Orazio Tedone: la primavera della Matematica italiana

Per la Matematica italiana, i decenni tra Otto e Novecento costituiscono un periodo particolare e particolarmente felice. Si parla di primavera per una Matematica italiana che non raggiungerà più posizioni di tale livello nel contesto internazionale. Siamo considerati la terza “potenza”matematica nel mondo, subito dopo la Matematica francese e quella tedesca.

Orazio Tedone, nato a Ruvo di Puglia nel 1870, partecipa a questa grande stagione – della seconda generazione di matematici italiani, dopo quella risorgimentale – che dura fino alla prima guerra mondiale. La si attraversa anche parlando di questo matematico pugliese, a cominciare dal tragico episodio che ne segna la fine. Sbaglia a scendere dal treno, scende dalla parte sbagliata e viene travolto da un altro treno alla stazione di Pisa. Stava tornando a Napoli dove aveva cominciato gli studi universitari. Chissà cosa sarebbe successo di Tedone se la sua vita non si fosse interrotta a Pisa e se il suo treno avesse davvero raggiunto Napoli e avesse insegnato in un ambiente più vivace di Genova, dove invece ha trascorso tutta la sua carriera accademica? A Napoli Tedone aveva superato gli esami del primo biennio, poi vince una borsa di studio e si trasferisce alla Normale di Pisa dove ha dei maestri di primo piano: soprattutto Enrico Betti e Vito Volterra. Tedone si laurea nel ’92 e viene nominato assistente di Statica grafica all’Università di Pisa. I primi passi sono però difficili e soprattutto quello che viene a mancargli è l’appoggio di Dini.

Scrive Tedone a Volterra (siamo nel giugno del ’96): “Il Professor Dini ha detto che per l’anno venturo io mi cerchi qualcosa altrove, perché mi ha fatto capire che è assolutamente impossibile che egli  mi confermi l’anno venturo nell’ufficio di assistente e posso assicurarla che se il Prof. Dini vuol coprire questo posto deve essere costretto a  chiamare qualcuno da un’altra Università, a meno che non  voglia concederlo a qualche studente. Non è facile dirle il perché di questo  accanimento contro di me, forse ho il naso più lungo o più corto, è tutto aleatorio, più lungo o più corto di quello che bisognerebbe avere per piacere a qualcuno, forse la barba che porto divisa avrei dovuto portarla dritta. Ma, lasciando stare da parte lo scherzo, a me pare che in ciò debba esserci qualche cosa di personale, della antipatia non domabile. (…) Il Prof. Bianchi ne ha riparlato a Dini e mi ha risposto che il posto di assistente è un posto di fiducia del professore, che se a Pisa non vi fosse chi potesse ricoprire il posto, il prof. poteva benissimo permettersi di chiamarlo da qualche altra università, che tanto per riuscire dallo stato straordinario ci sarebbe voluto qualche altro ricorso e pare che egli sia convinto che io non farò mai niente di più se non con Volterra”.

Tedone chiede allora aiuto a Volterra che comincia a giocare un ruolo importante per la carriera di Tedone. Si prende carico della sua situazione e gli suggerisce i concorsi a cui partecipare. Tedone si presenta a quello di Meccanica razionale a Padova e di Meccanica superiore a Torino, ottiene dei buoni giudizi ma non li vince. È ancora Volterra che gli raccomanda di presentarsi al concorso di Meccanica razionale a Genova. C’è la lettera in cui dice “mi raccomando”. C’è la lettera del 14 giugno 1899 in cui Volterra scrive: “Con la massima riservatezza e confidenza, le fò noto che ho fatto sapere a Genova, che io riteneva che ella avrebbe accettato la cattedra ivi vacante qualora fosse stato nominato”.

Genova sarà l’unica sede dove Tedone svolgerà il suo lavoro. Ma Volterra è “responsabile” di altre occasioni professionali che ne accompagnano la vita. È Volterra a suggerire il nome di Tedone  quando si tratta di stampare il secondo volume delle Opere di Betti (il primo l’aveva curato Valentino Cerruti, poi scomparso). È ancora Volterra che fa il nome di Tedone a Felix Klein quando occorre trovare un matematico italiano che rediga per la grande Enciclopedia tedesca il capitolo sulla elasticità.

D’altra parte, la presenza di Volterra è ravvisabile anche nella ricerca del matematico pugliese. La sua prima opera è un lavoro di idrodinamica intitolato “Sul moto di un fluido contenuto in un involucro insolito solido”. È del ’93.  Tedone studia il moto descritto nel titolo, trova le sue equazioni con un metodo noto ma poi anche con una procedura diversa legando il moto del fluido a quello del moto di un sistema rigido. Somigliana parla a questo proposito di  lavori di carattere prevalentemente metodologico per sottolineare la (quasi ovvia) constatazione che in questi primi lavori non ci sono ancora grandi risultati originali. Tedone termina invece questa prima Nota sottolineando il suo rapporto con Volterra:”Si può dare una rappresentazione geometrica del moto studiato. Queste considerazioni geometriche mi sono state suggerite dal professor Volterra”.

La sua presenza è di nuovo rilevante nel secondo articolo importante di Tedone – siamo passati al ’96 – sulla dimostrazione della formula che rappresenta analiticamente il principio di Huygens. È un lavoro tra i più celebri di Tedone nel quale compaiono i nomi di Huygens e di Kirchhoff che accompagneranno tutta la sua attività scientifica. Tedone studia il principio di Huygens e le formule di Kirchhoff in quattro variabili: x, y, z (che sono le variabili dello  spazio fisico) e il tempo estendendo un precedente studio di Volterra riferito al caso piano. È una Nota di 100 pagine che lo stesso Volterra si incarica di presentare e far pubblicare negli Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino dove si era trasferito.

Nel ricostruire le opere di Tedone non c’è naturalmente solo il filo conduttore dei suoi rapporti con Volterra. Un altro può essere rappresentato dallo stile usato. Tedone  è un  fisico-matematico ma, sfogliando i suoi articoli ,si rimane colpiti dal fatto che ci sono pagine intere occupate da formule. Sempre Somigliana scrive: ”La produzione di Tedone non è ricca di quei caratteri estetici che avvicinano qualche opera matematica alle opere artistiche ed è raramente vivificata dal contatto con la realtà fisica”. Qui Somigliana sottolinea che effettivamente Tedone è un fisico-matematico per il quale l’accento va più sul secondo aggettivo. É più un matematico che un fisico. Usa metodi matematici per la Fisica. Il problema di cui si occupa è di natura fisica ma poi lo tratta matematicamente – i metodi matematici sono le equazioni delle derivate parziali, equazioni differenziali, soprattutto di tipo iperbolico, e le equazioni integrali – e questa trattazione matematica prende decisamente il sopravvento. Tedone è un fisico-matematico nel senso della scuola italiana di Betti e di Volterra. Somigliana dice: “ non sempre vivificato dalla realtà fisica”.

Dal punto di vista dei contenuti si occupa prevalentemente di due argomenti:  la teoria dell’elasticità e il campo elettromagnetico, su cui redige una cinquantina di  articoli. Tedone partecipa alla grande stagione della ricerca italiana su quella teoria dei sistemi elastici che ai  matematici evoca subito il nome di Cauchy. Klein parla della teoria della elasticità come di una questione nazionale italiana e infatti nella seconda metà dell’Ottocento abbiamo dei nomi importanti, da Betti a Beltrami, da Volterra a Somigliana.

Nel 1897 Tedone  pubblica l’articolo “Sulle vibrazioni dei corpi solidi omogenei ed isotopi” seguito da altri lavori tra cui “ Saggio di una teoria generale delle equazioni di  un equilibrio elastico di un corpo isotopo”. L’introduzione di questo lavoro del 1902 mette in evidenza la modestia del carattere: “Io spero che quando l’avrò dimostrato si possono risolvere tutti i problemi di cui è nota la soluzione con un metodo uniforme, forse anche con eleganza. Suscettibili di soluzione anch’essa relativamente semplice, saranno giudicati con una certa indulgenza le mie opinioni e il mio lavoro”. E  più avanti: “Affinché però non si pensi che io vada troppo oltre nell’estimazione delle mie vedute, soprattutto dall’alto dell’originalità  noterò, ora che è più facile spiegarmi per aver dimostrato abbastanza chiaramente in cosa esse consistano,  che le radici del metodo da me servito per ottenere la soluzione dei problemi di equilibrio elastico di un corpo isotopo si possono ritrovare fin nei più antichi lavori sull’argomento”.

Nel 1902 Tedone è già professore straordinario. Poi l’anno successivo diventa professore ordinario. Nel 1907 partecipa al Convegno costitutivo della SIPS a Parma, sempre su invito di Volterra che  aveva lasciato Torino (nel 1900) e si era trasferito a Roma. Qui, diventato senatore, aveva cominciato a ragionare e a muoversi in termini più politici, pensando tra l’altro di riunire i vari studiosi e ricercatori in una società nazionale per la divulgazione della scienza. Il titolo dell’intervento di Tedone – “Sui metodi della fisica matematica” – può suonare come pretenzioso. A conferma della sua modestia, il primo obiettivo è correggere questa impressione: “Nessuno, leggendo il titolo di questa conferenza,  penserà che a me possa essere venuto in mente di esporre   la storia e la comparazione  dei vari metodi di prevenzione, che sono stati o sono in uso nella fisica matematica. Io voglio fare, dicevo, una cosa molto più modesta,  voglio esporre nel modo più breve che mi sarà possibile, l’influenza che hanno avuto le idee più generali predominanti nei metodi di interazione della fisica matematica sui metodi di integrazione”.

Nel 1908 Tedone partecipa al Congresso internazionale dei matematici a Roma. Scrive poi naturalmente altri articoli sulla teoria dell’elasticità ma in questo campo la sua attività di ricerca dura sostanzialmente fino agli anni della prima guerra mondiale. Poi, con il 1915-16, Tedone sviluppa lo studio dei campi elettromagnetici. Vuole determinare i vettori rappresentativi del campo elettromagnetico in un punto di una regione occupato da un corpo isotropo, quando sono note le componenti tangenziali di questi vettori sulla superficie che delimita il corpo.

Nel frattempo, ancora grazie a Volterra, Tedone diventa accademico dei Lincei e subito ringrazia il suo maestro: “ La ringrazio per la sua attenzione. So che senza il suo appoggio questa cosa alla quale tenevo tantissimo non sarebbe accaduta”. L’invidia dei colleghi è notevole. Sospettano addirittura che Volterra abbia aiutato Tedone a entrare nell’Accademia dei Lincei per preparargli il trasferimento da Genova nella capitale. Un fisico-matematico, Pietro Burgatti, così scrive al collega Roberto Marcolongo nel 1910 : “Potrei rinunciare al ruolo  ma stare sulla breccia per aver almeno  la soddisfazione di dare dei grattacapi ai giudei. Io non ho nessuna voglia di cavarmi  il cappello a loro. Sto benone qui a dispetto di non volere, però mi muovo. Vada pure il gran “Tedione” a Roma”. E conclude : “La notizia della nomina del Tedone corrispondente dei Lincei mi ha arrecato meraviglia e disgusto. Gli Ebrei spadroneggiano di nuovo!  Ormai nulla più mi sorprende”.

Tedone si è sicuramente avvantaggiato della protezione di Volterra ma ha anche pagato il prezzo dell’immagine di uno studioso scarsamente autonomo e originale. Il tempo è galantuomo nei confronti di un matematico che magari non aveva una grossa sensibilità fisica ma una grande capacità di lavoro e di calcolo (con calcoli non particolarmente semplici quali quelli costituiti dalla soluzione di equazioni alle derivate parziali o equazioni integrali). Galantuomo nei confronti di una persona modesta che, appena vinto l’ordinariato, così scrive a Tullio Levi-Civita (che non era stato molto tenero nei suoi giudizi sulla sua attività scientifica): ” Illustrissimo Professore , arrivato a Genova mi faccia subito un piacere di ringraziarla sentitamente per la su accoglienza lieta e cordiale. Mi ha trattato un po’ male per i miei lavori, spero però che il concetto che ella si è formato di  essi non le impedisca di mantenermi la sua preziosa amicizia”. D’altra parte, un matematico come Jacques Hadamard nel 1931, nella sua monografia sul problema di Cauchy, cita ripetutamente Tedone e dedica alcune pagine a confrontare i suoi risultati con quelli del matematico pugliese.

In conclusione, ecco il brano di una lettera di Tedone a Volterra nella quale si scusa perché è rimasto indietro con alcuni lavori.  È scritta da Ruvo di Puglia, la cittadina dove era nato, e porta la data del 30 agosto 1896. Non parla di Matematica ma di Ruvo e del caldo che gli impediva di lavorare: “ Il materiale del mio lavoro è pronto ma non l’ho ancora scritto, un po’ perché dice sono stato distratto dai concorsi a cui ho voluto prendere parte, ma qua il caldo mi ha sopraffatto troppo presto. Quando in questi paesi fa caldo, in generale, vi soffia pure un certo vento del sud “favogno” che ha la proprietà di sfibrare quasi completamente”.

 

Il testo riprende parte dei contenuti di una relazione tenuta nel maggio 2010 presso il Liceo “Tedone” di Ruvo di Puglia.