Ritratto dell’astronauta da giovane. Luca Parmitano tra comunicazione e formazione

Da un Liceo Scientifico di Catania fino allo spazio: si può riassumere così, volendo esser brevi, la carriera dell’appena quarantenne Luca Parmitano.

Un ragazzo che, prima di diventare il primo astronauta italiano a svolgere attività extraveicolari (ossia fuori dalla capsula, veicolo o stazione spaziale), ha percorso una strada che prima — nel 1995 — lo ha fatto entrare in Aeronautica Militare e poi — nel 1999 — gli ha fatto conseguire una laurea in Scienze politiche presso l’Università Federico II di Napoli.

Una vita da meridionale, con dei compiti precisi… parafrasando una nota canzone di Luciano Ligabue. Una vita, però, da persona capace sin dalla più tenera età di comprendere l’importanza della rete. Non è un caso, infatti, se un Luca ancora minorenne sceglie di frequentare il quarto anno di Scuola Superiore all’estero. Così decide di sfruttare al massimo i propri mezzi: ottiene una borsa di studio offerta da Intercultura — un’associazione che lavora insieme ai giovani che vogliono provare un’esperienza unica in un altro Paese — e parte per gli Stati Uniti d’America. Ed è là, probabilmente, che scatta la scintilla: il padre della famiglia ospitante, che di mestiere fa il pilota di aerei da caccia F-18, lo fa innamorare del volo.

Un amore che non finirà mai più.
Da allora, l’astronauta siciliano ha conquistato anche le luci della ribalta (insieme alla sua collega Samantha Cristoforetti), non solo grazie ai mass media ma anche ai social media — in particolare Facebook e Twitter — sui quali racconta giorno per giorno le sue esperienze personali e professionali.
Un modo utile anche per rendere più accessibile il racconto scientifico, in un periodo in cui esso è messo in serio pericolo da alcuni meccanismi deleteri che si diffondono sul web. E per avvicinare i diversi stakeholder di questo mondo, da sempre separati anche e soprattutto a causa della mancanza di intermediari degni di tal nome.

Scoprendo l’acqua calda, si può affermare che negli ultimi anni la scienza è profondamente cambiata. Abbandonando le strette barriere dei laboratori e delle università, si è trasformata in quella che l’epistemologo John Ziman ha definito come un’attività “post-accademica”: una scienza mediatizzata e i cui confini con le altre sfere sociali sono progressivamente sfumati.

This image released by AMC shows Walter White, played by Bryan Cranston, teaching chemistry class in a scene from the pilot episode of "Breaking Bad." The series finale of the popular drama series aired on Sunday, Sept. 29. (AP Photo/AMC, Doug Hyun)

This image released by AMC shows Walter White, played by Bryan Cranston, teaching chemistry class in a scene from the pilot episode of “Breaking Bad.” The series finale of the popular drama series aired on Sunday, Sept. 29. (AP Photo/AMC, Doug Hyun)

Non è un caso che persino figure (fittizie) come il chimico Walter White e il fisico Sheldon Cooper siano diventate protagoniste di narrazioni tipiche dell’età contemporanea, quali sono le serie TV (rispettivamente Breaking Bad e The Big Bang Theory. [Anzi, in considerazione dell’ampiezza e delle caratteristiche socio-demografiche dell’audience, ormai sono probabilmente il principale canale di comunicazione scientifica (in senso lato) in Occidente]
Ed è su questa falsariga che si inserisce Luca Parmitano: una figura completa, a tutto tondo, che supera volontariamente i confini del suo ruolo di astronauta per diventare una sorta di portabandiera italiano nel mondo. Anche attraverso lo sport.

parmitano fb

E anche attraverso la formazione. Come? Chiudendo il cerchio della sua carriera. Proprio sui social media, infatti, ha comunicato il suo impegno in prima persona con l’associazione che gli ha permesso di scoprire il mondo. Finanziando, con i proventi del suo libro Volare, una borsa di studio per Intercultura, che permetterà a una ragazza o a un ragazzo residente in Sicilia di cambiare il proprio futuro. E di diventare, magari, la Samantha Cristoforetti o il Luca Parmitano della prossima generazione.

La mediatizzazione della scienza e dei professionisti che operano al suo interno è una delle sfide più importanti del presente, in quanto la vita quotidiana di (quasi) tutti gli abitanti della Terra è influenzata in maniera decisiva dalla divulgazione delle nuove conoscenze provenienti da laboratori e università: il modo in esse vengono declinate nella società è un fattore fondamentale — e purtroppo sottovalutato — per il raggiungimento di una democrazia completa. L’opera dell’astronauta italiano è decisiva per questi due aspetti: da un lato, per la comunicazione che porta avanti quotidianamente, mettendo in campo la propria immagine (privata e pubblica); dall’altro, per la formazione in cui crede e che sostiene, mettendo in campo i propri sforzi.

C’è infine un terzo aspetto che, pur esulando da questi temi, è decisivo anche dal punto di vista finanziario: il rapporto tra ricerca pura e ricerca applicata. Gli addetti ai lavori sono gli unici a poter colmare quel gap che a volte contraddistingue la narrazione mediatica, distorcendo la percezione dell’opinione pubblica (ossia, i cittadini che pagano le tasse). In tal senso, la missione compiuta sulla Stazione Spaziale Internazionale e conclusasi a novembre 2013 è stata di cruciale importanza, dimostrando che ciò che avviene nello spazio ha grandi ricadute anche sulla Terra. In particolare, attraverso i due esperimenti Diapason e ICE (Italian Combustion Experiment): il primo consiste nella rilevazione nell’aria di particelle grandi appena pochi nanometri e avrà molteplici applicazioni negli studi sull’inquinamento atmosferico; il secondo riguarda i combustibili del futuro, a basso impatto ambientale, con lo scopo di minimizzare le emissioni tanto in orbita quanto nella nostra vita di tutti i giorni.

A differenza di quanto avvenuto a Stephen Dedalus (il protagonista di un celebre romanzo semiautobiografico di James Joyce), dunque, il viaggio di Luca Parmitano è avvenuto davvero. Conducendolo letteralmente tra le stelle, per poi farlo tornare — inevitabilmente — alla sua terra d’origine.