BARACK OBAMA A HIROSHIMA: LE PAROLE NON BASTANO

Il 27 Maggio scorso Barack Obama, primo Presidente degli Stati Uniti in carica, è andato a Hiroshima per rendere omaggio alle vittime dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 Agosto 1945. E questo è un fatto d’importanza e significato inconfutabili.

Personalmente, sono tra quanti motivatamente pensano che i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki siano stati non l’ultimo atto della II Guerra Mondiale, ma il primo atto della Guerra Fredda, ma penso anche che non ci si potesse/dovesse aspettare che il Presidente degli Stati Uniti “chiedesse scusa” per il fatto che gli Stati Uniti avevano distrutto le due città e ucciso decine di miglia di esseri umani (non è questa la sede per motivare questo convincimento).

Aver però riconosciuto di fronte al mondo, e davanti a migliaia di giapponesi, l’orrore di quei bombardamenti, avere avuto sinceri gesti di compassione e comprensione per i pochi hibakusha ancora viventi, aver reiterato l’urgenza di “eliminare l’esistenza delle armi nucleari”, di “svuotare gli arsenali” – come fattivamente auspica Città della Scienza -, è senza dubbio un fatto di portata storica. Credo sia opportuno ricordare che solo nel 1952 cominciarono a essere resi noti gli effetti dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e le conseguenze a lungo termine della radioattività sulla salute delle decine di miglia di sopravvissuti ai bombardamenti.

Purtroppo niente di più che parole, per alcuni osservatori rese addirittura “vuote” se si tiene conto che durante la sua presidenza, Barack Obama non solo ha rallentato il processo di “svuotamento” dell’arsenale nucleare americano (solo 109 armi disinstallate nel 2015, http://fas.org/blogs/security/2016/05/hiroshima-stockpile/), ma ha anche approvato destabilizzanti piani di ammodernamento di diversi sistemi d’arma (a cominciare dalle bombe B61 installate in Europa, Italia compresa).

Alla “bella” retorica nessuna iniziativa concreta ha fatto seguito, nessun passo fattuale. E di cose da fare ce ne erano e ce ne sono: abbandonare il progetto di costruire un nuovo missile Cruise lanciato dall’aria (LRSO), eliminare immediatamente tutte le bombe a gravità che dovrebbero essere rimosse nel 2020, non aspettare il 2030 ma ridurre immediatamente il numero di missili balistici lanciati da sottomarino (SLBM), tanto per fare alcuni esempi.

Soprattutto molti osservatori speravano che almeno sullo stato di allerta delle armi nucleari americane Barack Obama intervenisse. Come Comandante-in-Capo aveva tutto il potere di decidere di deallertare (end hair-trigger alert) le armi nucleari (http://www.ucsusa.org/nuclear-weapons/hair-trigger-alert#.V0wNFb6kKJ8). Evitare che nel giro di pochi minuti possano essere lanciati i missili intercontinentali basati a terra e fatti decollare i bombardieri strategici (retaggio della guerra fredda e della teoria della Mutua Assicurata Distruzione MAD) contribuirebbe a ridurre il rischio di una guerra nucleare per errore e potrebbe essere la premessa per una più vasta adozione di una tale strategia, in primis dalla Russia, con conseguente maggiore sicurezza per gli stessi Stati Uniti. Ricordiamo qui che gli Sati Uniti e la Federazione Russa hanno ad oggi schierate rispettivamente 1930 e 1790 testate nucleari (http://fas.org/wp-content/uploads/2014/05/inventories2016-1.jpg).

Purtroppo niente di tutto questo. E non mi sembra sia il caso di minimizzare i timori che nel prossimo futuro la situazione possa ancora peggiorare. Per questo è importante e urgente l’impegno a sostenere il programma di Città della Scienza “svuotare gli arsenali, preparare la pace”.

 

Nota: Le idee e le opinioni riportate in questo articolo sono personali dell’autore e non rappresentano le posizioni delle Istituzioni alle quali appartiene.