L’integrazione scolastica dei ragazzi di cittadinanza non italiana nelle scuole a Napoli: alcuni risultati di indagine

L’articolo è stato pubblicato nel volume “La scuola ne combina di tutti i colori” a cura dell’Osservatorio sulla condizione scolastica degli alunni con background migratorio – Assessorato Scuola e Istruzione del Comune di Napoli, edizione realizzata dal Liceo Statale “Pasquale Villari” di Napoli

 

Premessa

La presenza degli alunni stranieri nelle scuole italiane appare agli occhi di molti come una delle sfide oggi più significative sia per il sistema scolastico che per la società italiana nel suo complesso, anche perché è proprio nella scuola che è possibile sperimentare modelli di sostegno all’incontro e alla convivenza che potrebbero anche essere poi esportati e declinati in altri contesti. La scuola, infatti, si presenta come una di quelle istituzioni pubbliche che, al di là delle singole scelte degli amministratori e delle politiche nazionali o locali, si ritrova di fatto a fare i conti con la presenza di bambini e ragazzi provenienti da paesi differenti e quindi portatori di culture e approcci diversi.
È evidente che si tratta di un processo, quello dell’inserimento degli alunni non italiani, che si muove in perenne equilibrio tra l’essere un arricchimento e una occasione di crescita, e nel contempo essere un tema che solleva questioni e crea preoccupazioni, e talvolta inutili allarmismi; anche perché la sua crescita avviene in una fase storica di riduzione della spesa destinata alle politiche scolastiche e sociali.
Sebbene siano oltre vent’anni che il Ministero abbia iniziato a lavorare sull’inserimento degli alunni stranieri e ad indicare linee di intervento per la scuola multiculturale, promuovendo nello specifico l’educazione interculturale (Ongini, 2014), tutti sono convinti che ci sia ancora molto da fare. In primo luogo perché la presenza e i bisogni specifici delle famiglie immigrate sono in continua e rapida trasformazione, ma anche perché come ricorda Graziella Favaro (2011) le politiche scolastiche d’integrazione appaiono ancora fortemente caratterizzate da una certa disomogeneità da zona a zona e persino da scuola a scuola. Differenze che solo in parte sono legate alla necessità di rispondere alle esigenze specifiche dei contesti, mentre in altre situazioni sono piuttosto da attribuirsi alle fasi migratorie che vivono le diverse regioni italiane. Talvolta, invece, possono essere l’esito di uno scarso o ritardato impegno di alcune scuole ad affrontare l’arrivo dei bambini immigrati. Ad esempio, quando l’inserimento di alunni stranieri avviene in scuole che hanno una platea scolastica di per sé problematica e socialmente fragile (vulnerabile da un punto di vista socio economico – degrado socio economico), le attenzioni verso i bambini e i ragazzi provenienti da altre culture possono essere diverse e più frequentemente non vengono avviate specifiche iniziative di accoglienza. Vi sono, infine, scuole che – quando si ritrovano per la prima volta ad affrontare questo tema – non hanno il tempo o la abitudine a confrontarsi con chi ha già esperienze e a trarre vantaggio da buone pratiche sperimentate in altri contesti. Da tutto ciò ne viene fuori quell’Italia a mantello di arlecchino, come suggerisce Ongini (2011), con una propria specificità (rispetto al contesto europeo) nelle politiche di integrazione degli alunni stranieri, dovuta in parte alle caratteristiche proprie della presenza di famiglie immigrate e in parte alla politica stessa di inserimento degli alunni. Sul primo aspetto viene messo in evidenza una esperienza – relativamente ad altri paesi europei – più recente di immigrazione, l’esistenza di un modello policentrico e diffuso (con la presenza significativa degli alunni stranieri non solo nelle grandi città, ma anche nei piccoli centri) e una grande varietà di provenienze nei singoli comuni e nelle scuole (e di conseguenza una grande articolazione in termini di lingue, culture, livelli di scolarizzazione, esperienze e progetti migratori). In riferimento alle politiche di accoglienza ed inserimento degli alunni immigrati una delle principali caratteristiche dell’Italia è stata quella di aver scelto da subito, dalla fine degli anni Ottanta, “il modello inclusivo e quindi l’inserimento degli alunni stranieri nella scuola comune, all’interno delle normali classi scolastiche ed evitando la costruzione di luoghi di apprendimento separati, differentemente da altri Paesi e in continuità con precedenti scelte della scuola italiana per l’accoglienza di varie forme di diversità (diversamente abili, diversità di genere, di provenienze sociali)” (Ongini, 2014, p. 71). Riconoscendo in tal senso il valore fortemente positivo della socializzazione tra pari e del confronto quotidiano con la diversità.
Ciò che si è affermato, in quella che è stata definita “Via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” (Miur, 2007) è un principio di uguaglianza formale di opportunità di accesso gratuito al sistema scolastico per tutti i minori indipendentemente dalla loro cittadinanza, a fronte del quale, tuttavia, come ricordano Besozzi ed altri (2013) e come risulta dalle rilevazioni del Ministero dell’Istruzione (Strozza, Mussino, 2012), gli esiti scolastici fanno emergere significative differenze di successo scolastico tra gli alunni italiani e quelli stranieri, vengono infatti registrati per questi ultimi maggiori bocciature e ripetenze, nonché votazioni medie più basse. Inoltre essi, nelle scelte relative all’istruzione secondaria di secondo grado, pur a fronte di un buon rendimento scolastico, sono ancora fortemente orientati verso l’istruzione tecnica e professionale piuttosto che liceale, indicatore, quello della canalizzazione delle scelte scolastiche dell’istruzione secondaria di II grado, delle scarse opportunità formative e sociali per i ragazzi con cittadinanza non italiana e della difficoltà nel garantire, da parte del sistema italiano, un’uguaglianza sostanziale nelle opportunità di riuscita (Besozzi et al., 2013; Di Bartolomeo, 2014).
Nel 2014 il Ministero dell’Istruzione ha aggiornato le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, che già aveva proposto nel 2006, con l’obiettivo principale di offrire alle scuole una sintesi ragionata di quello che le scuole stesse hanno messo in campo, con buon esito, nel corso degli anni.
Le linee guida partendo da una descrizione del nuovo contesto, scolastico e sociale, nel quale sta avvenendo l’integrazione degli alunni stranieri e riportando le novità della normativa italiana, propongono una serie di indicazioni operative per le scuole rifacendosi soprattutto ai modelli di integrazione e di sostegno didattico già collaudati in molte realtà scolastiche italiane. Accanto agli argomenti più tradizionali dell’integrazione degli alunni di cittadinanza non italiana, nelle linee guida sono stati poi approfonditi temi emergenti quali l’inserimento nelle scuole del secondo ciclo, la valutazione, gli esami, la didattica dell’italiano come seconda lingua, la formazione del personale scolastico e l’istruzione e formazione degli adulti.
In questo panorama nazionale la realtà di Napoli si presenta, come si è avuto modo di vedere (cfr. cap. 3 in questo volume), a sua volta come un contesto fortemente variegato. Il relativo ritardo, rispetto ad altre aree del paese economicamente più dinamiche, con cui si è affermato il processo di stabilizzazione della presenza straniera, e di conseguenza delle famiglie immigrate con figli, non ha dato luogo fino a pochi anni fa a iniziative specifiche da parte delle scuole – se non in casi esemplari – o linee di indirizzo da parte delle amministrazioni locali finalizzate all’inserimento degli alunni stranieri, non essendo apparsa quest’ultima come una priorità nel contesto partenopeo, se non quando ci si è trovati di fronte ad alcune situazioni di emergenza. Queste ultime rappresentate ad esempio dall’arrivo di famiglie rom in campi abusivi o dalla denuncia della presenza di scuole etniche con la mancata frequenza da parte dei bambini della scuola italiana.
Il lento, ma progressivo aumento di alunni stranieri che vi è stato negli anni ha visto la concentrazione della presenza in alcuni quartieri della città, spesso proprio in zone già in sé problematiche (ragazzi a rischio di devianza, famiglie povere e marginali, abitazioni in cattive condizioni, ecc.): alcune aree del centro storico vedono oggi un significativo insediamento di famiglie straniere composte sia da gruppi nazionali di più antico insediamento (e tra questi, più di tutti, gli srilankesi) che di più recente arrivo (come i cinesi e i romeni), così come alcuni quartieri della periferia urbana sono interessati dalla presenza di migranti – e tra questi i rom (sia slavi che romeni) – che vivono condizioni di grave degrado economico e sociale.
In linea con quanto avvenuto a livello nazionale, ci sono state scuole napoletane che prime si sono trovate a fronteggiare l’arrivo di minori immigrati o che si sono attivate in anticipo per la sensibilità dei dirigenti scolastici e/o degli insegnanti ed hanno messo su iniziative, costruito reti con le altre realtà del territorio, avviato confronti con altre scuole di città del Centro e del Nord del paese, istituti scolastici che oggi sono diventati punto di riferimento e di confronto per la loro maggiore esperienza acquisita e per le pratiche sperimentate.
Ma tra i molteplici fattori che influenzano l’integrazione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana, alcuni di questi hanno a che fare con la stessa scuola e con il sistema dei servizi, altri sono relativi all’ambiente economico e sociale, ma a pesare sono anche le esperienze migratorie, i progetti delle famiglie e la fase migratoria. In questo capitolo vengono presi in esame opinioni e atteggiamenti nei confronti della scuola e dello studio e (auto)valutazione dell’andamento scolastico degli alunni stranieri ed italiani iscritti nell’a.s. 2013-2014 nelle scuole secondarie di I grado del comune di Napoli in cui significativa è la presenza di allievi immigrati (almeno quattro iscritti stranieri). I dati utilizzati sono tra quelli raccolti nell’ambito delle attività di rilevazione poste in essere dall’Osservatorio sugli alunni con background migratorio del Comune di Napoli e realizzate in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).

 

L’indagine, le variabili e gli indicatori

Nel capitolo precedente, curato da Conti e Quattrociocchi, è già stato descritto in dettaglio il sistema di rilevazioni posto in essere dall’Osservatorio e realizzato in collaborazione con l’ISTAT. Nell’a.s. 2013-2014 è stata prima realizzata una rilevazione totale sulle scuole secondarie di I e di II grado, volta ad acquisire dalla dirigenza scolastica informazioni sulle caratteristiche degli alunni frequentanti, sui servizi forniti, sulla dotazione informatica e sulle azioni e protocolli eventualmente adottati per favorire l’inclusione degli allievi immigrati, e successivamente è stata condotta un’indagine CAWI (Computer-Assisted Web Interwiev) sugli alunni delle sole scuole napoletane nelle quali risultava iscritto un certo numero di ragazzi stranieri (almeno 4 nella secondaria di I grado e almeno 3 nei primi due anni della secondaria di II grado).
Entrambe le rilevazioni possono per molti aspetti essere considerata come delle indagini pilota. Lo sono state certamente per l’ISTAT, che ha contribuito a realizzarle anche con la finalità di testare procedure operative e modelli di rilevazione in vista dell’indagine campionaria nazionale che è stata poi realizzata nell’a.s. 2014-2015. Hanno comunque portato all’acquisizione di informazioni preziose che nel caso della rilevazione totale rivolta alla dirigenza scolastica ha riguardato la gran parte dell’universo degli istituti napoletani (89% delle secondarie di I grado e 77% di quelle di II grado). Nel caso dell’indagine sugli alunni il campione dei ragazzi che hanno risposto al questionario non ha sempre raggiunto i requisiti minimi indispensabili per essere considerato rappresentativo dell’universo di riferimento. Per questa ragione sono stati esclusi dalle analisi seguenti i dati relative agli alunni stranieri e italiani iscritti ai primi due anni delle superiori. Si limita quindi l’attenzione ai risultati emersi dalla rilevazione condotta nella scuola secondaria di I grado che, nonostante le difficoltà incontrate, può ritenersi sufficientemente ampia e non aver registrato un numero di cadute (mancate risposte totali) così significativo da inficiarne la rappresentatività.
Hanno risposto al questionario via web 492 alunni, di cui 260 stranieri e 232 italiani (Tab. 1). Questi ultimi, che costituiscono il campione di controllo, non sono rappresentativi di tutti gli alunni italiani delle scuole napoletane ma di quelli presenti negli istituti e nelle classi in cui la componente straniera risulta presente in modo non trascurabile (almeno 4 iscritti per scuola). In sostanza, il collettivo degli studenti italiani costituisce essenzialmente il termine di paragone per quanto concerne condizioni, opinioni e atteggiamenti dei compagni di classe stranieri.

Tabella1
Senza dubbio non è possibile scendere ad un livello di analisi troppo dettagliato che comporterebbe un errore di campionamento così ampio da rendere i risultati troppo condizionati dal caso e quindi non meritevoli di approfondimento. Per questa ragione si è deciso di proporre tabelle che al massimo incrociamo due variabili, di cui una è quella di interesse specifico (variabile obiettivo) e l’altra esprime una delle caratteristiche di base del collettivo considerato (variabile discriminante).
Tali caratteristiche sono, oltre al genere e alla cittadinanza (italiana o straniera), la macro-area di origine (Europa, Asia o altro) e la generazione migratoria (nati in Italia o arrivati a meno di 6 anni, nati all’estero arrivati a 6-10 anni, arrivati a 11 anni o più) degli alunni stranieri, la regolarità del percorso scolastico (in anticipo o in regola, in ritardo di un anno, due o più anni di ritardo). Per le ragioni anzidette le modalità di ciascuna caratteristica di base sono state ridotte al minimo (al massimo tre modalità) attraverso ragionevoli aggregazioni, comunque non esenti da critiche. È questo il caso, ad esempio, del paese di cittadinanza degli alunni stranieri, che senza dubbio sarebbe stato interessante distinguere nelle principali nazionalità, ma la ridotta numerosità campionaria ha consigliato di separare esclusivamente gli europei dagli asiatici e dal resto delle origini (africane e latinoamericane). Le categorie relative alla generazione migratoria sono state definite tenendo conto sia del numero di casi sia del fatto che si tratta di ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 15 anni e pertanto risultava necessaria un’articolazione in parte diversa da quella di Rumbaut (2004), maggiormente utilizzata nella letteratura internazionale e richiamata da Conti e Quattrociocchi (cap. 4). Alle quattro variabili discriminanti citate ne è stata aggiunta una quinta che non si riferisce ad una caratteristica o condizione dell’alunno straniero ma alla scuola che sta frequentando. Sulla base delle informazioni acquisite nell’indagine totale sui dirigenti scolastici è stato possibile costruire un indicatore che distingue gli istituti secondo la molteplicità di tipologie di interventi messe in atto nell’ultimo anno scolastico per favorire l’inserimento degli alunni stranieri. È stato quindi possibile classificare gli istituti secondo il grado di articolazione dell’intervento scolastico: elevato, intermedio o contenuto[1].

Gli alunni che hanno partecipato all’indagine hanno una composizione di genere equilibrata (Tab. 1) con una leggera prevalenza maschile sia tra gli italiani (51,3%) che tra gli stranieri (51,7%), in linea con quanto atteso (difatti le donne sono in media il 48,5-48,8% dei nati). Quasi metà degli alunni non italiani sono originari di un paese europeo (47%), oltre un quarto del continente asiatico (25,6%) e il rimanente 27% dell’Africa o dell’America Latina (Fig. 1a). Il 45,7% del campione di alunni stranieri è nato in Italia o vi è arrivato in età prescolare (prima dei 6 anni), il 29,7% è giunto tra i 6 e i 10 anni e il restante 24,6% si è trasferito nel nostro paese a un’età di almeno 11 anni (Fig. 1b). Solo il 50% di questi ragazzi è in regola (o in anticipo) nel percorso scolastico, visto che quasi il 30% è indietro di un anno e il rimanente 20% ha già accumulato due o più anni di ritardo (Fig. 1c).

Figura 1

Tale situazione, in linea con quanto registrato nell’universo di riferimento attraverso la rilevazione annuale del MIUR (cfr. cap. 3), è ovviamente un elemento di forte criticità nell’inserimento scolastico degli alunni stranieri. Nel campione di controllo degli italiani i casi di ritardo scolastico sono notevolmente meno frequenti e complessivamente superano di poco il 10% degli alunni intervistati. Poiché le scuole con iscritti stranieri sono anche quelle che maggiormente si sono attivate per favorire la loro piena inclusione scolastica ne discende che quasi tre alunni non italiani su quattro frequentano istituti che hanno adottato un numero elevato o quantomeno intermedio di distinte misure di intervento. Non si osserva però un’associazione positiva tra attivismo delle scuole e regolarità del percorso scolastico degli alunni stranieri, anzi proprio nelle scuole più attive si registra la quota più elevata di ragazzi stranieri con due o più anni di ritardo negli studi.

Come già evidenziato in questo volume da Conti e Quattrociocchi (cap. 4), tante sono state le tematiche prese in considerazione nell’indagine. Tuttavia, in questo contributo si concentra l’attenzione su due soli aspetti: il primo riguarda le opinioni e gli atteggiamenti nei confronti della scuola e dello studio, il secondo è relativo alla (auto)valutazione dell’andamento scolastico.

 

Opinioni e atteggiamenti degli alunni sulla vita a scuola

Il benessere a scuola degli alunni è senza dubbio uno degli elementi che influenza il percorso scolastico e il suo successo. Alcuni indicatori di tale condizione possono mergere dalle opinioni e dagli atteggiamenti dei ragazzi nei confronti della vita a scuola, la cui misurazione nell’ambito dell’indagine è stata realizzata considerando cinque aree di interesse: i rapporti con i compagni di scuola, l’interesse verso lo studio, l’opinione che gli stessi alunni hanno degli insegnanti, la percezione che gli stessi alunni hanno dell’interesse della propria famiglia verso lo studio, l’importanza che essi stessi attribuiscono allo studio.
Nello specifico per ognuna delle cinque aree di interesse, sono stati formulati cinque items e per ognuno di questi l’alunno/a ha dovuto esprimere un grado di accordo/disaccordo. A titolo esemplificativo nella tabella 2 sono riportati gli items utilizzati per misurare l’opinione degli alunni sugli insegnanti.
Ad ogni risposta è stato attribuito il punteggio -2 a «per niente d’accordo» -1 a «poco d’accordo», 0 a «né d’accordo, né disaccordo», +1 ad «abbastanza d’accordo» e +2 a «molto d’accordo». Naturalmente per le affermazioni formulate in termini negativi l’assegnazione dei punteggi è stata rovesciata. Per ogni area di interesse è stato poi calcolato l’indice sintetico, come media delle somme delle risposte date da tutti gli alunni, il cui valore ha un campo di variazione tra -10 (massimo valore negativo) e +10 (massimo valore positivo).

Tabella 2

Relativamente al giudizio sui compagni di scuola (Fig. 2), gli alunni italiani intervistati mostrano un’opinione migliore se confrontata con quella dei compagni stranieri: l’indice sintetico è, infatti, superiore per i primi di 1,1 punti. Il giudizio è stato desunto dagli items: «nella mia classe mi trovo bene», «a scuola ho amici/che», «(non) vado d’accordo con i miei compagni», «i miei compagni in genere parlano volentieri con me», «quando a scuola non capisco i miei compagni mi aiutano».

Figura2
Gli alunni di origine europea (e “altro”) presentano un indice di benessere maggiore (di 1,6 punti) rispetto a coloro che hanno la cittadinanza di un paese asiatico (per lo più Cina, Sri Lanka, Filippine). I ragazzi che sono arrivati in Italia in un’età compresa tra i 6 e i 10 anni si sono inseriti meglio rispetto a coloro che hanno vissuto l’esperienza migratoria dopo i dieci anni, ma anche rispetto a chi è arrivato piccolissimo o è nato in Italia.
Nelle scuole dove vi è un grado di attivismo medio i ragazzi esprimono mediamente giudizi migliori nei confronti dei compagni di classe. Coloro che sono in ritardo scolastico presentano un indice più elevato di chi è in regola. In questo caso evidentemente pesa l’aiuto – più alto – che riceve chi è in ritardo scolastico dai compagni in caso di bisogno.

Per quel che attiene l’interesse verso lo studio, minore è la differenza tra i giudizi espressi dagli alunni italiani e da quelli stranieri. Mentre è rilevante la distanza di giudizio, espresso dall’indice sintetico, tra gli alunni europei e quelli asiatici: 3,8 per i primi e 2,3 per i secondi. I ragazzi che sono arrivati in Italia dopo i 10 anni, quindi con una scolarizzazione già avviata in patria, sembrano essere meno interessati allo studio rispetto a quelli arrivati tra i 6 e i 10 anni. L’indice calcolato mostra nettamente come l’interesse aumenta quando le scuole intervengono nel promuovere l’inserimento degli alunni stranieri neo arrivati. Chi è in ritardo scolastico appare meno interessato allo studio, ma è possibile ipotizzare che ad influenzare questo indice sia anche il fatto che chi è stato inserito in una classe non in linea con la propria età – pratica ancora frequente in molte scuole di Napoli e dell’intero Paese per gli alunni che arrivano già in età scolare – sia poco stimolato e perda motivazione nei confronti dello studio.

Figura3

Allo scarso interesse verso lo studio (che caratterizza come si è detto un po’ tutti) corrisponde però un giudizio decisamente più elevato relativamente all’importanza attribuita allo studio per il proprio futuro (Fig. 4). E questo è vero ancor più per gli stranieri che hanno mostrato un interesse verso lo studio più basso, ma un giudizio sull’importanza dello studio più alto (anche di chi è in ritardo). Significativa è la differenza di giudizio tra coloro che frequentano una scuola con un attivismo elevato (7,3) e quelli inseriti in contesti dove l’intervento dell’istituzione scolastica è più contenuto (6,0).

Figura4
Il giudizio nei confronti degli insegnanti (Fig. 5) appare, seppur con uno scarto contenuto, migliore tra alunni stranieri rispetto a quello che mostrano i compagni italiani, ed è questo l’unico caso – tra gli indicatori utilizzati – in cui gli alunni stranieri mostrano maggior “benessere” rispetto ai ragazzi italiani. Guardando le aree di origine, sono i ragazzi latinoamericani e africani sommati insieme (“altro”) a dare un giudizio più alto (6,9) – che esprime più benessere – seguiti dagli europei (6,4), e con una differenza di punteggio elevata rispetto agli asiatici (4,4). Il giudizio migliora quando la scuola interviene per favorire la loro inclusione scolastica ed è decisamente più elevato tra coloro che sono in regola con il percorso scolastico.

Figura5

L’atteggiamento della famiglia verso la scuola (Fig. 6) è sostanzialmente visto nello stesso modo dagli alunni italiani e stranieri, ma come per l’indicatore precedente, tra questi ultimi sono i latinoamericani, seguiti dagli europei ad avere un giudizio più alto e con uno scarto di almeno 2 punti rispetto ai ragazzi di cittadinanza di un paese asiatico. Coloro che sono arrivati in Italia prima dei dieci anni di età, soprattutto quelli della fascia 6-10 anni, dichiarano di avere le famiglie più interessate allo studio per i propri figli.

Figura6

 

Autovalutazione dell’andamento scolastico

In generale, si registra un forte interesse per la scuola da parte dei ragazzi stranieri e delle loro famiglie, senza grandi differenze tra alunni italiani e non italiani, anzi con un’importanza assegnata alla formazione maggiore tra i secondi. A questo atteggiamento positivo corrisponde un rendimento scolastico migliore rispetto ai compagni di banco italiani o quantomeno equivalente? Alcune delle informazioni raccolte nell’indagine consentono di delineare un quadro che è a metà strada tra l’oggettivo e il soggettivo, fatto di elementi incontrovertibili che non sempre riflettono però l’andamento scolastico e altri frutto di autovalutazioni da parte dei ragazzi.
L’elemento incontrovertibile è senza dubbio il forte ritardo scolastico che caratterizza i ragazzi stranieri che quindi si trovano spesso in classi in cui i compagni di banco sono più piccoli di uno o due anni. Come già accennato in precedenza (cfr. par. 2), sono indietro nel percorso formativo quasi la metà degli alunni non italiani contro appena uno su dieci degli italiani iscritti nelle scuole secondarie di I grado del comune di Napoli (Fig. 7). Si tratta di una questione che risulta rilevante in tutto il territorio nazionale, ma non può essere questa una ragione per non affrontare il problema. I dati dell’indagine segnalano come il ritardo sia maggiore tra le ragazze (54%) piuttosto che tra i ragazzi (45%), tra gli asiatici (60%) più che tra gli europei (45%), con in posizione intermedia il gruppo residuale degli africani e latinoamericani che hanno però la quota maggiore di alunni indietro di almeno due anni (quasi il 30%).

Fugura7

Evidente però appare l’associazione tra ritardo scolastico e generazione migratoria degli alunni stranieri: quelli nati in Italia o arrivati in età prescolare risultano indietro negli studi nel 30% dei casi e raramente per più di un anno, quelli giunti tra i 6 e i 10 anni sono in ritardo nel 47% dei casi, mentre i ragazzi trasferitisi in Italia ad 11 anni o più frequentano un anno di corso che è quasi sempre inferiore, spesso di due o più anni, rispetto a quello corrispondente alla loro età anagrafica (Fig. 7). Anche tra i ragazzi di seconda generazione il ritardo scolastico risulta più frequente di quanto non lo sia tra i compagni di classe italiani, ma è senza dubbio tra quelli arrivati in età scolare che la questione appare davvero generalizzata. Tra questi ragazzi la questione non è tanto l’eventuale insuccesso scolastico, quindi le bocciature e le conseguenti ripetenze o l’abbandono temporaneo degli studi, quanto piuttosto il frequente e ingiustificato primo inserimento nelle scuole italiane in anni di corso inferiori rispetto a quelli corrispondenti all’età anagrafica dell’alunno. D’altronde solo il 15% degli alunni stranieri ha dichiarato di aver ripetuto almeno un anno scolastico in Italia, percentuale solo di poco superiore a quella (quasi il 12%) relativa ai compagni di classe italiani (Fig. 8). Restringendo l’analisi ai ragazzi stranieri che risultano in ritardo negli studi si ottiene una ulteriore conferma di come solo in minima parte tale situazione sia connessa al successo scolastico: quasi il 75% dichiara infatti di non aver mai ripetuto un anno di corso, il 19% di aver ripetuto una volta e solo il 6% di essere stato ripetente più volte (Fig. 9).

Figura8

Figura9

Volendo affrontare il tema dell’insuccesso scolastico sembra allora più opportuno affidarsi alle dichiarazioni degli studenti relative al fatto di aver ripetuto o meno qualche anno scolastico. Come sottolineato pocanzi (Fig.8) la quota di ripetenti è solo di pochissimo più elevata tra gli alunni stranieri (poco più di 3 punti percentuali in più), con percentuali più elevate tra i ragazzi (17%) rispetto alle ragazze (12,5%), nonché tra gli africani e i latinoamericani (quasi 20%) rispetto agli europei (meno del 14%) e agli asiatici (11,5%).
Non si osservano differenze significative per generazione migratoria, mentre l’articolazione dell’intervento messo in campo dall’istituto frequentato sembrerebbe giocare un ruolo positivo. È difficile dire quanto sia vero visto che il differenziale è contenuto (circa 5 punti percentuali) ed inoltre il più basso insuccesso scolastico passato degli alunni stranieri che frequentano le scuole più attive a favore degli immigrati dipende da tutto il percorso formativo dei ragazzi e quindi anche dall’esperienza nella fase prescolare e nella scuola primaria. Certamente questo dato a prima vista potrebbe essere in contraddizione con il fatto che proprio nelle scuole più attive risulta maggiore la proporzione di alunni stranieri in ritardo scolastico, in particolare di quelli che risultano indietro di almeno due anni nel loro percorso formativo (Fig. 7). Al riguardo va però notato non solo che il ritardo negli studi è prevalentemente determinato al momento del primo inserimento ma anche che proprio nelle scuole che hanno adottato un più ampio ventaglio di interventi a favore degli immigrati si registra una composizione degli iscritti stranieri maggiormente sbilanciata verso quei ragazzi arrivati in Italia ad almeno 11 anni che sono anche quelli che con una probabilità elevatissima vengono collocati indietro rispetto all’anno di corso corrispondente alla loro età anagrafica. In sintesi, sembra che le scuole più attive nel promuovere l’integrazione dei nuovi venuti possano aver ottenuto come risultato forse un leggero contenimento delle bocciature, ma certamente rimane aperta la questione cruciale di un primo inserimento a scuola che sia coerente con l’età del nuovo alunno, anche se l’accesso si realizza in corso d’anno e con il ben noto svantaggio di conoscere poco o per niente la lingua italiana.
Sull’andamento scolastico è stato anche chiesto ai ragazzi di auto-valutarsi, in tal modo avendo un’indicazione di quella che è la loro percezione su come vanno a scuola. Sensibile è la differenza tra italiani e stranieri nella proporzione di quelli che si considerano tra i migliori della classe: esatti 10 punti percentuali visto che si collocano in tale categoria il 21,6% dei primi e solo l’11,7% dei secondi (Fig. 10). Ma se consideriamo insieme quelli che si ritengono tra i più bravi e quelli che dichiarano di andare abbastanza bene allora le differenze praticamente si annullano (oltre 67% tra gli italiani e quasi 66% tra gli stranieri). Tra gli stranieri le ragazze più spesso dei ragazzi ritengono di essere brave (75% contro 58%) e gli asiatici sono quelli che meno di frequente rispetto agli immigrati dagli altri continenti pensano di andare bene a scuola. La quota più bassa (6%) di alunni che si reputano tra i migliori della classe si registra ovviamente tra quelli che sono in ritardo scolastico.

Figura10

Vanno segnalati inoltre due andamenti attesi e tutto sommato significativi. Man mano che si passa dai nati in Italia fino ai ragazzi arrivati ad almeno 11 anni progressivamente diminuisce la percentuale di quelli che ritengono di essere tra i più bravi della classe ed anche la percentuale complessiva di quelli che ritengono di andare quantomeno abbastanza bene. All’aumentare del ventaglio di interventi posti in essere dalle scuole aumenta e di molto la proporzione proprio di quei ragazzi che pensano di cavarsela abbastanza bene, segnale di come le azioni e i protocolli adottati possano aver giocato positivamente sullo stare bene a scuola e sulla percezione delle proprie capacità proprio nei contesti oggettivamente più difficili che sono quelli in cui maggiore è la quota di ragazzi arrivati in età scolare più avanzata che richiedono tempi maggiori di adattamento e inserimento nella nuova realtà.
I dati sui voti ottenuti al primo quadrimestre in italiano e matematica confermano alcune delle considerazioni finora fatte e permettono di proporre qualche ulteriore riflessione. Prima di tutto va sottolineato come il vantaggio dei ragazzi italiani in letteratura e lingua italiana praticamente scompare in matematica (Fig. 11): difatti se in italiano il 20% degli stranieri risulta insufficiente, contro il 10% dei compagni di classe italiani, in matematica è tra questi ultimi che si registra la quote più elevate di insufficienze (24% contro il 18% tra gli stranieri).

Figura11
Il voto medio in Italiano (Fig. 12) degli alunni napoletani è di 6,52 decimi, di circa 0,3 decimi maggiore di quello dei compagni di classe stranieri (6,22). In matematica non ci sono invece differenze significative tra i due gruppi di studenti (6,36 per gli italiani e 6,32 per gli stranieri) anche se tra gli italiani c’è una maggiore variabilità, già segnalata dalla quota maggiore di insufficienze e una proporzione più contenuta di ragazzi che hanno dichiarato di aver preso proprio la sufficienza.
Interessanti sono le differenze all’interno del gruppo degli alunni stranieri. Gli asiatici hanno il voto medio più basso in italiano (6,09) e allo stesso tempo quello più elevato in matematica (6,63), con una votazione media significativamente maggiore anche di quella dei compagni di classe italiani (Fig. 12). Sul voto in italiano sembra giocare un ruolo importante la generazione migratoria e il ventaglio di iniziative poste in essere dall’istituto frequentato dall’alunno, associazioni queste che sembrano ragionevoli ma che naturalmente meriterebbero di essere verificate a parità di una serie di altre caratteristiche. Infine, appare confermato come la conoscenza della lingua italiana rimanga il limite maggiore per i ragazzi stranieri che risultano in ritardo scolastico, mentre la votazione in matematica è in linea con quella degli altri stranieri e degli stessi ragazzi italiani, significativamente inferiore risulta la votazione in italiano.

Figura12

 

Conoscenza come segnale di appartenenza?

A chiusura del questionario, un po’ per scherzo ma anche per capire quanto i ragazzi fossero addentro alla realtà nazionale e locale, si è chiesto loro di indicare chi era in quel momento il Presidente della Repubblica italiana, il sindaco di Napoli, l’allenatore della nazionale italiana di calcio e del Napoli calcio. In sostanza, si intendeva valutare se sono più note le personalità istituzionali e sportive nazionali o locali e se ci fossero differenze di rilievo tra i ragazzi italiani e stranieri.
Per non far torto a nessuno va preliminarmente sottolineato come sia il Presidente degli Stati Uniti d’America la persona più conosciuta dai ragazzi intervistati. L’87% degli alunni italiani e il 78% dei compagni di classe stranieri hanno indicato correttamente Barack Obama come presidente del paese nordamericano. Giorgio Napolitano, nonostante il doppio mandato e il suo forte legame con la metropoli partenopea, è stato indicato come presidente della Repubblica italiana da appena il 67% dei ragazzi italiani e dal 62% di quelli non italiani (Fig. 13a). Il sindaco di Napoli risultava quindi più conosciuto dell’allora Presidente della Repubblica visto che Luigi De Magistris è stato indicato correttamente dall’84% degli alunni italiani. Tra quelli stranieri la quota delle indicazioni corrette si è attestata poco sopra il 60% in linea con la percentuale registrata per la massima carica dello Stato.

Figura13
Anche a livello sportivo i ragazzi napoletani conoscono più spesso gli eroi locali piuttosto che quelli nazionali. Cerare Prandelli, allenatore della nazionali italiana di calcio per circa quattro anni cioè da luglio 2010 a giugno 2014, è conosciuto da meno del 60% dei ragazzi italiani intervistati, nonostante che proprio nel periodo della rilevazione (aprile-maggio 2014) ci fosse grande attenzione per la nazionale che era in procinto di affrontare quella che poi sarebbe stata la deludente esperienza del Mondiale brasiliano. Chiaramente più noto (74% di indicazioni corrette) è l’allenatore spagnolo del Napoli, Rafael Benitez, che in quell’anno avrebbe portato la sua squadra al terzo posto in campionato e alla conquista della Coppa Italia. Anche tra gli alunni stranieri Benitez risulta più noto di Prandelli (44% contro 39%).
Tra gli stranieri va segnalato come siano maggiormente informati quelli di origine europea per le cariche politiche e quelli appartenenti all’Africa e all’America Latina per le cariche sportive, mentre risultano poco informati i giovanissimi provenienti dal continente asiatico, in linea con la maggiore chiusura di alcuni gruppi nazionali come quello cinese. Soprattutto con riferimento alla conoscenza delle figure istituzionali e sportive locali sembra giocare un ruolo non secondario la generazione migratoria, probabilmente perché i ragazzi stranieri nati nel contesto napoletano hanno avuto più tempo e forse sono maggiormente coinvolti nelle vicende proprie della città. Segnali ulteriori di un’appartenenza che per il momento solo il legislatore non ha intenzione di riconoscere pienamente attraverso una auspicata modifica in senso liberale della legge sulla cittadinanza.

Note

[1] Nella lettura dei dati va comunque tenuto conto che spesso le scuole che si sono attivate maggiormente sono quelle che hanno numeri relativamente più elevati di alunni stranieri.

Bibliografia

Besozzi E., Colombo M., Santagati M. (a cura di), Misurare l’integrazione nelle classi multietniche. Rapporto 2012, Fondazione Ismu, Milano, 2013.

Conti C., de Filippo E., Strozza S., Chances di vita e chances formative per i ragazzi immigrati e le seconde generazioni a Napoli, relazione al Convegno Paper for the Espanet Conferenze “Sfide alla cittadinanza e trasformazione dei corsi di vita: precarietà, invecchiamento e migrazioni” Università degli Studi di Torino 18 – 20 settembre 2014.

Dalla Zuanna, G., Farina, P., Strozza, S., Nuovi italiani. I giovani immigrati cambieranno il nostro paese?, Bologna: il Mulino, 2009.

de Filippo E., Strozza S., Serpieri R., Grimaldi E. (a cura di), Una scuola che include. Formazione, mediazione e networking. L’esperienza delle scuole napoletane, FrancoAngeli, Milano, 2014.

Di Bartolomeo A., Performances scolastiche e figli degli immigrati nel panorama internazionale, in Strozza S., Serpieri R., de Filippo E., Grimaldi E. (a cura di), Una scuola che include. Formazione, mediazione e networking L’esperienza delle scuole napoletane, FrancoAngeli, Milano, 2014.

Favaro G., A scuola nessuno è straniero, Giunti universale scuola, Firenze, 2011

Ongini V., Noi domani. Il viaggio nella scuola multiculturale, Editori Laterza, Bari, 2011.

Ongini V., Le azioni del ministero dell’istruzione per l’integrazione degli alunni stranieri, in Strozza S., Serpieri R., de Filippo E., Grimaldi E. (a cura di), Una scuola che include. Formazione, mediazione e networking L’esperienza delle scuole napoletane, FrancoAngeli, Milano, 2014.

Rumbaut R., “Ages, Life Stages and Generational Cohorts: Decomposing the Immigrant First and Second Generation Cohorts in the United States”, International Migration Review, 38, 2004.

Strozza, S., Mussino, E., 2012, The Delayed School Progress of the Children of Immigrants in Lower-Secondary Education in Italy, Journal of Ethnic and Migration Studies, 38 (1), 41-57.