Il Rinascimento scientifico dell’ Iran

Nell’anno 2003 i lavori a firma di ricercatori iraniani pubblicati in una delle riviste che costituiscono il grande archivio della letteratura scientifica internazionale erano appena 3.459. Dieci anni dopo, nel 2013, erano praticamente decuplicati e ammontavano a 32.965: pari all’1,5% del totale mondiale. Da paese marginale, l’Iran si è conquistata la 16a posizione nella classifica delle nazioni che, con le loro pubblicazioni, contribuiscono di più allo sviluppo della scienza [NSF, 2016].

In questi dieci anni il cambiamento è stato netto: il numero di articoli scientifici iraniani è aumentato al ritmo del 25,3% annuo. Nessuno, tra le prime venti nazioni che pubblicano di più, ha fatto meglio. Solo la Cina, con il 18,9% di incremento annuo ha tenuto questo passo. Più staccata è l’India, che con il 13,6% di incremento si posizione al terzo posto tra le nazioni che hanno visto incrementare di più la loro produzione scientifica.
La posizione dell’Iran in classifica è stata confermata nel 2015: con 39.727 lavori, gli scienziati iraniani sono al sedicesimo posto e precedono, secondo lo Scimago Journal & Country Rank [Scimago, 2016], i colleghi  svizzeri (39.358) e turchi (39275).
Anche in termini di investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) l’Iran è in rapida crescita: con 11,6 miliardi di dollari PPP (calcolati a parità di potere di acquisto della moneta) di GERD (Gross Expenditure on Research and Development; investimento lordo e ricerca e sviluppo) nel 2015 ha superato Israele (10,91 miliardi di dollari) e si è collocato al 21o posto tra i paesi che spendono di più in scienza e tecnologia. Tra i Paesi del Medio Oriente solo la Turchia, con 13,41 miliardi, investe di più [R&D Magazine, 2016].

E anche in termini relativi l’Iran è ormai una media potenza: il suo GERD è pari allo 0,90% del suo Prodotto interno lordo (Pil). Una percentuale, certo, ancora molto lontana da quella di Israele (3,93%), ma ormai prossima a quella dell’Italia (1,27%) e superiore a quella della Turchia (0,86%). È intenzione dichiarata del governo dell’Iran raggiungere, al più presto, un investimento in R&S pari al 2,5% del Prodotto interno lordo.
Anche la formazione dei giovani iraniani ha un passo sempre più internazionale. Secondo la National Science Foundation, per esempio,  l’Iran vanta il maggior numero di giovani che si formano nelle università degli Stati Uniti, dopo Cina e India, ma prima di Corea del Sud, Arabia Saudita e Taiwan. Ebbene, 80 ragazzi iraniani su 100 che frequentano un’università americana seguono corsi di laurea in scienza e ingegneria (S&E). Tra questi 80, la maggior parte segue corsi di ingegneria.

Pure in patria i corsi di scienza e ingegneria sono seguiti. Anche dalle ragazze: il 30% dei laureati in ingegneria in Iran sono donne. Una percentuale non molto distante da quelle vantate della Corea del Sud e dalla Malaysia (31%) e superiore a quella di Taiwan (28%), Finlandia (28%) e India (27%).
La performance dell’Iran nel campo della R&S non è casuale, ma è frutto di tre processi – uno politico, l’altro economico – peraltro non indipendenti tra loro [Pargoo, 2016]. Il primo è stata la decisione dell’ Ayatollah Ali Khamenei, la Guida Spirituale dell’Iran, di puntare per lo sviluppo del paese non solo sullo sfruttamento delle materie prime (petrolio) ma anche sull’economia della conoscenza e, di conseguenza, su alcune industrie hi-tech. In pratica, il governo di Teheran ha applicato una coerente politica sia di esenzione fiscale sia di incentivi finanziari per le imprese che investono in R&S. Ciò ha consentito la creazione a tutto il 2014, di 36 parchi scientifici e tecnologici che ospitano 3.650 diverse aziende e danno lavoro a 24.000 persone.

Il secondo motivo è direttamente legato alle sanzioni cui l’Iran è stato sottoposto dalla comunità internazionale (soprattutto occidentale) nell’ambito della controversa questione del nucleare. Lo sviluppo scientifico e tecnologico dell’Iran è (anche) effetto di quelle sanzioni. In pratica il paese si è dovuto adattare a un regime di isolamento tecnologico in un momento in cui la domanda interna di tecnologia tendeva a crescere. In più, non potendo contare sull’esportazione di petrolio secondo tutte le potenzialità del paese, l’economia iraniana ha cercato altre direzioni di crescita. Tutto ciò ha favorito la nascita e/o lo sviluppo di industrie hi-tech locali, che hanno fatto dell’Iran il paese produttore di petrolio con i maggiori introiti da esportazione di beni diversi dal petrolio.

La fine del regime delle sanzioni, in seguito agli accordi internazionali raggiunti sul tema dello sviluppo nucleare, offre all’Iran grandi opportunità, ma lo sottopone anche a qualche rischio in termini di economia della conoscenza. Le principali opportunità sono evidenti: il paese potrà beneficiare di un interscambio hi-tech molto più intenso, il che potrà favorire sia lo sviluppo della domanda interna sia l’export e, dunque, una maggiore specializzazione produttiva nell’ambito di beni e servizi ad alto tasso di conoscenza aggiunto. I rischi sono pressoché speculari: senza un forte sviluppo dell’industria e dei servizi hi-tech interni, lo squilibrio della bilancia tecnologica dei pagamenti potrebbe peggiorare. Ma forse il rischio più serio è la “fuga dei cervelli”. Se già prima delle sanzioni, il numero di giovani iraniani che si formavano negli Stati Uniti e, in generale, in occidente era elevato, ora, con la progressiva abolizione del regime di sanzioni, il flusso in uscita potrebbe aumentare. In sé l’internazionalizzazione è un fatto positivo. A meno che – il caso italiano insegna – non ci siano sufficienti incentivi a tornare, una volta formati, e non ci sia una sufficiente capacità di attrazione di giovani stranieri.

Per massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi, l’Iran può contare sulla sua straordinaria tradizione culturale. Che è fatta di capacità creativa endogena, ma anche di una fitta rete di scambi culturali. Non è un caso che la nuova società della conoscenza (Cina, India, Iran, Turchia) stia emergendo proprio lungo quella “via della seta” che, in passato, ha consentito i contatti e la contaminazione culturale tra il Mediterraneo e l’Estremo Oriente.

 

Bibliografia

[NSF, 2016]
National Science Board, Science & Engeneering Indicators, USA, 2016

[Pargoo, 2016]
Mahmoud Pargoo, How sanctions helped Iranian tech industry Almonitor. The Pulse of the Middle East, 4 febbraio 2016

[R&D Magazine, 2016]
R&D Magazine, 2016 Global R&D Funding Forecast, USA, 2016

[Scimago, 2016]
Scimago Journal & Country Rank,http://www.scimagojr.com/countryrank.php