Come si comunica un Festival? Le strategie comunicative del Festival della Divulgazione

Quando si decide di organizzare un Festival, si sceglie di avere a che fare con un gran numero di persone, di perimetrare il pubblico, di studiarlo per muoverlo a condividere un’esperienza di questo tipo.
Alla parola Festival si associa sempre almeno un’altra parola, una specificità del messaggio che porta con sé l’abbinamento. Festival di cosa, Festival come? Questa seconda parte ne attribuisce un’identità e definisce l’argomento d’indagine, il tema che si snocciolerà in un clima piacevole, appassionante e Festivaliero, appunto. Un’operazione apparentemente fluida e naturale, ma che richiede un grande lavoro e un importante sforzo d’immaginazione. Soprattutto se – come nel nostro caso – ci si complica un po’ le cose quando accanto alla parola FESTIVAL si affianca la parola DIVULGAZIONE. Un lessema complesso, di non immediata definizione, di difficile traduzione in altre lingue, non particolarmente piacevole in fonetica, ma che per Liberascienza dopo mesi di lavoro e di riflessione era diventato insostituibile.
La Divulgazione trova più facilmente sponda e rifugio nella scienza, rimandando alla divulgazione scientifica, come se fosse comunemente accettato che l’unica cosa che abbia necessità di essere divulgata sia la scienza, per cui la divulgazione è un filtro per garantirne la comprensione. Se però la divulgazione non si limita a questo, e una delle nostre sfide è stata aprire lo spettro semantico della parola, a quale mondo di riferimento può aggrapparsi l’immaginazione del pubblico rispetto a ciò che avverrà e che fruirà? Quale sarà l’oggetto in questione, il contenuto, il centro d’interesse? Insomma, “Cos’è il Festival della Divulgazione?” è stata la domanda più ricorrente nei mesi precedenti all’evento.
Sicuramente ci siamo trovati difronte ad un disorientamento evocativo cosa che, nel richiamo di un grande numero di pubblico, può rappresentare un aspetto problematico.
Ecco come abbiamo dunque deciso di lavorare, quali strategie comunicative abbiamo messo in campo per la rappresentazione e la realizzazione del nostro Festival.

 

Il logo del Festival della Divulgazione

A cominciare dalla progettazione del visual, non potevamo contare su alcuna iconografia o rimando tematico. Così siamo ricorsi alla trasposizione grafica di un nostro ragionamento che abbiamo definito “la spirale della conoscenza”, ben consci che sarebbe stato leggibile solo attraverso un approfondimento facoltativo da parte del pubblico, ma che comunque ci avrebbe garantito una riconoscibilità e identificazione.

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Del resto, non è forse anche questo il senso della divulgazione? Incuriosire e spingere all’approfondimento. Perché allora non iniziare dal Logo?
È quasi paradossale pensare a come un termine riferito ad un’azione esemplificativa possa essere di così difficile comunicazione. E, ovviamente, un Festival della Divulgazione comunicato nel modo sbagliato non avrebbe potuto che espandere il paradosso.
Quello che bisognava riuscire a trasmettere non era il fascino di un contenuto in particolare, bensì la possibilità di approcciare il sapere, qualunque forma di sapere, in un modo diverso. E che la divulgazione potesse rappresentare uno strumento per migliorare la comprensione del mondo, per orientarsi nella conoscenza e nell’informazione e arricchire la nostra vita. A questo punto, come sarebbe stato possibile resistere?
Difronte a un terreno comunicativo così inesplorato non restava che aprirci completamente alla ricerca e alla sperimentazione.

 

La campagna “Non ho mai capito”

Per svelare l’azione silenziosa della divulgazione, il cui più grande risultato è di metterci sempre a nostro agio difronte ad argomenti complessi, abbiamo provato a comunicare concentrandoci sul tema della “comprensione”.
Qui è servito un espediente comunicativo d’impatto. Ribaltando la famosa frase di Baricco “quando non sai cos’è allora è jazz”, noi invece volevamo poter dire “se hai capito cos’è, allora è divulgazione”. O, ancora, se non comprendi cosa hai davanti è perché manca la divulgazione di quel contenuto e chi lo sta producendo non fa alcuno sforzo per farsi comprendere. Così è nata una campagna-video dall’atmosfera ironica, sui limiti del linguaggio specialistico in contesti inappropriati, come ad esempio i canali di informazione. All’insegna di #nonhomaicapito l’arte contemporanea, così come la scienza, abbiamo collezionato video e contributi riferiti a vari ambiti culturali in cui si abusa del linguaggio tecnico. [Playlist #nonhomaicapito]

 

Il Blog: come ti racconto la divulgazione

A due mesi dall’evento, sul sito del Festival, è stato costruito uno spazio blog – molto prima dell’uscita del programma – dove poter approfondire il senso della divulgazione. Così sono nate tre rubriche.

Rubrica 1: A cosa serve la Divulgazione
Un’occasione da non perdere era quella di chiedere un contributo a divulgatori, ricercatori, scrittori, artisti e insegnanti per acquisire molteplici punti di vista sulla necessità della divulgazione. L’idea di fondo è stata quella di raccontare quanti più mondi possibili in cui questa pratica si rivela indispensabile. Questa iniziativa ha ricevuto subito l’adesione di nomi importanti come Marino Sinibaldi e Tomaso Montanari, per citarne alcuni. [Dal blog: A cosa serve la divulgazione]

Rubrica 2: La galassia dei progetti di Divulgazione
È un viaggio ideale di approfondimento che raccoglie progetti, riviste, esperienze che possano chiarire alcuni interrogativi: Chi si occupa di divulgazione? Come si mette in circolo e in pratica la divulgazione?
[Qui tutti i pianeti della nostra Galassia]
Avete esperienze da segnalarci? Scriveteci!

Rubrica 3: I racconti del Festival
Il pubblico che ha partecipato agli eventi del Festival ha a disposizione uno spazio sul blog per contribuire al dibattito con una propria riflessione sui temi trattati. In questo modo si può generare un ritorno del pubblico dell’esperienza-Festival (ricordate il discorso della spirale?)

 

Il ruolo dei Social Network per il Festival

I social network hanno costituito un ruolo importante, non solo nella diffusione dei contenuti prodotti, ma anche nella promozione degli eventi e nella creazione di un audience digitale attivo.

Twitter
Twitter è stato il canale dedicato al racconto live del Festival. Dopo aver individuato gli influencer sui temi generali e specifici del nostro programma, abbiamo progettato il cinguettio per un racconto condiviso tra pubblico e organizzatori. Quest’operazione ha registrato, nei tre giorni del Festival, tantissimi tweet con l’hashtag #FDD2016. Un interessante risultato del live-twitting si è avuto in particolare nella prima giornata, portando l’hashtag del Festival nei Trend Topic di Twitter. Abbiamo studiato anche alcune azioni volte a spronare ulteriormente il pubblico all’interazione: dalla possibilità di porre domande attraverso un tweet ai relatori intervenuti al Festival, come ad esempio è avvenuto durante l’intervento di Amedeo Balbi, fino ad attivare un social contest per invogliare i più giovani ad esprimersi sulla divulgazione in 140 caratteri.

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Facebook
Facebook è stato il canale scelto per entrare in contatto con il pubblico e iniziare a costruire insieme una community di persone legate al tema della divulgazione. È con questo obiettivo che sono state realizzate azioni come:
– la proposta di vari #tipsandtricks, suggerimenti in pillole su come la trasversalità e la contaminazione del sapere possano sortire una migliore divulgazione; (vedi immagine)
– la raccolta e la condivisione di articoli sulla necessità dello sviluppo della professione di divulgatore e sulla diffusione della divulgazione in luoghi non convenzionali;
– una Call per richiamare volontari e ampliare la partecipazione organizzativa;
– la raccolta delle opinioni del pubblico, al fine di ottenere un feedback a conclusione del Festival, da usare anche come spunto per progettare l’edizione del 2017.

consigli

Che cosa resta della prima edizione del Festival? La maggior parte degli eventi sono stati ripresi integralmente. I video saranno tutti fruibili e disponibili sul nostro sito dove stiamo costruendo la community della divulgazione. Vogliamo creare una rete fitta di persone, associazioni e realtà che costruiscano assieme a noi un’azione di advocacy per la divulgazione. Esiste, secondo noi, una responsabilità da stimolare verso la facilitazione dell’accesso al sapere.

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Il futuro del Festival

Già da questa prima edizione abbiamo cercato di non far divenire il Festival un evento magari interessante, accattivante, ma autocelebrativo: non è forse un rischio in cui possono incorrere le manifestazioni di questo tipo? Certo, il risultato è ancora lontano dall’essere raggiunto, ma riteniamo che la riflessione comunicativa e di contenuto debba ruotare nei prossimi anni attorno ai seguenti punti:

1. Lavorare molto, e in modo strutturato, sulla professionalizzazione del divulgatore. Ci stiamo muovendo in un settore professionale nuovo che può e deve innovarsi e innestarsi sul mercato del lavoro.
2. Creare una community dei divulgatori, non solo scientifici, e dare vita ad un progetto di valenza nazionale di buone pratiche al riguardo.
3. Far crescere la percezione sociale del ruolo dei divulgatori e della scienza nella nostra società, mostrando quale sia il loro impatto culturale, economico e sociale.
4. Ripensare alle strutture organizzative dei Festival, alle pratiche di comunicazione, al coinvolgimento attivo e innovativo dei privati e della pubblica amministrazione che non possono e non devono ridursi a semplici rogatori di finanziamenti e/o sponsorizzazioni.

Un lunga strada che, però, è già iniziata con piccoli e significativi passi.