Giovani e lavoro in Italia: tra reinserimento dei NEET e autoimprenditorialità

In questi anni, al cento dell’agenda economica dei governi europei, ha trovato ampio spazio uno dei temi più complicati per il futuro dell’Unione Europea: quello della disoccupazione giovanile e del diffuso fenomeno dei NEET – Not (engaged) in Education, Employment or Training – ovvero le persone non impegnate né in attività di studio, né di lavoro, né di formazione. In questi giorni sono stati pubblicati due interessanti attività di ricerca che forniscono dei dati sullo stato del mercato del lavoro nel nostro paese: quella di Eurofund “Exploring the diversity of NEETs e quella de Il Sole 24 Ore in collaborazione con il Centro Studi Datagiovani su giovani, disoccupazione ed autoimprenditorialità, apparso sul quotidiano del 18 luglio 2016.

 

I NEET nel contesto italiano – Il fenomeno NEET è apparso per la prima volta nel dibattito politico in Gran Bretagna per identificare una fascia d’età, quella tra i 16 e i 18 anni che si trovavano fuori dal contesto educativo e non avevano ancora mosso alcun passo nel mercato del lavoro. Tale fascia d’età, con la crisi economica che ha colpito l’Europa e nell’ambito dell’agenda Europa 2020 è stata allungata dai 15 fino ai 29 anni[1]. Ridurre il numero dei NEET è divenuto, quindi, un obiettivo fondamentale dell’Unione Europea proprio per il rilancio dell’economia, dei consumi e per il miglioramento del contesto sociale nel Continente, portando alla nascita nel 2013 del progetto Garanzia Giovani per incentivare e migliorare la qualità della formazione e il rapporto tra imprese e giovani.
Qual è la situazione in Italia? Secondo il profilo tracciato dal rapporto Eurofund, nel nostro paese la situazione dei giovani nel mercato del lavoro diverge ancora molto rispetto alla media europea. Sia il tasso di attività (41,5%) sia quello di occupazione (28,3%) sono al di sotto della media UE che sono rispettivamente del 56,7 % e del 46,5%. Il tasso di disoccupazione giovanile si attesta al 31,6 %, rispetto alla media europea del 17,5%; con una percentuale di NEET del 26,2% rispetto alla media europea del 15,3%.

I NEET in Italia sono principalmente disoccupati di lunga durata (26,3%); “altri” NEET (15,1%); NEET con responsabilità familiari (15%), lavoratori disoccupati a breve termine (14,8 %) e persone scoraggiate (14,1%). Di questi NEET, nel 2013, solo il 34,8 % si era registrato presso gli uffici pubblici per l’impiego. Inoltre, nel 2013, il numero di donne NEET in Italia era del 52.5%. Un fenomeno quindi anche di genere. Quello che il rapporto Eurofund intende sottolineare rispetto a questi dati è che vanno individuate politiche specifiche che forniscano ai disoccupati di lungo periodo, esperienze e formazione che li rendano in grado di riaffacciarsi al mercato del lavoro. L’obiettivo che Garanzia Giovani ha cercato di perseguire è stato quello di rivolgersi verso giovani già perlopiù formati e pronti per il mercato del lavoro. Lo sforzo che deve essere compiuto in Italia è quello di immaginare degli interventi mirati anche nel campo della formazione. Su questa lunghezza d’onda sono stati realizzati alcuni interventi da parte del Governo, come il rafforzamento dell’Istituto per le politiche attive e le modifiche sull’apprendistato duale per creare condizioni migliori per l’affiancamento scuola, formazione, lavoro, per portare i giovani verso un elevato tasso d’istruzione, che rappresenta ancora ad oggi la migliore forma di protezione contro disoccupazione e inattività, incentivando la presenza in azienda.

 

Autoimprenditorialità: una forza per il nostro paese – Il Sole 24 Ore insieme al Centro Studi Datagiovani, lavorando su sei indicatori (disoccupazione, contratti di breve termine, dipendenti di “alto livello”, part-time involontario, autoimprenditorialità e lavoro “asociale”) ha analizzato le differenze che ci sono tra il mercato del lavoro degli under 30 e quello degli over 50 nel contesto dell’Europa a 28. Il dato principale posto in evidenza dalla ricerca per quanto riguarda il nostro paese è quello tasso di senza lavoro tra gli under 30 che è quattro volte e mezzo quello degli over 50, un gap doppio rispetto alla media Ue.  L’Italia non brilla neanche per la crescita professionale: solo 1 under 30 su 3 riveste posizioni di rilievo, rispetto al 52% degli over 50.

Un risultato in controtendenza che questa ricerca porta all’attenzione è quello dell’autoimprenditorialità: il nostro paese è al primo posto con un gap tra giovani generazioni ed over 50 che è la metà di quello medio europeo. Questo dato positivo e in crescita è dato dal numero sempre più alto di giovani che decidono consapevolmente di entrare nell’economia digitale o giovani professionisti che entrano a far parte di piattaforme collaborative. Infocamere, nel suo report riguardante il IV trimestre 2015, pubblicato a gennaio 2016, ha sottolineato come le startup a prevalenza giovanile – quelle under 35- sono 1.236, ovvero il 24% del totale e le società in cui almeno un giovane è presente in società sono 2.043, ovvero il 39,7% del totale startup. Un dato positivo tra molti negativi che fa comprendere come l’innovazione può essere un fattore di crescita per il nostro paese e può vedere protagoniste le nuove generazioni.

 

[1] Eurofound (2016), Exploring the diversity of NEETs, Publications Office of the European Union, Luxembourg.