Medio Oriente e Nord Africa

Il Mediterraneo è il mare della scienza. Sulle sue sponde la scienza è nata, in epoca ellenistica, e si è a lungo sviluppata. Per molti e molti secoli Alessandria d’Egitto è stata il cuore della cultura scientifica: nella sua Biblioteca hanno lavorato Euclide, Aristarco, Erone, Eratostene, Ipazia. Ma la scienza ellenistica non si esauriva nelle attività delle città egiziana. Archimede è nato e ha operato a Siracusa, in Sicilia. Ipparco è nato a Nicea e ha operato per buona parte della sua vita a Rodi. La scienza ellenistica è stata una scienza mediterranea. E, ancora, è a Damasco in Siria che è iniziata quell’opera di traduzione dei classici della scienza ellenistica che è stato il  fulcro su cui hanno fatto leva gli scienziati islamici per realizzare una nuova e lunga esplosione creativa. Ed è al Mediterraneo che ha attinto l’Europa per prendere il testimone e dare origine alla scienza moderna. Non a caso il primo “scienziato europeo”, il matematico Leonardo Fibonacci, vissuto tra il XII e il XIII secolo, si è formato di Bugia in Cabilia (l’odierna Behaia, in Algeria) prima di portare i numeri moderni e l’algebra più avanzata nella sua Pisa.

Oggi il Mediterraneo vive in una processo di grande trasformazione, ma pieno di contraddizioni. Da mesi sul Nord Africa spirano venti così carichi di speranza da annunciare, secondo molti osservatori, una grande primavera. Lungo le coste a Est del Mediterraneo, nel Medio Oriente, questi venti incontrano diversi ostacoli inattesi. La Turchia è in una fase di grande e veloce crescita economica. I paesi mediterranei dell’Unione  Europea, invece, sono in una fase di difficoltà, soprattutto finanziaria.

Anche lo scenario scientifico è molto diversificato. Francia a parte, i paesi del nord del Mediterraneo, hanno le strutture e le performance scientifiche meno brillanti d’Europa. A est c’è un paese, Israele, che invece vanta la maggiore intensità di investimenti in ricerca del mondo. E ce n’è un altro, la Turchia, in cui lo sviluppo scientifico è in una fase di crescita tumultuosa, ma non ancora ben ordinata. Egitto e Tunisia sono tra i paesi africani con la maggiore attività scientifica. Tuttavia il ritardo anche della sponda meridionale del Mediterraneo lamentano nei confronti di quelli della sponda settentrionale, di Israele e ora della Turchia, ma anche del resto del mondo è notevole.

Occorrerebbe che questa realtà scientifica così diversificata e così frammentata iniziasse un percorso di integrazione. Per almeno due motivi. Perché il linguaggio scientifico è universale e l’integrazione scientifica favorisce i rapporti pacifici e addirittura prelude a una più generale cooperazione. Non a caso, dopo la seconda guerra mondiale, la prima realizzazione comune dei paesi europei usciti distrutti dal conflitto è stato il CERN di Ginevra, preludio alla costituzione del Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e poi della stessa Unione Europea.

Inoltre la scienza è sempre più la leva per lo sviluppo economico. E tutta l’area mediterranea ha interesse a sviluppare una ricerca scientifica più integrata per favorire una comune e più integrata crescita economica. Senza questa integrazione attraverso la scienza difficilmente i paesi del Mediterraneo potranno partecipare da protagonisti alla competizione – che è auspicabile sia sempre più solidale – nell’economia globale.

In definitiva, come è successo più volte in passato, il Mediterraneo può dare ancora molto alla scienza e la scienza può dare ancora molto al Mediterraneo.

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