Speriamo piova … ma serve un’altra politica

La difficoltà/rinuncia della politica a misurarsi con le questioni più profonde del futuro della società si manifesta oramai in qualsiasi emergenza/stretta che ci sia da attraversare: eppure è proprio di Politica che ci sarebbe bisogno.
Il mondo è sull’orlo di rotture probabilmente irreversibili nel rapporto tra umanità e ambiente e la Conferenza di Parigi si è conclusa non molte settimane fa con un accordo, che è sempre meglio di niente ovviamente, del tutto precario nei suoi obiettivi e incerto nella sua applicazione.


Nel frattempo si è riproposta proprio sul finire del 2015 e ancora nelle settimane scorse la questione dei livelli di inquinamento, da polvere sottili in modo particolare, nelle aree urbane del nostro paese,
E così abbiamo scoperto che cresce un’altra emergenza da affrontare.

E il vertice convocato d’urgenza dal Ministro Galletti con Comuni e Regioni è giunto ad una conclusione molto forte : facciamo una danza della pioggia collettiva perché, a quanto pare, è l’unica cosa che c’è da fare. Sperare che con la pioggia quella natura , che noi violentiamo ogni giorno, riesca a risolvere da sola quei problemi che noi le creiamo.
Nessuno può pretendere credo la bacchetta magica da nessuno, tantomeno da un Governo o da Amministrazioni locali e Regionali. Certo però le conclusioni di quel vertice hanno fanno sorridere per la totale inconsistenza degli interventi tampone e per la totale assenza, cosa ancor più grave, di ogni pur minima idea sulla strategia : e infatti, circa due mesi dopo, non vi è traccia di una sua influenza reale.

E, dunque, davvero, speriamo che torni la pioggia. Non troppa però, altrimenti alluvioni e frane saranno all’ordine del giorno, con altre emergenze…
Non mi soffermo sulle misure tampone utili per fronteggiare l’innalzamento dei livelli di inquinamento dell’aria. Ce ne sono tante. Molte sono in dispiegamento. Non tutte garantiscono risultati. Ma tutte è utile provare quando sei in piena emergenza come ora.

Del resto, il problema è nostro come di tutto il pianeta. Che siamo sul punto di accettare l’idea che per periodi dell’anno sia meglio non uscire di casa ce lo dicono alcuni piccoli segnali. Sono state già poste in commercio bombolette d’aria pura delle montagne. A Pechino, che vive drammaticamente lo stesso problema per ben più di qualche giorno all’anno, i ristoranti hanno cominciato a promuoversi con la seguente sottolineatura : locale dotato di impianto di purificazione dell’aria. A quando il ‘caseggiato’ ad aria purificata? E a quando il ‘quartiere’ ad aria purificata, magari sotto una bella cappa isolante trasparente ?
Se accettiamo l’idea che occorra attrezzarsi per convivere con il fenomeno vuol dire che ci siamo arresi alla sua affermazione.

 

Ovviamente per cambiare rotta servono sia nuove scelte di politica generale che nuovi comportamenti individuali.
Io non sottovaluto l’importanza dei cambiamenti nei comportamenti individuali. Peraltro è anche un modo per non rinviare sempre ad altri e ad un domani indistinto l’avvio di comportamenti virtuosi. Partire da se è sempre una cosa buona. E dunque tante sono le cose che possiamo fare noi nella nostra vita quotidiana per diminuire il nostro impatto sull’ambiente, per alleggerire la nostra orma ambientale sul Pianeta : e in queste settimane vanno fiorendo indicazioni, consigli, vademecum ….Va tutto bene. A patto però che sia chiaro un punto : la somma di tanti comportamenti virtuosi dei singoli non fa ancora una strategia. E’ una condizione utile, se si vuole anche necessaria, ma non sufficiente a determinare quella svolta di cui il Pianeta e i suoi passeggeri hanno bisogno.

Il cambiamento dei comportamenti individuali esprime le sue potenzialità al massimo se diventa la base per una diffusa cultura nuova che spinge, che crea un movimento , che esige un rinnovamento radicale negli indirizzi delle politiche di Amministrazioni e Governi e nelle scelte del sistema economico e produttivo globale. Senza intervenire anche a questo livello ci staremmo soltanto prendendo in giro. O ci starebbero prendendo in giro.
E’ una strategia compiuta che serve, supportata da unavision , che chiami in causa tutto e tutti. Scorciatoie non se ne danno…

Se poi addirittura, come è capitato con un voto del Parlamento Europeo, per favorire gli interessi del sistema automobilistico, si propone di derogare ai limiti di emissioni inquinanti delle auto ancora per molti anni…
Il tema di fondo che questa vicenda ci ripropone, come parte della più generale questione del futuro del Pianeta che è stata al centro della Conferenza di Parigi, è la contraddizione sempre meno gestibile e sempre più esplosiva tra una idea dello sviluppo fondata sull’esigenza di crescere sempre di più dal punto di vista delle produzioni per sostenere una crescita equivalente dei consumi e il fatto che tutto ciò entra oramai in conflitto diretto con l’equilibrio ambientale e della vita umana sul Pianeta.
Di questo stiamo discutendo.
 
Lo sviluppo unico del mondo sotto l’egida di un capitalismo senza argini e sempre più senza regole, ovvero con regole e principi suoi propri con cui cerca esso di informare ogni cosa sul Pianeta, vive un punto estremo di crisi: se lo sviluppo si ferma o rallenta (cosa che da un certo punto di vista farebbe un gran bene al Pianeta), andiamo ancor più in crisi dal punto di vista sociale ed economico. Se riprende la crescita , e quindi se riprendono le produzioni e i consumi, c’è in minima misura anche una ripresa sociale (sempre più minima del resto, perché la libertà di gioco dei capitali determina che la ricchezza prodotta si redistribuisca in modo sempre più diseguale), ma andiamo a sbattere dal punto di vista ambientale.

 

E’ questa la contraddizione dalla quale , rimanendo nel quadro delle idee dominanti di oggi, non si riesce ad uscire. Anzi, è destinata ad acuirsi sempre di più.
C’è un limite dello sviluppo , come fin dal Rapporto del Club di Roma del 1972 fu sottolineato, che non può essere forzato oltre un certo punto, pena appunto conseguenze irreversibili. La discussione fra esperti e scienziati non è se siamo lontani da questo limite, tutti concordano che ci siamo ‘sopra’. Il dibattito verte su quante conseguenze si siano già determinate e se e con quali azioni sia ancora possibile evitarne gli effetti irreversibili: in questo senso la Conferenza di Parigi che ha acquisito l’incremento di 2° gradi della temperatura media nel prossimo futuro ha già preso atto che dovremo fronteggiare una serie di conseguenze non lievi per questo fatto. E speriamo davvero che si riesca a contenere entro i 2° gradi la crescita della temperatura del Pianeta.

La domanda allora è: ma è possibile uscire da questa stretta micidiale? Ci sono politiche che è possibile affermare per mandare avanti l’idea di uno sviluppo diverso, non fondato sulla crescita energivora , dissipatrice di risorse irricostituibili e alteratrice di un corretto rapporto con la natura?
La sfida del futuro si gioca intorno alla risposta a queste domande.
E serve cambiare modello di sviluppo dunque.
E così, la cosa più irrealistica, più difficile diventa la scelta più realistica e lungimirante che si possa compiere.
Non sorprende che la sensibilità più avvertita da questo punto di vista si sia manifestata nell’ultima Enciclica di Papa Francesco.

Già avere e allargare la consapevolezza di questo dato è fare un passo in avanti di non poco conto.
Parafrasando Mario Tronti, vuol dire, questa consapevolezza, non solo manifestare libertà di pensiero, che grosso modo, almeno in Occidente, non viene negata a nessuno, ma anche esprimere un pensiero di libertà.
Che è il problema dell’uomo contemporaneo : riappropriarsi di una visione libera come condizione per recuperare sovranità di cui siamo stati tutti espropriati.
E allora, come si può immaginare che le cose possano reggere se i paesi che rivendicano giustamente il diritto di ‘crescere’ ( Cina, India, Brasile….), dovessero crescere secondo modalità già attraversate dalle fasi di crescita in altre aree del mondo?

Posto che non si può dire ad alcuno: stai fermo, l’unica chance è che si realizzi un patto, una intesa, una collaborazione tra diverse aree del mondo tesa a capovolgere il trend attuale che brucia futuro del Pianeta ogni giorno.
Serve uno sforzo da Governo del Mondo. Se non ora, quando? Quando se non di fronte a questioni di portata epocale come quella del futuro del Pianeta? Ed è di politica che stiamo parlando.
Ma si arriva a questo esattamente se la politica a tutti i livelli, e dunque con essa, i livelli di rappresentatività democratica, dai Parlamenti ai Governi e alle loro espressioni di coordinamento e di integrazione, si riappropriano di un potere di indirizzo e di decisione che oggi gli è stato sottratto, anche perché se lo sono lasciati sottrarre. E in più punti questo potere del capitale e dei capitali si fa direttamente politica che esautora tutto e tutti ( a chi rispondono organi come l’FMI, l’OCSE,la BCE ? Quale legittimazione democratica hanno ? ).

 

Ai nuovi paesi che chiedono di guadagnare nuove condizioni di vita non si può rispondere né con lo state fermi, che genererebbe tensioni e conflitti inimmaginabili, né con il fate come abbiamo fatto noi nei decenni scorsi, che significherebbe sacrificare praticamente il Pianeta alle esigenze di sviluppo.
L’unica e prima strada da seguire è quella di un salto nelle caratteristiche del loro sviluppo che non gli faccia ripercorrere le nostre tappe e aiuti un loro inserimento nei punti più alti e innovativi: esattamente l’opposto di quello che abbiamo fatto sino ad ora in rapporto con loro.

Abbiamo trasferito nei loro territori tante attività produttive nostre, spesso quelle a più alto impatto ambientale, anche con il non tanto malcelato obiettivo di usare questo trasferimento per contenere prima e smantellare poi il sistema di diritti dei lavoratori in casa nostra.
Bisognerebbe stabilire alcune regole semplici che invertano la logica oggi dominante: ad ogni incremento di emissioni nelle aree di nuovo sviluppo dovrebbe corrispondere l’obbligo di una riduzione pari nelle aree di vecchia industrializzazione.

E bisognerebbe, ancor di più, compiere un salto tecnologico e produttivo a tutti i livelli della economia e della produzione, possibile per lo stato della tecnica e della scienza (ma frenato dalle grandi lobby delle fonti energetiche fossili, dei produttori di auto, del sistema finanziario che li circonda) : solare e tutte le fonti rinnovabili, nuovi materiali, mobilità sostenibile , uso sociale delle potenzialità della società dell’informazione…
E, soprattutto, il capovolgimento del sistema economico ‘usa e getta’, dello spreco e dello scarto, della produzione infinita e sempre più ingombrante di rifiuti…passare dal mondo delle cose che diventano obsolete nel giro di pochi mesi, quando non anche di pochi giorni o ore , alla messa in valore ( di nuovo ), di quelle che invece durano di più, che sono utili a lungo, che valgono per il loro valore d’uso e non per il loro valore di scambio…

Proviamo a fare qualche piccolo esempio di politiche attive indirizzate in una ottica nuova, non solo urgenti ma anche possibili. Cominciamo da logistica e trasporto merci.

Fa sorridere ogni volta che, in tanti commenti quotidiani, si scopre l’acqua calda in una sconnessione paurosa tra decisioni assunte e conseguenze delle stesse decisioni sul medio-lungo periodo pur essendo le seconde, le conseguenze, grosso modo già chiare al momento della assunzione delle prime, le decisioni.
Nel mondo globalizzato insieme ai capitali viaggiano in modo impazzito le merci.
Logistica e trasporto merci è il settore che ha avuto negli ultimi venti anni una crescita esponenziale.

Al trasporto su gomma, di persone e merci, è da attribuire tra il 30 e il 70% ( a seconda della sua densità e intensità ), della responsabilità dei livelli di inquinamento dell’aria e delle tanto famose in questi giorni polveri sottili. E negli ultimi venti anni il suo apporto di inquinamento è cresciuto in termini assoluti di oltre il 30% : non ci si può sorprendere allora dei problemi di inquinamento quando oramai in Europa tra l’85 e il 90% % delle merci è trasportato su gomma.
In Italia invece la percentuale di merci trasportate su ferro è del solo 5.7% ( dato del 2015).
In buona sostanza abbiamo abbandonato ogni idea di sviluppo di trasporto su ferro in favore di quello su gomma. E queste scelte si pagano.

L’investimento per la TAV, per il trasporto veloce dei passeggeri ha preso il sopravvento e ha rappresentato alla lunga l’unica scelta. Si è preferito perseguire la crescita del segmento di trasporto più ricco e profittevole, abbandonando a se’ stesse il resto delle linee e delle stazioni ferroviarie ( ne sanno qualcosa i milioni di pendolari nel nostro paese ).
E si è abbandonato totalmente ogni programma di crescita del trasporto merci su ferro.
Qui ci sarebbe un Grande Progetto da perseguire a livello nazionale e a livello europeo : porsi l’obiettivo di raddoppiare in 5 anni la percentuale di merci che vengono trasportate su ferro invece che su gomma. E raddoppiarla ancora nei 5 anni successivi. Questa è una grande opera che piace. E si pensi che 1 tonnellata di merci spostata per 1 km su ferro produce 29 grammi di CO2, spostare la stessa quantità per la stessa distanza su gomma determina 81 grammi di CO2 : poco meno del triplo. Avete così l’esatta dimensione del risparmio in termini di inquinamento che si produrrebbe.

 

E se fossi poi il Sindaco di Napoli-Città Metropolitana ( tutta la Provincia di Napoli ), o se mi volessi candidare a diventarlo, chiamerei tutte le Università e i Centri di Ricerca presenti sul mio territorio a collaborare al Progetto Napoli Metropoli Sostenibile , a finalizzare attività e programmi di ricerca, di trasferimento tecnologico, di modelli di funzionamento volti alla implementazione degli obiettivi del Progetto. E attraverso le sedi napoletane di formazione e ricerca proverei a chiamare a concorrere a questo lavoro il meglio della cultura e della ricerca europee e mondiali.
Stabilirei nel mio Programma di governo la definizione dell’obiettivo, entro lo scadere del mio primo mandato, dell’ultimo miglio di consegne all’interno della Città di Napoli, e dell’intera Area Metropolitana entro il secondo mio mandato, LIBERO DA MEZZI A BENZINA,DIESEL, METANO,GPL : la consegna finale si fa solo con mezzi elettrici.

Quante migliaia sono i mezzi che entrano in una città come Napoli per fare consegne a negozi, a domicilio, a strutture pubbliche e a strutture private? Tantissime.

Poste Italiane, per impulso del Governo, dovrebbe essere la Società che almeno in tutte le aree metropolitane adotta un sistema del genere per le sue consegne.

Immaginate la realizzazione in quattro aree industriali dismesse interne o ridosso del perimetro cittadino (perché è importante che non un metro in più si cementifichi per fare ciò che serve : riuso,riuso,riuso !), l’allestimento di 4 Centri di Logistica Sostenibile.
Immaginate che ad ogni Centro i camion e i furgoni alimentati in modo convenzionale (e anche i binari di una linea ferroviaria almeno in 1 dei 4 Centri), arrivino e trasbordino su mezzi elettrici le consegne che hanno da fare in città : si veda quante tonnellate di merci entrano ed escono ogni giorno da una città come Napoli e avete la dimensione esatta del livello di abbattimento dell’inquinamento.
Poi, i 4 Centri potrebbero diventare anche vere e proprie stazioni di servizio di Ricarica-Sostituzione delle Batterie elettriche per le auto.

E ognuno dei 4 Centri potrebbe diventare anche una piccola Centrale Solare di Produzione Elettrica.
Contestualmente, lavorerei alla individuazione di altri 10 Centri sui confini della Città Metropolitana, 3 dei quali almeno ( a Nord, a Est, a Sud ) raggiungibili direttamente dai binari ferroviari, affinché entro il secondo mandato si realizzi, appunto di far diventare tutta l’Area Metropolitana di Napoli libera dai veicoli alimentati da fossili e derivati per la distribuzione di merci.
E tutti i Centri dovrebbero essere integrati con Porto,Interporti, Aeroporto …
Napoli e poi l’Area Metropolitana potrebbero conquistare così livelli migliori di qualità della vita e conquistare un primato nel nostro paese.

Sempre se fossi poi il Sindaco di Napoli o il Candidato a diventarlo, sempre aiutato e sostenuto dalle strutture Universitarie e di Ricerca del mio territorio, definirei il Progetto Auto e Mezzi Pubblici a Emissioni Zero per il territorio Comunale, prima e poi per tutto quello della Città Metropolitana.
Proporrei la definizione di un tavolo di lavoro tra le Amministrazioni pubbliche, la Regione, il Governo per giungere, in cinque anni, all’utilizzo di soli Autobus e mezzi di trasporto pubblico alimentati con energia elettrica.
E lo stesso farei contestualmente con le auto di servizio del Comune, delle sue Aziende, dei suoi Assessorati e servizi pubblici…..
E al Tavolo interistituzionale solleciterei l’adozione di criterio eguale per auto di ASL, uffici scolastici, scuole secondarie, Regione, uffici decentrati di ministeri, società pubbliche e partecipate, comuni, musei, Università e Centri di ricerca…migliaia di auto e mezzi di spostamento.

E poi definirei il Progetto Mobilità Sostenibile per tutta l’Area Metropolitana, d’intesa con la Regione, potenziando tutte le strutture del Trasporto pubblico locale,della Metropolitana come della Circumvesuviana e Cumana, innovando nel loro parco mezzi e nel livello di qualità dei servizi che prestano.

E, insieme, come parte del Progetto Mobilità Sostenibile, per i grandi bacini territoriali interni all’Area Metropolitana riorganizzerei tutto il trasporto pubblico per bacino, in larga misura oggi inesistente e comunque disorganizzato al massimo : è in queste aree dove per muoversi da Afragola a Frattamaggiore o da Acerra a Pomigliano d’Arco o da Nola a Marigliano o da Portici a Torre Annunziata; per dover accompagnare i figli a scuola la mattina o per riprenderli a metà giornata….ore e ore in un traffico congestionato e spesso più inquinante della stessa città di Napoli. Qui ancora una nuova rete di mezzi pubblici elettrici.

E , manco a dirlo, poi massimo sviluppo di formule come il Car-sharing con mezzi elettrici, piste ciclabili…

E costruirei un Progetto Energia Solare per fare in modo che tutta l’energia elettrica in più necessaria per sostenere questo incremento di uso di mezzi sia compensata dalla nuova produzione equivalente di energia elettrica da solare.

 

E’ sempre il pubblico ad aprire la strada dell’innovazione: una città e un’area metropolitana che si organizzassero in questo modo, e insieme più città e più aree metropolitane (e perché non riprendere proprio da qui un discorso di Regioni del Sud unite? Il Presidente Emiliano ha assunto per la Puglia posizioni molto coraggiose in proposito), insieme a strutture statali, rappresenterebbero il più diretto sostegno alla diffusione dell’uso di soluzioni a emissioni abbattute. Sia perché definirebbero anche una rete di infrastrutture e di servizi per macchine e mezzi elettrici privati, ad esempio, e sia perché si realizzerebbero prime economie di scala utili per l’abbassamento dei costi del singolo mezzo tale da renderlo anche avvicinabile da parte del privato. E fino ad ora non abbiamo parlato di incentivi pubblici, se poi ci fossero anche questi…

E effetto non secondario di un Programma ad ampio spettro come questo è lo sviluppo di ricerca e innovazione, con nuove soluzioni e nuovi brevetti ed un salto nella finalità sociale nello sviluppo delle nuove tecnologie.
Con nuovi software e nuovi algoritmi sottratti al monopolio crescente nel digitale e con proprietari ,invece, i Comuni, le Università, le Comunità locali.
Potremmo recuperare come paese un ritardo grande accumulato negli ultimi venti anni e segnare una rotta a livello europeo.

Ovviamente questo vuol dire anche però non essere più Fiat-dipendenti : quanto sacrificheremo ancora come sistema-paese alle scelte della Fiat? E’ un caso che l’Italia è uno dei paesi dove più si è puntato sul trasporto su gomma di merci e persone e dove meno si è puntato invece sull’auto elettrica? Anzi la Fiat si è chiamata completamente fuori dalla frontiera più avanzata della mobilità individuale : quella dei motori elettrici e all’idrogeno.

E’ ben strano che l’innovatore Marchionne abbia portato la Fiat così lontano dalla sfida del futuro…
E il Ministro Galletti, e Del Rio, e il Presidente del Consiglio, e tanti Presidenti di Regione campioni di modernità e innovazione, quanto hanno in testa una strategia per il sistema paese ?
Tanta considerazione hanno i nostri di quali siano gli asset che contano per il paese che Finmeccanica non molti mesi fa si è ‘ liberata ‘, in favore di Società giapponese, di Ansaldo Sts e Breda ,un patrimonio di ricerca e di tecnologia con pochi eguali al mondo, con 1.9 miliardi di euro di incasso ma con una perdita secca per il sistema paese, appunto, di cui tanto ci si riempie poi la bocca.
Si potrebbe dire : ma quanto costa un progetto del genere?
Non rispondo: ma quanto ci farebbe risparmiare di costi sociali e umani un progetto che abbatte i livelli di inquinamento, peraltro creando nuovo e miglior lavoro?

Dico invece: ma il grande programma di investimenti del Presidente della Commissione europea di 300 miliardi di euro? E i Fondi della nuova programmazione europea 2014-2020? E un concorso di investitori privati? …
Sono la visione politica e la volontà coerente che occorre far emergere. Tutto il resto c’è.
Un po’ abbiamo giocato. Un po’ abbiamo fatto sul serio. Abbiamo soprattutto voluto dire che altre strade ci sono. Sempre. O meglio, ancora. E che vale la pena di cercarle.