La ricerca scientifica non è un lusso

La ricerca scientifica ha come scopo principale quello di scoprire fatti relativi a qualunque ambito della conoscenza umana. È uno dei fattori chiave per la crescita e lo sviluppo della società grazie alla capacità di fornire innovazione, favorendo così il progresso scientifico. Molto spesso si dice che la ricerca è un lusso che in tempi di difficoltà economica non ci si può permettere. Io proverei a invertire il concetto suggerendo che le società avanzate non possono permettersi il lusso di “non fare” ricerca scientifica, soprattutto quella di base.

“La ricchezza delle nazioni”, per citare Adam Smith, oggi è costituita soprattutto da “nuovo sapere”. Per produrre questo “nuovo sapere” bisogna avere un organizzazione in grado di incanalare i percorsi della ricerca scientifica fornendo e organizzando le necessarie risorse. Ma soprattutto bisogna avere una politica della scienza che tenga conto dell’economia del sapere. Questo passaggio è fondamentale per cambiare la specializzazione produttiva di un paese ed entrare nell’economia della conoscenza. L’Italia, e in particolare il suo Meridione, hanno necessita di cambiare la propria specializzazione produttiva per uscire dal declino. Questo si ottiene investendo molto di più in ricerca, passando dall’attuale 1% al 3% del PIL come avviene nelle altre nazioni avanzate.

Attualmente ci sono molti investimenti in ricerca applicata, ma questa non è la ricerca che ci occorre. L’Italia e il Mezzogiorno devono puntare sulla  ricerca di base, che si occupa della comprensione teorica di un determinato processo e ha un’anima esplorativa, indotta dalla curiosità del ricercatore senza un particolare scopo pratico immediato. La ricerca applicata invece si propone di trovare soluzioni per determinati problemi sfruttando la conoscenza teorica già acquisita. È la ricerca di base e non quella applicata che genera nuova conoscenza, rompe gli schemi e apre vie completamente inesplorate e capaci di creare innovazione, nuovi ambiti lavorativi, nuove visioni del mondo. Gli esempi sono innumerevoli e sono sotto gli occhi di tutti. Questo concetto deve essere chiaro a chi ha la responsabilità del governo di un paese. È altresì evidente che occorra un sistema efficace per finanziare la ricerca. Bisogna pertanto promuovere una politica della scienza che investa in modo produttivo le risorse finanziarie e formi i cervelli in grado di farle fruttare. Il Sud ha una popolazione  relativamente più giovane del resto del paese e troverebbe facilmente i giovani cervelli selezionandoli in base al merito, alla creatività e alla voglia di fare.

Perché non possiamo permetterci il lusso di non fare ricerca? Prendiamo il caso della ricerca biomedica, che è un campo che conosco direttamente. Poniamo per assurdo di smettere di fare ricerca biomedica di base, e di continuare a curare le malattie più frequenti come il cancro, le malattie cardiache, la malattia arteriosclerotica, l’ictus, le demenze senili, il diabete, l’osteoartrite e molte altre patologie tipiche della popolazione che invecchia semplicemente utilizzando conoscenze e strategie terapeutiche attualmente disponibili. Considerato il ritmo di invecchiamento della popolazione, se lasciassimo la scienza biomedica dove si trova adesso le prospettive per il sistema sanitario sarebbero fallimentari. Tutte queste malattie sono diverse manifestazioni dell’invecchiamento e se non cercassimo di capirne le cause non sapremmo, tranne poche eccezioni, come prevenirle o curarle.

La sostenibilità di soluzioni parziali e costose per il trattamento cronico di queste patologie non sarà assicurabile alla lunga e sta già minacciando la solvibilità del sistema sanitario più spartano. In passato, la ricerca scientifica ha prodotto tecnologie altamente efficaci e poco costose per la prevenzione e la cura delle malattie umane. L’intera gamma contemporanea di vaccini, antibiotici e prodotti chimici sintetici antimicrobici testimonia l’utilità di soluzioni biomediche di base e l’applicabilità finale di tali intuizioni. Il riconoscimento dell’esistenza di batteri e le loro tossine, e di virus, ha preso più di un secolo.

Almeno cinquanta anni di accurate ricerche nella coltivazione, nello studio della tassonomia e delle proprietà metaboliche dei batteri hanno infatti preceduto la nozione stessa di qualcosa di simile alla penicillina. In questo e in molti altri campi della medicina la scienza di base ha fatto ciò che ci si aspetta: ha prodotto travolgenti sorprese che hanno cambiato il mondo e la nostra vita come la tecnologia del DNA ricombinante, che rende possibile per un ricercatore chiedere e ottenere risposte a quasi ogni domanda sui dettagli più intimi dei geni di una cellula vivente.

Queste tecniche hanno reso possibile comprendere che ci sono davvero cose come gli oncogeni su cui agiscono le sostanze carcinogene. La scoperta della fusione cellulare ha invece permesso lo sviluppo di fabbriche di cellule per fare anticorpi monoclonali. Con questi nuovi strumenti, è ora possibile identificare i prodotti genici ed esaminare con un alto grado di precisione e specificità i cambiamenti che si verificano a livello della membrana cellulare quando una cellula normale si trasforma in tumorale. Gli immunologi sono pronti a rivendicare di poter risolvere l’intero problema del cancro in pochi anni, come le ultime ricerche sui checkpoint immunitari stanno svelando. Insomma, non si è mai conosciuto un periodo di così altamente eccitante nella ricerca biomedica. In Italia e soprattutto al Sud abbiamo bisogno di intercettare questa nuova onda di entusiasmo e spingere lo sviluppo della ricerca di base. Nessuno può essere sicuro di quello che ci aspetta, ma ci saranno certamente informazioni nuove di profonda importanza che aspettano di poter essere svelate.

Quello che stiamo osservando è la scienza di base al suo massimo picco, che sfruttando la sorpresa, seguendo i nuovi fatti ovunque essi sembrano condurre porta sviluppo e progresso. Poco tempo fa malattie come l’ipertensione maligna, l’aterosclerosi, l’ipercolesterolemia erano una condanna a morte sicura; oggi sono diventate delle malattie curabili.  Presto sarà il turno dell’Alzheimer e del cancro. L’intero campo della scienza biomedica è in movimento, come mai prima nella lunga storia della medicina. Non so che cosa accadrà nei prossimi venti anni, ma la mia ipotesi è che siamo sul punto di scoperte che permetteranno di sconfiggere molte malattie umane come è avvenuto per le malattie infettive un secolo fa.

Cosa potremmo fare per accelerare questo processo? Una risposta immediata potrebbe essere quella di destinare parte della spesa sanitaria allo sviluppo di progetti di ricerca di base nel campo medico con un sistema di grant sul modello del National Institute Of Health americano. I ricavi da eventuali brevetti potrebbero essere destinati a finanziare la stessa spesa sanitaria, che in parte si auto-sosterebbe. La cosa non è semplice ma è una scommessa che potremmo provare a vincere.