Problemi e possibilità per studiare la salute della popolazione delle isole

L’intervento di Fabrizio Bianchi al Convegno “Natura e cultura delle piccole isole” dell’edizione 2016 della Scuola Scienza & Società.

 

Premessa

Conoscere lo stato di salute della popolazione che abita in un’isola non è facile perché lo studio di comunità di piccole dimensioni comporta diverse difficoltà intrinseche. Ma a fronte del famoso proverbio “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, che sembra segnare tutte le difficoltà di essere circondati dal mare, non bisogna demoralizzarsi, perché i dati e gli strumenti di indagine a analisi oggi disponibili permettono di raggiungere o avvicinarsi molto all’obiettivo della conoscenza dello stato di salute.
Iniziamo dal condividere le circostanze e le situazioni specifiche di cui occorrerà necessariamente tenere conto per  conoscere lo stato di salute nelle piccole isole, ed in particolare per realizzare studi in grado di “svelare” possibili legami della salute con rischi ambientali presenti sul territorio insulare.

Gli elementi che caratterizzano un’isola di piccole/medie dimensioni, e che hanno una influenza più o meno diretta sulla salute delle persone e delle comunità, sono facilmente intuibili:(a) la dimensione ridotta della popolazione residente e il confronto con riferimenti esterni, (b) gli spostamenti che parte della popolazione compie, esempio i malati, gli studenti e i lavoratori fuori sede; (c) gli effetti dei flussi turistici periodici, (d) le differenze genetiche, sociali, economiche e culturali rispetto ai territori costieri e più in generale alle aree continentali.

Tra i problemi elencati uno dei più ostici da affrontare è senz’altro quello della dimensione numerica della popolazione residente. Infatti, per studiare fenomeni empirici in piccole comunità occorre fare i conti con ciò che è osservabile in quella comunità che non possiamo modificare a nostro piacimento. Anche chi non ha dimestichezza con la statistica capisce senza difficoltà che quando il campione su cui si devono fare osservazioni è piccolo le misure che andremo a fare soffriranno di una incertezza nella stima. Come accade nei sondaggi elettorali, che più sono basati su campioni piccoli più hanno una “forchetta” ampia di errore, si registra insoddisfazione per non avere stime esatte. Come succede tra due candidati, se per la frequenza di una malattia abbiamo una stima tra il 25% e il 32% e di una seconda malattia tra il 28% e il 35%, anche se la seconda è palesemente più alta non si può affermarlo con certezza perché la sua stima inferiore (28%) è inferiore alla stima più alta della prima malattia (32%). Allo stesso modo, nell’esempio elettorale il secondo candidato non sarà sicuro di avere vinto fino a dopo lo spoglio di tutti i voti. Nel caso di campioni di individui che possiamo decidere noi, se vogliono stime più precise basterà ampliare il campione da intervistare, anche se questo costa e quindi occorre trovare un equilibrio tra costo e risultato, mentre nei campioni “fissi” ciò non è possibile.

Ebbene, in una isola, come del resto in qualsiasi area geografica circoscritta, la popolazione è definita e non possiamo accrescerne il numero, ma ciò non significa che non abbiamo altre possibilità per “aggirare” o almeno attenuare i cosi detti problemi di potenza statistica.
Disponiamo di metodi statistici adatti per i piccoli numeri e poi possiamo scegliere strategie per incrementare il campione da osservare. Ad esempio se potremo osservare una comunità di 10.000 persone lungo l’arco di 10 anni, sarà come avere a disposizione 100.000 unità di osservazione. Inoltre, non è affatto da banalizzare il problema del confronto con dati esterni all’isola, che dovranno essere il più possibile simili per evitare di introdurre distorsioni nel confronto (esempio composizione diversa per età, stato socio economico diverso, attitudine diversa del ricorso ai servizi e prestazioni sanitarie, etc).

Più facile è risolvere il problema degli spostamenti che parte della popolazione compie, esempio i malati, gli studenti e i lavoratori fuori sede (b), perché o questi flussi sono conosciuti (esempio dalle aziende sanitarie locali relativamente ai ricoveri ospedalieri o dai comuni relativamente ai fuori sede) oppure si potranno misurare attraverso indagini mirate, ad esempio sondaggi attraverso semplici questionari a pendolari o alle famiglie.
Anche gli effetti dei flussi turistici periodici (c) sono conosciuti o potranno essere misurati allo stesso modo, mediante indagini nei servizi socio-sanitari presenti sull’isola.

Quanto alle differenze genetiche, sociali, economiche e culturali rispetto ai territori costieri e più in generale alle aree continentali (d), si tratta di caratteristiche molto diverse, per alcune delle quali molti dati sono esistenti o reperibili (stato socio-economico, scolarizzazione), mentre per descrivere (mappare) le caratteristiche genetiche saranno necessari studi specifici, almeno che non siano stati eseguiti in precedenza visto l’interesse di studiare popolazioni “chiuse”. Su questo argomento sarebbe necessaria una trattazione ampia e approfondita, che travalica lo scopo del presente manoscritto, per almeno tre ordini di motivi: molte popolazioni insulari non sono più da considerare “chiuse” in ragione dei cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni, le caratteristiche genetiche da studiare sono praticamente tendenti a infinito e c’è bisogno di evidenze scientifiche e ipotesi solide per concentrare osservazioni su tratti genetici di interesse, lo studio delle caratteristiche genetiche a livello individuale pone problemi rilevanti sul piano etico sia per la restituzione delle informazioni alle persone che per l’uso dei dati ottenuti.

 

A questo punto possiamo procedere analizzando le seguenti quattro domande:

  1. lo stato di salute degli ischitani è migliore, uguale, peggiore di quello di popolazioni di altre isole o di aree del continente ?
  2. esistono particolari problemi di salute, concentrati o diffusi nella popolazione ischitana?
  3. Sono conosciute caratteristiche ambientali per le quali è dimensionato il rischio di provocare effetti sulla salute ?
  4. esistono anomalie di salute legate alle pressioni ambientali ?

Ebbene, mi sento di sostenere che in larga misura oggi non siamo in condizione di rispondere o di rispondere in modo soddisfacente alle quattro domande formulate.
Infatti, per rispondere alla prima domanda occorrerebbe disporre di uno studio su cause di morte e malattia per età, sesso, stato socio-economico, della popolazione residente nei sei comuni di Ischia, confrontati con riferimenti esterni all’isola in modo appropriato (si veda la premessa metodologica).
Per rispondere alla seconda domanda occorre conoscere la distribuzione di malattie e sintomi sull’isola, con ripartizione almeno nei singoli comuni e meglio per aree sub-comunali.
Infatti, le statistica solitamente disponibili sul complesso dei sei comuni, informando sui valori medi di tutta la popolazione, non permettono di valutare se esistono sub-aree con maggiore presenza di malattie.
Non essendo disponibili per l’isola d’Ischia studi sullo stato di salute generale della popolazione che abbiano considerato le caratteristiche poco sopra enunciate, ciò che è possibile, e spero anche utile, fare è esaminare brevemente ciò che è stato fatto a Ischia e in altre isole paragonabili, per cercare di identificare problemi e soluzioni per sistematizzare quanto già conosciuto e identificare linee di azione future.
La terza domanda chiama in causa la conoscenza non solo delle caratteristiche ambientali ma soprattutto quella sui rischi ambientali per la salute umana.
La quarta domanda è ancora più esigente perché richiede la conoscenza dei legami tra rischi ambientali e malattie correlate, per produrre le quali occorrono studi appropriati con disegno più evoluto. Senza entrare nel merito dei tipi diversi di studio che possono essere utilizzati, in generale è importante sapere che questi studi hanno bisogno di informazioni a livello di persone singole sul loro profilo di esposizione ambientale e occupazionale a sostanze o agenti pericolosi e il loro profilo di malattia.

Sebbene esistano conoscenze non trascurabili sia sullo stato dell’ambiente di Ischia che della salute degli ischitani, esse non sono sufficienti a rispondere alle quattro domande. Questo non per negligenza degli operatori dell’Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL), ma per la semplice ragione che le attività svolte sono per lo più progettate per rispondere a esigenze di controllo e di gestione previste da normative e regolamenti nazionali e regionali, e quasi sempre mantenendo separate le componenti ambientali e sanitarie.

Sul versante ambientale le attività di misura e monitoraggio sono state concentrate sulla radioattività legata alla presenza di gas radon, documentata storicamente a Ischia, così come in tutte le aree di origine vulcanica.
Senza entrare in profondità su questo argomento, va detto tuttavia che le concentrazioni di Radon a Ischia hanno mostrato valori intorno a 110Bq/m3, da confrontare col valore medio nazionale intorno a 70 Bq/m3, molto variabile tra regioni e aree sub-regionali (da 20 a 125 Bq/m3). Il Radon è in generale pericoloso per l’uomo perché è un cancerogeno definito certo dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), in particolare per il tumore del polmone, mentre il rischio per la salute pubblica deve essere definito sulla base dell’esposizione effettiva delle persone e tenendo conto del fatto che il tumore del polmone ha diverse altre cause sia ambientali (inquinamento dell’aria, arsenico) sia individuali (fumo di sigaretta, alcol). L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che il 10% dei casi di tumori del polmone siano attribuibili ad esposizione a Radon, e il 15% a Ischia (fonte: Ministro della Salute del 24 febbraio 2015, in risposta a interrogazione parlamentare dell’On. Micillo n. 401257 del 1 agosto 2013). Con queste stime e considerando la popolazione ischitana potenzialmente a rischio i nuovi casi attribuibili ad esposizione a radon risultano uno o due per anno, un numero che se pure ridotto non deve essere trascurato ma che d’altra parte è auto esplicativo della difficoltà di effettuare studi osservazionali, a causa della scarsa potenza statistica, già menzionata nell’introduzione.

Sta di fatto che nessuno studio epidemiologico specifico su radon e salute è stato mai condotto, probabilmente senza esplorare fino in fondo le effettive possibilità di realizzazione.
Sul comparto sanitario sono state effettuate diverse attività, in particolare nell’ambito di un certo interesse che nel passato decennio c’è stato sulla salute nelle piccole isole. Tra il 2005 e il 2008 erano stati finanziati tre progetti di ricerca sanitaria finalizzata e uno del CCM-Centro di Controllo delle Malattie del Ministero della Salute, non seguiti da altri progetti negli anni successivi, ne da azioni di valutazione e monitoraggio dei progetti precedentemente finanziati.

La maggior parte dei progetti erano mirati a sostenere il processo di riallocazione delle risorse per rispondere efficacemente ai bisogni di salute della popolazione residente nelle isole minori, a ridurre l’isolamento dei medici di medicina generale operanti sulle isole minori rispetto alle strutture di II e III livello presenti sulla terraferma attraverso l’utilizzo della telemedicina, e a formare il personale sanitario operante sulle isole minori per migliorare la gestione dei pazienti in assistenza domiciliare.
Cosa i vari progetti abbiano sedimentato a Ischia e quanto abbiano inciso nel sistema sanitario dell’isola potrebbe essere conosciuto solo effettuando una valutazione specifica.

 

Spunti per Ischia da uno studio effettuato all’isola d’Elba

Un recente studio condotto all’Isola d’Elba, più grande di Ischia ma con meno abitanti (224 km², e 32.000 abitanti contro 6,3 km² e circa 64.000 abitanti), offre la possibilità di presentare e discutere le motivazioni che hanno portato a fare l’indagine, le difficoltà incontrate, le scelte operate per superarle e i risultati raggiunti.

Lo studio all’Elba è nato dall’interessamento di un comitato spontaneo di cittadini, coordinato dal professor Massimo Puccini, un noto insegnante di fisica al liceo scientifico di Portoferraio, sfortunatamente scomparso di recente, al quale va plauso e riconoscenza.
Lo studio aveva tratto spunto dai molti dubbi che sommessamente circolano tra gli elbani ogni volta che si registra un tragico decesso per una malattia tumorale, in particolare per leucemie e linfomi a carico di persone giovani. Secondo parte della pubblica opinione, l’Elba sarebbe abnormemente afflitta da malattie prodotte, così pensano i più, da inquinamento di varia natura quali: gli scarichi dei numerosi aerei che quotidianamente passano sulle nostre teste guidati dal radiofaro di Monte Calamita, del quale si teme pure il forte magnetismo naturale, il gas di radon prodotto dal molto granito sul quale poggia l’isola, in particolare la parte occidentale, l’inquinamento da arsenico trivalente dell’acqua che ci viene distribuita, i fumi dell’acciaieria preesistente all’Elba e quelli attuali presenti a Piombino, ed infine i campi elettromagnetici delle telecomunicazioni e delle reti di distribuzione dell’energia elettrica. Sebbene molti di questi fattori di rischio siano difficilmente correlabili agli effetti sanitari menzionati, un gruppo di ricercatori, tra i quali il sottoscritto e il professor Benedetto Terracini, decano dell’epidemiologia ambientale in Italia, raccolse la richiesta proveniente dai comitati e, insieme al personale della azienda sanitaria locale, iniziammo a pianificare lo studio.

Si partì dall’analisi degli studi esistenti e si fece una lettura collettiva di due recenti documenti sul profilo di salute dell’isola a cura del distretto sanitario e sulla relazione sanitaria a cura della ASL di Livorno.
Nei rapporti esaminati, in cui i dati riguardanti tutta l’isola erano posti a confronto con i dati della regione Toscana e della ASL, i tassi di mortalità dell’Elba, tra il 2006 e il 2008, erano stati inferiori a quelli di confronto sia per i maschi, che – in modo ancora più pronunciato – per le femmine. Invece, i tassi di ospedalizzazione erano leggermente più elevati all’Elba per i maschi e per le femmine.

Nonostante i molti dati sia ambientali che socio-sanitari inclusi nei rapporti, non era mai riportato un dettaglio al di sotto dell’isola nel suo complesso, e si convenne di partire da una analisi più articolata dello stato di salute, verificando la distribuzione dei principali indicatori di mortalità e morbosità in ciascuno degli 8 comuni dell’isola. L’analisi della mortalità per classi di età metteva in risalto dati dell’Elba migliori rispetto a quelli della ASL di riferimento (ASL di Livorno), in particolare tra le donne sia giovani (18-44 anni) che ultra sessantacinquenni. Dunque apparentemente tutto in ordine, anzi meglio del previsto. Tuttavia, la valutazione della mortalità generale in ciascun comune iniziò a dare qualche elemento dissonante, in particolare mentre nella maggior parte dei comuni emergevano dati più bassi del riferimento, emergeva anche un eccesso di mortalità tra gli uomini nel comune di Portoferraio (+10% rispetto al riferimento). L’analisi dei dati per cause specifiche metteva in evidenza 36 eccessi per 26 cause, in tutti i comuni ma in particolare in 3 degli 8 comuni.

Una situazione simile ma ancora più articolata emergeva per i dati sui ricoveri ospedalieri dei residenti.  Gli eccessi emersi interessavano sia cause tumorali che non tumorali, più frequentemente per le classi di età più anziana ma in qualche caso anche per giovani. Sulla base dei risultati conseguiti è stato deciso un ulteriore approfondimento andando a verificare dati individuali insieme a medici di medicina generale e a professionisti del distretto sanitario e dell’ospedale dell’isola.
I risultati osservati all’Elba permettono interessanti spunti trasferibili anche alla situazione di Ischia.

Innanzitutto il cumulo di più anni di dati permette di raggiungere numeri sufficienti ad evidenziare eccessi di rischio, specie per la mortalità mentre i ricoveri sono molto più frequenti e permettono di arrivare a risultati più stabili.

Inoltre i risultati conseguiti su un area complessiva (intera isola) possono trarre in inganno, perché possono “nascondere” anomalie in sub-aree (comuni, aree sub-comunali) che per effetto di diluizione non emergono. Ciò significa che solo analisi di dettaglio geografico più spinto, e per fasce di età e differenti condizioni socio-economiche, possono offrire una immagine più fedele della situazione realmente esistente.

Infine i possibili legami con caratteristiche ambientali che vengono percepite come rischiose devono essere studiati sovrapponendo dati ambientali e sanitari allo stesso livello geografico. In altre parole sono inadeguati studi che correlano dati ambientali riguardanti porzioni di territorio (esempio una frazione di un comune) con dati sanitari relativi a area molto più ampie (esempio intera isola), e viceversa che incrociano dati sanitari riferiti ad un comune o sue sub-aree con dati ambientali generici (esempio la media delle radiazioni da radon sull’isola). Per testare ipotesi che l’esposizione ad un certo tipo di inquinamento, esempio arsenico nelle acque potabili, sia responsabile di una aumento di malattie (esempio tumori del polmone o dei reni) occorre indagare l’esposizione a livello individuale, cioè quale e quanta acqua bevono le persone di una comunità nella quale sono osservate anomalie di salute; meglio ancora monitorando la salute di ciascuna persona più o meno esposta a rischio.

Il tutto è reso ancora più complicato dal fatto che noi tutti siamo esposti non ad un solo inquinante ma a molteplici ed attraverso molte modalità (inalazione, ingestione, contatto).
Per concludere, nonostante la complessità del mondo in cui viviamo, metodi, strumenti e dati sono in larga misura disponibili e se a Ischia si vorrà fare uno studio più approfondito occorre essere consapevoli che ciò è possibile.