruolo avuto da E. nel 1939 nello stimolare il Governo degli Stati Uniti a preoccuparsi delle possibili conseguenze pratiche dell’energia nucleare, quindi della possibile costruzione di un’arma di potenza mai immaginata, è arcinoto. Ricordiamo che l’iniziativa fu assunta di fronte all’espansione militare della Germania nazista. E. stesso non partecipò poi al Progetto Manhattan. Molti anni dopo le esplosioni di Hiroshima a Nagasaki  affermò “Ho commesso un grande errore … ma non fu del tutto ingiustificato, perché c’era il pericolo che la costruissero i tedeschi”.

Verso la fine del 1944 si sa che gli scienziati tedeschi sono ben lontani dal realizzare la bomba atomica, inoltre è evidente che Hitler è prossimo alla fine. Dunque la motivazione iniziale del progetto americano viene a cadere. A quel punto molti dei fisici coinvolti nel progetto, ormai prossimo al successo, sono contrari all’impiego della bomba e si mobilitano per convincere le autorità politiche. E., che pure non è a conoscenza della situazione sul piano tecnico, scrive ancora una lettera al Presidente per presentargli Leo Szilard, intenzionato a perorare la causa del non uso; L’iniziativa, come purtroppo sappiamo, non avrà conseguenze positive.

Dopo  la  fine della guerra E. scende in campo ripetutamente per ammonire sugli enormi rischi connessi con l’esistenza stessa delle armi nucleari e di nuovo sostiene che la soluzione del problema debba essere rimandata a un governo mondiale, da istituire al più presto.

Inoltre critica gli Stati Uniti perché principali responsabili della competizione nella corsa agli armamenti, che ha distrutto la prospettiva di soluzione su base sovranazionale del problema della sicurezza.

Sulla struttura della società – In un famoso articolo del 1949 E. manifesta il suo credo nel socialismo. Per lui lo scopo del socialismo è quello di superare la fase predatoria dello sviluppo della società; l’anarchia economica dell’odierna società capitalista è la vera fonte del male; il capitale privato tende a concentrarsi nelle mani di una minoranza, il risultato è una oligarchia del capitale privato, il cui enorme potere non può essere controllato neppure in una società democratica. Il maggior male del capitalismo è il deterioramento della coscienza sociale delle persone..Anche per questo, e per il suo pacifismo, negli Stati uniti fu addirittura accusato di comunismo e, ai tempi del maccartismo, messo sotto sorveglianza; l’FBI raccolse un fascicolo di 1427 pagine sulla sua attività. Eppure, fin dai suoi primi viaggi, E.ha espresso giudizi lusinghieri verso gli Stati Uniti, di cui apprezzava la struttura democratica, il rispetto dei diritti civili, il sistema educativo, il dinamismo economico e il senso di solidarietà tra la gente,

Ma E. non fu mai favorevole al tipo di regime instaurato nell’Unione Sovietica e nei paesi satelliti; rifiutò sempre gli inviti a visitare quei paesi perché avversava il bolscevismo altrettanto che il fascismo per la soppressione della libertà. Tuttavia, nel corso della guerra, E. sente ammirazione e riconoscenza per l’accanita lotta del popolo sovietico contro l’aggressione nazista, e attenua il suo giudizio critico verso il regime bolscevico.

Il sionismo e lo stato di Israele – E. nacque da genitori ebrei non praticanti. La sua visione religiosa è nota da molte citazioni del suo pensiero: “Io non credo in un Dio personale e non ho mai negato questo fatto”; “Non riesco a concepire un Dio che premi e castighi le sue creature o che sia dotato di una volontà simile alla nostra. E neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica”; “Per me, la parola Dio non è niente di più che un’espressione e un prodotto dell’umana debolezza, e la Bibbia è una collezione di onorevoli ma primitive leggende, che a dire il vero sono piuttosto infantili.”

Negli anni Venti  si avvicina al sionismo, alla cui causa si dedica con impegno,anche senza mostrare interesse per la Bibbia e la religione.  Anche sotto il dilagare dell’antisemitismo, sposa il progetto di Herzl di fondare uno stato in Palestina. Ma non condivide l’obiettivo di uno stato nazionale ebraico, non vede nel popolo arabo l’avversario; pensa piuttosto a uno stato multinazionale e insisterà perché si giunga a un accordo con gli arabi sulla base della comune aspirazione a vivere in pace.

Dice, nel 1932: “Tocca a noi risolvere il problema della convivenza fianco a fianco dei nostri fratelli arabi in una forma aperta, generosa e degna. Ci è offerta qui l’occasione di dimostrare che cosa il popolo ebraico ha imparato in migliaia d’anni di martirio”. La visita in Palestina nel 1923 suscita in E. un’emozione profonda. Nel 1952 gli viene offerta la possibilità di diventare il secondo Presidente di Israele, ma rifiuta. Crollata la speranza di uno stato multinazionale, ammonisce ancora una volta il suo popolo, che tanto ha sofferto discriminazioni e oppressioni, invitandolo a condurre una politica di libertà, democrazia e uguaglianza verso la minoranza araba.

Qualche commento – Da quanto qui schematicamente detto risultano, accanto all’impegno morale e alla coerenza nel sostegno degli ideali in cui credeva, anche i limiti, le ingenuità e i fallimenti degli interventi del grande scienziato: nell’azione per la pace e il disarmo, nell’antimilitarismo, nella richiesta di una organizzazione sovranazionale efficiente, nella critica al capitalismo, nell’auspicio di uno stato multinazionale in Palestina.

Ma è indubbio che la sua voce sincera arrivò a moltissime persone nel mondo e toccò il loro cuore, e forse contribuì a renderle più coscienti dei gravi problemi che l’umanità deve affrontare e della necessità che ci si unisca per risolverli. Per questo il pensiero di E. in molti casi conserva tuttora il suo valore, al di là dello scarso impatto che ebbe, in generale,  sulla realtà del suo tempo. In particolare il suo messaggio pacifista è attuale, non soltanto  come testimonianza  di alto valore morale. Per questo suo impegno è giusto riconoscere che E. appartiene al’umanità intiera.

“La vita di tutti i giorni ci insegna che noi siamo qui per gli altri uomini, e anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende interamente l nostra felicità, oltre che per quella folla di sconosciuti al cui destino siamo legati da un vincolo di simpatia.” (1934).

Approfondimenti

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