Origine delle armi nucleari e programmi nella seconda guerra mondiale

E’ recentemente apparsa sull’Espresso una notizia secondo la quale agli inizi del maggio 1945, praticamente alla fine della seconda guerra mondiale nel Teatro europeo, un generale delle Ss avrebbe consegnato 70 chilogrammi di uranio ad un ufficiale dei servizi segreti americani, e che questo fatto potrebbe essere stato decisivo per i tragici sviluppi che portarono alla fabbricazione della bomba che venne sganciata su Hiroshima nell’agosto successivo. L’ipotesi è certamente molto suggestiva ma altrettanto improbabile, se non infondata.

Alessandro Pascolini, nel suo articolo, ripercorre le tappe dei reali programmi e degli sviluppi scientifici e tecnologici del Terzo Reich nella corsa alle armi nucleari.

Le armi nucleari sono strettamente legate alla seconda guerra mondiale e il loro impiego suggellò con un immane massacro questo cruento conflitto con le sue decine di milioni di morti e devastazioni senza precedenti, segnando il culmine del coinvolgimento dei civili come bersaglio strategico di operazioni militari.

La fissione nucleare dell’uranio venne scoperta a Berlino nel dicembre 1938 dai radiochimici Otto Hahn e Fritz Strassmann e interpretata in termini fisici in Svezia da Lise Meitner e Otto Frisch, che individuarono l’enorme quantità di energia emessa in ogni reazione. Niels Bohr portò da Copenhagen la notizia comunità scientifica mondiale venne informata nel gennaio 1939 da in un convegno a New York e subito i fisici nucleari in tutto il mondo iniziarono a studiare il nuovo, inaspettato fenomeno; la fisica nucleare era un campo di assoluta avanguardia con molti problemi ancora aperti e la fissione aggiungeva ulteriori problematiche del massimo interesse scientifico. Bohr nel febbraio 1939 dimostrò che il processo di fissione riguardava solo l’isotopo raro U-235 e nel giro di pochi mesi formulò con John A. Wheeler una teoria soddisfacente della fissione nucleare nell’ambito del suo modello del nucleo descritto come una “goccia” che può vibrare e ruotare.

Nel marzo 1939 i gruppi di Enrico Fermi a New York e di Frédéric Joliot a Parigi osservarono sperimentalmente che in ogni fissione venivano emessi in media più di due neutroni, aprendo la possibilità dell’innesco di una reazione a catena con conseguente emissione di enormi quantità di energia. Ciò trasformava la ricerca nucleare da uno studio di valore puramente scientifico, con qualche ricaduta di interesse medico, a importanti prospettive applicative.

Nella grave situazione mondiale del 1939 fu chiaro agli scienziati che l’energia nucleare avrebbe potuto portare a un’arma di indicibile potenza distruttrice e i governi dei principali paesi ne furono informati; ricerche con più o meno esplicite finalità militari iniziarono in Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica.

Un esame degli aspetti essenziali dei vari programmi è utile per comprendere la portata non solo militare dell’energia nucleare e acquisire elementi critici a fronte dei successivi sviluppi delle politiche nucleari nei vari paesi.

Le prime ricerche si indirizzarono ovunque allo studio dettagliato dei vari processi indotti da neutroni sull’uranio, per misurare sperimentalmente le grandezze fisiche fondamentali della fissione, anche al fine di verificare la teoria di Bohr e individuare le condizioni per ottenere una reazione a catena (“formula dei quattro fattori”) e prevedere la massa critica (Weart 1976 e 1977).

A quel tempo i fisici nucleari mondiali costituivano una piccola comunità, in stretto contatto fra di loro, anche se in aperta competizione scientifica, e per alcuni mesi i ricercatori lavorarono liberamente secondo l’usuale prassi scientifica, mantenendo la comunicazione dei risultati, ma, al crescere della loro valenza militare, le ricerche cominciarono a venir istituzionalizzate e continuarono coperte dal segreto ed esposte ad azioni di spionaggio.

 

I programmi nucleari tedeschi

La Germania fu il primo paese a istituire uno specifico programma militare basato sulla fissione, notevolmente dotato di uomini e mezzi, secondo soltanto a quello americano. Tuttavia i tedeschi non riuscirono a produrre un’arma nucleare, né un reattore, e neppure raggiunsero una reazione a catena autosostenuta. Questo sia per carenze scientifiche e organizzative, ma soprattutto perché il programma non raggiunse mai una dimensione adeguata.

Nella primavera 1939 due istituzioni tedesche vennero sollecitate da parte di scienziati a considerare le possibili applicazioni militari della fissione nucleare: Paul Harteck e Wilhelm Groth di Amburgo le segnalarono al generale Erich Schumann, direttore dell’agenzia per gli armamenti dell’esercito (Heereswaffenamt, HWA), mentre Georg Joos di Gottinga si rivolse al consiglio delle ricerche del Reich (Reichsforschungsrat, RFR), afferente al ministero della cultura (Kulturministerium), cui facevano capo le università; il RFR costituì un “club dell’uranio” (Uranverein) comprendente i maggiori fisici tedeschi. Intanto, nel giugno 1939, Siegfried Flügge discusse in un articolo le condizioni per sostenere una reazione a catena e vari aspetti della massa critica (suggerì 4,2 t di ossido d’uranio in polvere).

 

L’Uranverein

Allo scoppio della guerra (settembre 1939), l’HWA prese sotto il suo controllo le ricerche sull’uranio, innescando quelle tensioni interne che contribuiranno al fallimento del programma tedesco, che di fatto cambierà più volte istituzioni responsabili e dirigenti. Schumann incaricò Kurt Diebner, un fisico dell’agenzia, di dirigere le ricerche, con l’assistenza di Erich Bagge; gli scienziati dell’Uranverein vennero formalmente mobilitati, e il centro scientifico fu posto all’Institut für Physik a Berlino-Dahlem, requisito nell’ottobre 1939 alla Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft (KWG). Il lavoro fu diviso in tre filoni, la realizzazione di un reattore (Uranium-maschine), l’acquisizione di acqua pesante e la produzione di uranio, e la separazione degli isotopi; vennero impegnati nove differenti gruppi distribuiti in tutta la Germania, che coinvolsero un centinaio di ricercatori. Da quel momento venne impedita la pubblicazione dei risultati delle ricerche tedesche sull’uranio.

Un filone di ricerche indipendente venne intrapreso da Manfred von Ardenne nel suo laboratorio privato a Berlino con finanziamenti del Ministero delle poste, avvalendosi dell’importante collaborazione di Fritz Houtermans. La dispersione e frammentazione del programma, con limitato scambio di informazioni e animosità fra i vari gruppi, saranno un’ulteriore causa del suo fallimento. Una limitazione strumentale verrà dalla mancanza di un ciclotrone con cui eseguire le precise misure necessarie dei parametri nucleari fondamentali.

D’altra parte la Germania, oltre a poter contare su una significativa classe di scienziati e ingegneri esperti in molti campi, su laboratori di ricerca e università ben dotati di strumentazione di base, possedeva una solida infrastruttura tecnologica con ottime competenze in molti campi; nelle prime fasi del conflitto aveva acquisito le miniere di uranio ceche e si era impadronita delle scorte di ossido d’uranio della Union Miniere in Belgio (almeno 600 t) e le società Auer e Degussa avevano sviluppato le tecnologie per il trattamento e la metallurgia dell’uranio.

Werner Heisenberg, uno dei massimi fisici teorici dello scorso secolo, sviluppò una sua teoria della fissione, che presentò all’Uranverein in due seminari nell’inverno 1939-1940. Queste relazioni determinarono l’indirizzo di tutta la ricerca tedesca durante guerra; giungevano alle conclusioni, corrette, che un reattore a fissione controllata era possibile con grafite e/o acqua pesante quale moderatore e che uranio fortemente arricchito nell’isotopo 235 poteva diventare un potente esplosivo, ma presentavano gravi carenze e profonda incomprensione delle condizioni sia per una bomba che per un reattore.

In particolare, per quest’ultimo, ritenne praticamente inutilizzabile la grafite come moderatore, in quanto avrebbe richiesto una quantità enorme di uranio, e indicò come unica soluzione l’acqua pesante, allora disponibile in minime quantità in Germania; la sua teoria venne sviluppata solo per un reattore eterogeneo infinito costituito da strati piani alterni di uranio e di moderatore; egli erroneamente indicò tale configurazione come ideale (a Berlino venne sviluppato un prototipo appunto a strati piani) per passare in seguito a preferire una configurazione a sfere concentriche, un cui prototipo venne realizzato a Lipsia. Un ulteriore errore fu la sua convinzione che un reattore a uranio naturale o poco arricchito moderato ad acqua pesante si autostabilizzi in seguito all’innalzamento della temperatura, mentre invece sono necessarie barre di controllo di materiali in grado di assorbire neutroni.

Heisenberg considerava possibile una reazione esplosiva in un sistema di uranio fortemente arricchito (alcune tonnellate) in acqua pesante di dimensioni superiori a un certo raggio critico: il programma tedesco non giungerà a una corretta teoria della bomba basata sui neutroni veloci, né a una ragionevole determinazione della massa critica . Il coinvolgimento di Heisenberg nell’Uranverein non venne accolto positivamente da parte di altri membri del comitato, creando tensioni che continueranno per tutta la durata delle ricerche.

Misure di Walther Bothe su grafite (in realtà non purificata sufficientemente) esclusero definitivamente la grafite come moderatore. Per l’acqua pesante, anziché sviluppare un impianto in Germania, come suggerito da Harteck, si preferì far ricorso all’impianto di Vermork nella Norvegia occupata, impianto che verrà ripetutamente bombardato dagli inglesi e sabotato dalla resistenza.

Durante la fase vittoriosa della guerra, i militari tedeschi non esercitarono particolare pressione sul progetto uranio; il maggior risultato fu la pila subcritica di Lipsia, divenuta operativa alla fine del 1941, che nel maggio successivo dimostrerà la moltiplicazione di neutroni, mentre scarsi progressi si avevano per l’arricchimento dell’uranio.

Un’alternativa all’U-235, basata sull’uso di transuranici, venne proposta da Carl Friedrich von Weizsächer: inizialmente suggerì l’uso dell’elemento 93 (nettunio), inutilizzabile in quanto decade troppo rapidamente. Nell’agosto 1941 Houtermans individuò come buon materiale fissile l’elemento 94 (plutonio) producibile attraverso il nettunio dall’U-238 in un reattore, che quindi poteva fornire sia energia che materiale per la bomba; inoltre ottenne una buona espressione per la formula dei quattro fattori, valida anche per una struttura tridimensionale del reattore. Per la mancanza di acceleratori in grado di produrre intensi flussi di neutroni, i tedeschi non riuscirono a produrre neppure la minima quantità di plutonio necessaria per prime misure delle sue proprietà, e la “via del plutonio” rimase puramente teorica.

Alla fine del 1941, con l’esercito tedesco impantanato in Russia, l’aggravarsi della situazione al fronte e la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti, Hitler ordinò la mobilitazione generale dell’economia tedesca e l’HWA decise la revisione di tutti i suoi programmi, puntando a risultati sicuri in tempi brevi. Nel dicembre 1941 Schumann informò l’Uranverein che avrebbe continuato i finanziamenti solo nella certezza di ottenere un’arma risolutrice nell’immediato futuro.

I risultati delle ricerche venero esaminati criticamente nel corso di una conferenza nel febbraio 1942: a parte la separazione isotopica, le varie ricerche stavano facendo significativi progressi, ma una bomba –che era il principale obiettivo del progetto– non era realizzabile entro un anno o due.

La decisione definitiva sul programma venne presa in una conferenza dal 4 al 6 giugno 1942, in cui erano presenti il nuovo ministro degli armamenti, Albert Speer, e il maresciallo Erhard Milch; gli scienziati fecero presente che era possibile la produzione di energia in una pila a uranio, con la parallela generazione di materiale fissile esplosivo per armi nucleari; si poteva puntare allo sviluppo di un reattore per propulsione navale; mancava una previsione precisa della massa critica per una bomba, né si era individuato un metodo di separazione dell’U-235 senza la realizzazione di impianti enormi e quindi praticamente impossibili. Speer concluse che la fissione nucleare non avrebbe potuto influire sul corso della guerra, ma che la prospettiva di un’arma nucleare era importante per il futuro; il lavoro doveva continuare a scala ridotta, con l’obiettivo primario di sviluppare una pila a uranio per la produzione di energia e pertanto il programma andava trasferito a un’istituzione civile.

L’HWA dette priorità agli sviluppi aeronautici e missilistici, tagliò i fondi al progetto uranio, rinunciò al controllo dell’Institut für Physik e aprì in alternativa all’Uranverein un proprio laboratorio a Gottow, vicino a Berlino, ove Diebner iniziò la costruzione di una grande pila subcritica usando 500 litri di acqua pesante con una distribuzione dell’uranio in cubi, che era risultata immediatamente migliore degli schemi di Heisenberg.

Gli scienziati così ottennero finanziamenti permanenti, ancorché limitati, per una ricerca interessante, il sostegno da parte del regime, una riabilitazione ideologica, a fronte degli scarsi progressi, una proroga per il progetto, senza doversi impegnare per la realizzazione immediata di una bomba con altissima probabilità di fallire.

 

Verso l’Uranium-maschine

Al ritiro dell’esercito dal controllo del progetto uranio, si innescò un conflitto fra le varie istituzioni: il Ministero dell’istruzione assunse il controllo delle ricerche, sotto la direzione di Abraham Esau; la KWG reclamò il suo istituto di Berlino ottenendo l’appoggio di Speer, che convinse Hitler a nominare Hermann Göring capo del RFR; la Deutsche Physicalische Gesellschaft si battè per il sostegno alla ricerca e per dare spazio ai propri membri, in particolare Heisenberg: nel luglio ’42 Heisenberg divenne direttore dell’istituto di Berlino e, nel 1943, Walter Gerlach rimpiazzò Esau come plenipotenziario delle ricerche sul reattore, col difficile compito di coordinare le attività di Heisenberg e di Diebner, in rapporti sempre più conflittuali e in competizione per le risorse.

Le ricerche sulla separazione dell’U-235, condotte a Berlino da Bagge e a Monaco da Klaus Clusius, inventore di un metodo per la separazione termica in fase gassosa (“tubi di Clusius”), davano risultati insoddisfacenti; nel 1943 Harteck propose lo sviluppo di ultracentrifughe accoppiate, che rimasero tuttavia allo stadio di progetto. Di fatto i tedeschi non riuscirono a separare una quantità di U-235 neppure sufficiente per misure corrette delle sue proprietà.

Durante l’inverno 1944 Heisenberg diresse la costruzione a Dahlem di una grande pila (esperimento B-VII) con 1,5 t d’acqua pesante e con 1,5 t di uranio distribuito a blocchi, essendosi finalmente convinto della superiorità di questo schema. A causa dei crescenti bombardamenti alleati sulla capitale, a metà del ’44 Speer ordinò a tutti i gruppi di ricerca di trasferirsi lontano da Berlino. Il gruppo e i materiali di Dahlem vennero trasferiti in un laboratorio predisposto in una caverna a Haigerloch nella Germania sud-occidentale; Gerlach e Diebner si rifiutarono di portarvi anche le proprie scorte di uranio e acqua pesante e si installarono a Stadtilm, in Turingia; il KWI per la chimica, diretto da Hahn, si spostò a Tailfingen, sempre nella Germania meridionale, e il gruppo di Hartek a Celle, a nord di Hannover.

Negli ultime mesi della guerra i bombardamenti, l’avvicinarsi dei fronti e l’evacuazione degli istituti resero estremamente difficile la prosecuzione delle ricerche. Il reattore ricostruito a Haigerloch (esperimento B-VIII) produsse i migliori risultati mai raggiunti, ma, non ottenendo regolarmente uranio dalle industrie e anche per la mancanza dei materiali trattenuti a Stadtilm, non riuscì a raggiungere una reazione a catena autosostenuta.

L’unico vero contributo all’energia nucleare dei tedeschi sarà lo sviluppo della tecnologia dell’arricchimento isotopico tramite centrifugazione, che verrà utilizzata a pieno dai russi prima e successivamente in tutto il mondo.

I principali scienziati tedeschi impegnati nel progetto e i materiali presenti a Haigerloch, Tailfingen e Stadtilm vennero catturati (23 aprile-3 maggio 1945) dalla missione militare americana Alsos, istituita dal generale Leslie Groves per raccogliere informazioni sul programma nucleare tedesco, ma soprattutto con l’obiettivo di evitare che scienziati e materiali tedeschi finissero in mano ai francesi o ai russi. Bagge, Diebner, Gerlach, Hahn, Harteck, Heisenberg, Horst Korsching, Max von Laue (premio Nobel per la fisica 1914), von Weizsäcker e Karl Wirtz furono tenuti segretamente in una villa presso Cambridge dal 3 luglio 1945 al 3 gennaio 1946 e tutte le loro conversazioni vennero spiate, per una ricostruzione del programma tedesco.

Vennero così confermati i limitati risultati delle ricerche della Germania, gli errori della loro teoria del reattore e la mancanza di una chiara comprensione della fisica e della tecnologia della bomba, come già scoperto da Samuel Goudsmit, fisico capo scientifico dell’Alsos, dai documenti di von Weizsäcker trovati nel suo studio all’università di Strasburgo, nel dicembre 1944. Gli scienziati tedeschi rimasero comunque convinti fino alla notizia della bomba su Hiroshima di essere stati più avanti degli alleati sia dal punto di vista teorico che sperimentale.