Il rischio nucleare oggi

IL RISCHIO NUCLEARE OGGI
una breve nota di
Paolo Cotta-Ramusino (Secretary General of Pugwash)
*traduzione in italiano a cura della Redazione

 

Ci sono ancora circa 16.000 armi nucleari operative: il numero esatto è incerto, ma in questa sede non è importante.
I rischi associati alle armi nucleari sono diversi, e in particolare:

  1. L’uso di queste armi per sbaglio o per errore di valutazione. L’esistenza di armi nucleari in allerta (in particolare da Stati Uniti e Russia) rende il vecchio rischio da guerra fredda ancora attuale e pertinente.
  2. La trasformazione di un conflitto convenzionale (o di un conflitto con armi convenzionali e/o chimiche) in uno di tipo nucleare. Anche se questo rischio esiste ancora per i paesi NATO e la Russia, il rischio è probabilmente più rilevante per diverse aree del mondo, come l’Asia del Sud [India/Pakistan, e altri ancora elencati di seguito], il Nord-Est asiatico, o anche il Medio Oriente, se Israele viene seriamente coinvolta. Una politica di non-primo uso da parte dei paesi che possiedono armi nucleari in linea di principio potrebbe ridurre questo rischio, ma purtroppo solo la Cina, e in una certa misura anche l’India, hanno attualmente una politica di non-primo uso.
  3. L’indebolimento (o addirittura il collasso) del regime di non proliferazione. Se il numero di paesi che possiedono armi nucleari aumenterà, allora la probabilità che prima o poi verranno utilizzate armi nucleari aumenterà (nonostante le fantasie selvagge del tardo Kenneth Waltz).
  4. L’utilizzo di armi nucleari da parte di gruppi terroristici o non legati allo Stato. Va detto che il contrabbando di uranio o plutonio adatti alla costruzione di armi fino ad ora è stato di modeste dimensioni, e in ogni caso non sufficiente a costruire una bomba nucleare per un soggetto non statale. Esiste comunque la possibilità che le armi nucleari vengano rubate o smarrite, e questa possibilità riguarda tutti gli Stati che possiedono armi nucleari, e non solo alcuni di loro. Per essere chiari: in condizioni normali, le bombe atomiche americane non sono necessariamente protette meglio di quelle pakistane. Ma, per quanto sia preoccupante perdere il controllo delle armi nucleari, le cose potrebbero diventare molto più pericolose in una situazione di tensione in cui le armi nucleari sono disperse, al fine di proteggerli contro un attacco nemico.

NB: Le buone iniziative che sono state prese in materia di sicurezza nucleare riguardano la sicurezza del materiale nucleare (e non delle armi nucleari), nei paesi con un programma nucleare civile. Queste iniziative riguardano per esempio anche la prevenzione di una possibile proliferazione nucleare, anche se l’AIEA è ancora la principale istituzione che preserva il regime di non proliferazione. Inoltre, alcuni paesi con un programma nucleare civile, come l’Iran, sono stati esclusi dalle iniziative di sicurezza nucleare per motivi politici. Quindi, possiamo dire che il contributo delle iniziative di sicurezza nucleare per la riduzione dei rischi connessi alle armi atomiche, finora è stato davvero modesto.

  1. E ora, vorrei discutere uno dei più gravi rischi associati alle armi nucleari, uno che generalmente viene tralasciato. Questo rischio ha a che fare con un attore non statale capace di innescare un possibile conflitto, che porti poi a uno scontro nucleare. La situazione tipica che abbiamo in mente è il “teatro” del Sud asiatico. In Pakistan, ci sono molti “attori” non statali e, contrariamente a quanto molti pensano, non sono in genere controllati dai militari pakistani o dall’ISIS. Di fronte a un massiccio attacco terroristico in India (diciamo, più grande di Mumbai nel 2008), l’India molto probabilmente crederebbe che vi siano i militari pakistani dietro questo attacco. La politica dell’India (a volte indicato come strategia di “avviamento a freddo”) potrebbe eventualmente implicare un attacco convenzionale contro le basi dei gruppi terroristici (all’interno del Pakistan), o anche il sequestro di una parte del territorio pakistano. La strategia del Pakistan, a questo punto, richiederebbe l’uso di bombe atomiche tattiche contro l’India. Io ho discusso personalmente questa strategia pakistana con esperti pachistani. Naturalmente, nel mondo reale, il Pakistan potrebbe decidere di non procedere per l’utilizzo delle armi nucleari tattiche, ma le cose sono confuse e, di conseguenza, molto rischiose. Quindi, per quanto riguarda i gruppi terroristici, c’è la concreta possibilità che possano agire con l’obiettivo di innescare uno scontro nucleare. Il fatto che questo obiettivo potrebbe essere interessante per un gruppo di terroristi è stato reso evidente dall’effetto mediatico creato da vari attacchi terroristici in Francia, Belgio, Orlando, etc.

Cosa si può fare per evitare questo caso particolare di rischio nucleare? La comunità internazionale e le grandi potenze dovrebbero contribuire a creare un clima più cooperativo tra India e Pakistan, cercando allo stesso tempo di evitare di prenderne le parti. Un clima meno conflittuale tra India e Pakistan attorno ai principali punti controversi (Kashmir, ghiacciaio Siachen, Sir Creek, ecc), e la cooperazione tra i settori della sicurezza di entrambi i paesi, potrebbe essere molto importante per la diminuzione delle tensioni e dei rischi. Sarebbe molto importante anche trattare in modo saggio i cosiddetti movimenti radicali islamici. Ci sono movimenti che hanno una agenda regionale specifica (come i talebani afghani), e il dialogo con questi movimenti dovrebbe essere agevolato (anche se a volte questo non sarà certamente facile). Poi ci sono i movimenti tipo Daesh che promuovono un confronto globale con il resto del mondo, e che, per inciso, sono responsabili dei principali attacchi terroristici in Pakistan. Sono questi movimenti “di confronto globale” che potrebbero, infatti, essere interessati a provocare uno scontro nucleare.

Quello che abbiamo visto oggi è che il ruolo di “soluzioni tecniche rapide” per contenere i rischi nucleari al momento è meno rilevante di quanto non fosse nel periodo della guerra fredda. Prevenire l’uso del nucleare ora ha molto a che fare con i compromessi politici e la prevenzione e la risoluzione dei conflitti. Il dialogo tra le parti è essenziale se vogliamo affrontare i rischi nucleari. Purtroppo, come dimostrano i recenti avvenimenti in Kashmir, il dialogo è spesso carente, e la repressione è brutale. Certo non un buon clima.

 

 

 

NUCLEAR RISKS TODAY
A very brief note by
Paolo Cotta-Ramusino (Secretary General of Pugwash)

 

We still have some 16,000 nuclear weapons (NWs) that are operational (exact number is uncertain but it is not too relevant here).The risks associated with NWs are several, and in particular:

  1. Use of NWs by mistake or miscalculation. The existence of nuclear weapons on high alert (particularly by the US and Russia) makes this old Cold War risk still actual and relevant.
  1. Transformation of a conventional conflict (or a conflict involving conventional and/or chemical weapons) into a nuclear exchange. Although this risk still exists for NATO-Russia, the risk is probably more relevant for different areas of the world, like South Asia [India/Pakistan, and more listed below], North East Asia, or even the Middle East, if Israel is heavily involved. A policy of no-first use by countries possessing nuclear weapons could in principle lower this risk, but unfortunately only China, and to a certain extent India, currently have a policy of no-first use.
  1. Weakening (or even collapse) of the nonproliferation regime. If the number of countries possessing nuclear weapons increases, then the probability that NWs will be used will increase (despite the wild fantasies of the late Kenneth Waltz).
  1. Use of NWs by non-state actors or terrorist groups. It should be said that the smuggling of weapon-grade Uranium or Plutonium has been up to now very modest in size, and in any case not enough for any non-state actor to build a NW. As far as the possibility of nuclear weapons being stolen or “lost”, this possibility concerns all states possessing NWs and not just “some of them”. To be clear: under ordinary conditions, US NWs are not necessarily better protected than the Pakistani ones. But, as far as losing control of nuclear weapons is concerned, things could become much more dangerous in a situation of tension where nuclear weapons are “dispersed” in order to protect them against an enemy attack.

NB: The good initiatives that have been taken regarding “nuclear security” concern the security of nuclear material (and NOT of nuclear weapons) in countries with a civilian nuclear program.  These initiatives also concern the prevention of possible proliferation, although the IAEA is still the main institution preserving the nonproliferation regime. Moreover, some countries with a civilian nuclear program, like Iran, have been excluded from the nuclear security initiatives for political reasons. So, it is safe to say that the contribution of nuclear security initiatives towards reducing the risks associated with NWs has been modest indeed.

  1. And now, I would like to discuss one of the most serious risks associated with nuclear weapons, one that is generally overlooked. This risk has to do with some non-state actor triggering a possible conflict involving a nuclear exchange. The typical situation we have in mind is the South Asian theater. In Pakistan, many non-state actors are active and, contrary to what most people think, they are not generally controlled by the Pakistani military or by the ISI. Faced with a massive terrorist attack in India (say, bigger than Mumbai in 2008), India would most likely believe that Pakistani military were behind this attack. India’s policy (at times referred to as “cold start” strategy) might possibly imply a conventional attack against the bases of terrorist groups (inside Pakistan), or even the seizure of a part of Pakistani territory. The Pakistani strategy, at this point, would require the use of tactical NWs against India. I personally discussed this Pakistani strategy with “significant” Pakistani experts. Of course, in the real world, Pakistan could decide not to proceed to the use of tactical NWs, but things are fuzzy and, hence, very risky. So, concerning terrorist groups, there is the concrete possibility that they could act with the goal of triggering a nuclear exchange. The fact that this goal might be attractive to a group of terrorists was made evident by the mediatic effect created by the various terrorist attacks in France, Belgium, Orlando, etc.

What could be done to prevent this particular case of nuclear risk? The international community and the big powers should help in creating a more cooperative environment between India and Pakistan, while at the same time trying to avoid taking sides. A less conflictual climate between India and Pakistan around the main contentious points (Kashmir, Siachen glacier, Sir Creek, etc.), and cooperation between the security sectors of both countries, could be very important in reducing tensions and the risks. Dealing in a wise manner with the so-called radical Islamist movements would also be very important. There are movements that have a specific regional agenda (such as the Afghan Taliban), and dialogue with these movements should be facilitated (even if at times this will certainly not be easy). Then there are the Daesh-type movements that promote a global confrontation with the rest of the world, and that, incidentally, are responsible for the main terrorist attacks in Pakistan. It is these “global confrontation” movements that could, in fact, be interested in provoking a nuclear exchange.

What we have seen now is that the role of technical “quick fixes” to contain nuclear risks is less relevant at present than it was in the Cold War period. Preventing nuclear use now has much to do with political compromises, conflict prevention, and conflict resolution. Dialogue across the divides is essential if we want to address nuclear risks. Unfortunately, as shown by recent events in Kashmir, dialogue is often lacking, and brutal repression is abundant. Not a good environment.