MathUp: fare pace con la matematica

MathUp: fare pace con la matematica

L’avevamo già visto cominciare l’anno scorso ma quest’anno è diventato ancora più evidente: in molti hanno deciso di poter fare corsi di formazione per docenti…. Diventa quindi sempre più importante avere la possibilità di confrontarsi per un verso con chi la matematica la studia per professione e può aiutarci a non restare vittime della tradizione e per l’altro con chi ha riflettuto sui modi con cui possiamo rispondere a domande incredibilmente taciute dei nostri studenti di prendere in mano il loro imparare.

MathUp” si caratterizza proprio per questa doppia attenzione: contenuti e metodologia, matematica bella e modalità laboratoriale.

Alcuni di noi venivano dal Centro “matematita” dell’Università degli Studi di Milano e dal Centro PRISTEM dell’Università Bocconi di Milano e si erano riuniti nell’associazione MateinItaly, creata nel 2013 – avvalendosi dell’appoggio dell’Università degli Studi di Milano, dell’Università Bocconi, dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e del Politecnico di Milano con i quali avevo condiviso l’esperienza di una bella impresa come una mostra di matematica alla Triennale di Milano milanesi prima e poi non solo, che da tempo lavorano sulla didattica e sulla comunicazione scientifica.

Da sempre, nella storia del nostro Paese, alla scuola pre-universitaria sono stati assegnati compiti gravosi in maniera quasi implicita o, quanto meno, in una maniera che molto spesso non ha previsto una corrispondente formazione del personale docente. L’istituzione della Media unica ne fu un esempio eclatante. Con la bella eccezione del Piano Nazionale per l’Informatica e di qualche iniziativa legata ai Nuovi Programmi del 1985, anche ai docenti di matematica è stato chiesto di rispondere alle mutate aspettative/richieste della società senza dotarli degli strumenti necessari a portare a termine il compito.

I risultati che ne sono seguiti non si prestano purtroppo a letture molto diverse. La partecipazione alle prove internazionali di valutazione delle competenze/abilità matematiche ha messo in evidenza forti difficoltà da parte dei nostri studenti a reggere il confronto con i coetanei di altri Paesi e di conseguenza una diffusa inefficacia dell’insegnamento così come viene attuato nella scuola italiana. I risultati, è vero, sono diversi regione per regione, ma l’inefficacia può essere letta anche nel disamore che gli adulti coltivano nei confronti della matematica.

Si tratta di una inefficacia legata a questioni sia di metodologia che di contenuti. Le prime portano alla luce come prevalente un modello di lezione che possiamo chiamare trasmissivo, in cui non è lasciato spazio alla partecipazione attiva degli studenti e al loro costruire il proprio apprendimento e in cui, in generale, si tende a “rifondare” ex-novo ogni volta, a ogni cambio di ordine scolastico, quanto è stato insegnato. Le seconde portano alla luce la rinuncia da parte dei gruppi disciplinari di matematica delle varie scuole a scegliere una propria via all’interno delle proposte fatte dalle Indicazioni Nazionali, schiacciandosi invece su una presunta tradizione didattica. Sono criticità alle quali non possiamo e non vogliamo assuefarci. Qualcosa bisogna fare, se non ci si vuole rassegnare al ristagno e a ulteriori deterioramenti. Qualcosa bisogna fare, ma non un “qualcosa” generico e indifferenziato: non è questo che volevamo quando abbiamo deciso di insegnare!

A questa motivazione “in negativo” – la scarsa efficacia dell’insegnamento tradizionale – se ne aggiunge una “in positivo”, costituita dalle riflessioni e dalle esperienze che molti docenti hanno sviluppato in questi anni. C’è un “sentire comune” sulla direzione che la didattica della matematica deve intraprendere ed è ora che questo “sentire comune” si traduca in una prassi non più confinata in alcune testimonianze esemplari. È ora di tradurre in fatti questo patrimonio ed è ora che questi fatti non riguardino solo una minoranza di insegnanti. È anche ora di mostrare all’opinione pubblica che i docenti di matematica e la loro didattica sono cambiati e sfuggono ormai ai vetusti luoghi comuni.

Possiamo pensare che la matematica sia un disciplina puramente tecnica, uno strumento per assolvere qualche incombenza pratica (non saremmo i primi e non saremmo neppure in cattiva compagnia…) oppure possiamo ritenere che la matematica sia una delle basi della nostra cultura, un elemento fondante del nostro conoscere e vivere il mondo. A scuola, la differenza non sembra molto importante, perché comunque tutti siamo costretti a riconoscere che in generale i nostri studenti chiudono il loro percorso scolastico senza avere costruito un buon rapporto con questa presunta “regina delle scienze”. E questa è una buona conclusione? No, non lo è. Per costruire una società “semplicemente” umana non si può rinunciare al contributo che la matematica con le sue idee, i suoi metodi e i suoi risultati può dare.

Quando, nello scorso mese di novembre, i quotidiani si sono trovati a dare conto delle azioni messe in campo a scuola per aiutare anche gli allievi più giovani a superare il timore e a provare a inquadrare quello che era successo a Parigi, molti articoli raccontavano che tutti gli insegnanti – tranne, come è ovvio, quello di matematica – non avevano fatto lezione ma avevano lasciato (o avevano loro stessi proposto) che gli studenti affrontassero quello che era successo discutendone tutti insieme. Confesso che il fatto che per tutti fosse ovvio che nell’ora di matematica non si parlasse degli attentati mi è sembrato agghiacciante. So per certo che in molte classi non è andata così, che molti di noi hanno cercato di aiutare i loro ragazzi a leggere quello che era successo condividendo riflessioni e emozioni, ma resta il fatto che per l’adulto “normale” è ovvio che il prof. di matematica non parli del Bataclan. Perché allora ci siamo lasciati costringere in questo ruolo impoverito e ridotto, quasi da extraterrestre?  Eppure ognuno di noi ha ben chiaro da sempre, come matematico e come intellettuale, che uno dei suoi compiti è quello di accompagnare la società civile a “leggere” il mondo e quello che vi succede… .

A me sembra che un parte della possibile risposta stia nella fiducia assoluta che abbiamo nel fatto che per i nostri studenti la matematica che noi abbiamo amato sia capace di trascinarli e di avviarli all’astrazione e al buon ragionamento con i tempi e i modi che sono andati bene per noi. E così facendo non ci accorgiamo di quanto diventiamo estranei ai nostri studenti, che subiscono e magari ammirano le nostre lezioni e i nostri sforzi di chiarezza e di rigore ma continuano imperterriti a sentirsi lontani e stranieri in un mondo che vedono sfuggire lontano. L’inefficacia dei nostri sforzi spesso è davvero sconfortante.

Ma rassegnarsi è difficile. Così, l’anno scorso, con alcuni colleghi abbiamo dato il via a “MathUp”, un progetto che si presentava come un corso di formazione online per docenti di matematica, dalla scuola primaria alla secondaria di II grado, ma che in breve per molti di noi è diventato un momento di incontro con altre esperienze e altre competenze che ci hanno regalato una boccata d’ossigeno e ci hanno sostenuto nello “scegliere” quale matematica insegnare e come.

Mantenere un buon equilibrio fra l’attenzione ai contenuti e l’attenzione ai modi per proporli agli studenti, fra la necessità di imparare tecniche sufficienti ad operare senza troppe difficoltà e la necessità di non nascondere la dimensione teorica, di non nascondere i modi in cui la matematica risponde alle curiosità degli umani, non è un compito semplice e non è un risultato ottenuto una volta per tutte. Non fosse che perché cambia la realtà con cui i ragazzi si confrontano, cambiano gli strumenti che hanno a disposizione e la matematica cambia con loro, non si lascia ingabbiare in orti conclusi.
I corsi hanno suscitato interesse e consensi e questa è un’ulteriore motivazione a proseguire nel progetto.

I corsi MathUp sono stati ideati dall’associazione mateinitaly costituita da docenti universitari già impegnati, con un’esperienza ventennale, nel Centro “matematita” dell’Università degli Studi di Milano e nel Centro PRISTEM dell’Università Bocconi di Milano.

L’associazione è stata creata nel 2013 – avvalendosi dell’appoggio dell’Università degli Studi di Milano, dell’Università Bocconi, dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e del Politecnico di Milano – con lo scopo di realizzare la mostra MaTeinItaly, svoltasi alla Triennale di Milano dal settembre al novembre dell’anno successivo e poi nuovamente allestita – dal febbraio al giugno 2016 – al MUSE – Museo delle Scienze di Trento.

Per la cura scientifica del progetto MathUp, ai proff. Renato Betti, Maria Dedò, Simonetta Di Sieno e Angelo Guerraggio (già presenti nel Comitato scientifico della mostra MaTeinItaly), si sono aggiunti i proff. Silvia Benvenuti dell’Università di Camerino, Giorgio Bolondi dell’Università di Bologna, Marina Cazzola e Sandro Levi dell’Università di Milano-Bicocca, Walter Racugno dell’Università di Cagliari, mentre la gestione operativa è stata affidata alla società mateinitaly.

I corsi si sono tenuti per la prima volta nell’anno scolastico 2015-2016. Quest’anno siamo dunque alla seconda edizione. Il successo della precedente è stato incoraggiante e il progetto quindi continua, tenendo naturalmente conto dell’esperienza acquisita e del desiderio di fare sempre più e meglio.

I corsi MathUp sono corsi di formazione per gli insegnanti di matematica di ogni ordine di scuola che vorrebbero non essere quei corsi di aggiornamento che “segui perché li devi seguire, ma sai già che alla fine non cambia niente”.
Vorrebbero essere corsi dove si parla di matematica, quella che si insegna in classe (nelle varie classi), con qualche curiosità e “incursione” nei suoi dintorni. Corsi dove si affrontano anche questioni pedagogiche – sono importanti! – ma sempre correlate agli argomenti matematici su cui si sta lavorando. Corsi che cercano di evitare un gergo divenuto incomprensibile e insopportabile nelle sue esasperazioni.
I corsi MathUp intendono proporre una formazione che si basa su precise parole-chiave, mostrando come:

– sia possibile e proficuo costruire un curriculum verticale di matematica che non costringa ogni volta a ripartire da capo ma consenta un insegnamento che, quando torna su questioni già patrimonio degli allievi, lo faccia da un punto di vista più generale e più profondo (si parla spesso di apprendimento “a spirale”). Perché ciò accada, occorre che l’insegnamento riguardi una matematica che non sapremmo descrivere in altro modo se non come essenziale, libera da quell’eccesso di tecnicismi che spesso ne nascondono il senso;

– sia possibile e proficuo partire dalla realtà che gli studenti vivono, con problemi che consentano loro di familiarizzare con l’approccio fondamentale costituito dai modelli matematici. I documenti internazionali, quando parlano di competenza matematica, scrivono: “Una persona dovrebbe disporre delle abilità per applicare i principi e processi matematici di base nel contesto quotidiano nella sfera domestica e sul lavoro nonché per seguire e vagliare concatenazioni di argomenti.”

– sia utile alimentare la propensione a fare matematica degli studenti, proponendo problemi la cui soluzione sia occasione per imparare a “usare” gli strumenti matematici. Bisogna cercare di “coniugare il rigore dell’impianto epistemologico della disciplina con un approccio didattico di tipo laboratoriale che sostenga lo sviluppo di apprendimenti significativi (la conduzione laboratoriale dei gruppi di apprendimento, della classe capovolta, della prospettiva biografico-narrativa e del portfolio sono aspetti che in questi anni raccolgono l’interesse anche della ricerca didattica) e con un impianto di formazione che punta sulla ricerca-intervento e sull’operatività della docenza in situazione d’aula”.

Il progetto MathUp si propone due obiettivi precisi. Il primo mira a creare un contesto didattico in cui la matematica non sia più vista come materia estranea e difficile, una medicina inutile che bisogna “prendere” senza sapere bene i vantaggi che procura, ma in cui sia possibile per gli studenti – se così si può dire – fare pace con la matematica.

Il secondo obiettivo parte dalla valutazione dell’importanza che un migliore insegnamento/apprendimento della matematica avrà nelle future carriere scolastiche e lavorative dei ragazzi: studenti oggi, professionisti domani. Riguarda la percezione che insegnanti e studenti devono ricavare – possibilmente in tempi brevi, anche attraverso alcuni indici numerici – dei miglioramenti indotti da MathUp nell’acquisizione di competenze utili alla costruzione di adulti autonomi nei giudizi e consapevoli nelle scelte.

I corsi MathUp si articolano in due fasi. La prima, da ottobre 2016 a febbraio 2017, prevede la frequenza dei corsi on line, mentre la seconda consiste nella progettazione e organizzazione nella propria classe/scuola di laboratori per gli studenti. La seconda fase non è obbligatoria e si può pensare di concludere la frequentazione dei corsi a febbraio, con la fine della prima fase, tuttavia l’insistenza di MathUp sull’importanza della pratica laboratoriale suggerisce di prolungare l’esperienza con la realizzazione di laboratori per gli studenti.

Durante le lezioni, il docente potrà chiedere ai corsisti di intervenire con esempi di attività effettivamente svolte in classe o valutazione di attività proposte dal docente stesso o ancora con proposte di nuove attività da svolgere in classe secondo le indicazioni date a lezione. Rispondere a queste richieste (e ad altre analoghe) costituisce quelle che abbiamo chiamato “le tappe intermedie del corso”.

I corsi MathUp per l’anno scolastico 2016/2017 sono stati accreditati presso il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e quindi ufficialmente riconosciuti come corsi di aggiornamento per i docenti.

 

Le iscrizioni a MathUp sono aperte.
Per informazioni, osservazioni e richieste sui corsi MathUp 2016-2017