Un’agenda per Bagnoli – L’articolo di Vincenzo Lipardi su Repubblica, 14 marzo

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Caro direttore, quando il commissario arriverà a Bagnoli cosa troverà? Che la variante al piano regolatore targato De Lucia-Bassolino è fallita per eccesso di utopia, per mancanza di un vero progetto di fattibilità, per la sua impossibile attuazione. Troverà che l’ area ex Ilva è stata sequestrata dalla magistratura. L’area ex Ilva è diventata una terra di nessuno, una zona morta; dopo due anni è un luogo di leggende e dicerie, aperto alle scorribande di ladri ed incendiari, dove l’immobilismo regna sovrano, con tante opere che muoiono come il Parco dello Sport e il Turtlepoint. Il commissario, cui subito ci mettiamo a disposizione per costruire un nuovo progetto – condiviso in primis dalle istituzioni locali (Comune e Regione) e nel contempo dalla cittadinanza – troverà veleni, falsi dossier e tante parole, perché Napoli è una città povera, e che sembra incapace di affrontare la sua crisi, di prendere in mano il proprio destino. Una città che ciclicamente torna indietro ed il parallelismo con il dibattito che animò Napoli nel 1904 è impressionante. Al bellissimo progetto di Lamont Young che immaginava un destino tutto turistico per Bagnoli e per Napoli, si oppose la strategia di Francesco Saverio Nitti, che contrappose a quell’arcadia (e comunque quello di Lamont Young era un progetto serio con tanto di costi e piano di gestione, bocciato alla fine dal prudente e saggio consiglio comunale di quel tempo) una semplice verità: Napoli era una città povera che se non voleva implodere doveva aprirsi alla modernità, al lavoro, all’industria. Vinse Nitti e, partendo da Bagnoli, Napoli diventò una città di operai, tecnici, ingegneri; passò dalla cultura e pratica dei piaceri a quella dei diritti e dei doveri, insomma divenne una città moderna, aperta, solidale, europea diremmo oggi. Poi la crisi di un modello e l’attualità. Il commissario troverà il male a Bagnoli, ma anche il bene; il tanto lavoro che viene fatto da chi non è fuggito e non è stato travolto, da chi opera giorno per giorno, nonostante condizioni ambientali non brillanti. Il commissario, se dopo lo sconforto guarderà nella nebbia, troverà che la risposta alla crisi di Bagnoli è già in nuce presente a Bagnoli, facendo diventare politica industriale quello che già viene espresso dalla parte più avanzata del territorio stesso, guardando nel contempo alle esperienze delle grandi città europee ed oltre. Il lungomare di Bagnoli è naturalmente un luogo di attrazione turistica, basta bonificare il mare, creare una spiaggia artificiale, rafforzare gli attrattori turistici come il nuovo Science Centre di Città della Scienza (che a regime porterà circa 500.000 visitatori all’anno a Bagnoli), i lidi e i locali già esistenti (si pensi all’arenile), realizzando la fermata della metropolitana e nuovi servizi, creando parcheggi e naturalmente alberghi. Il lato interno di Bagnoli (ma lo stesso vale per tutti i Campi Flegrei, dall’ex Nato all’ex Olivetti, ecc.) deve diventare uno dei due poli del Parco scientifico e tecnologico di Napoli, mentre l’università sta realizzando nell’area ex Cirio a San Giovanni il polo della ricerca della città; un’area industriale che invece di maneggiare acciaio e materie inquinanti, maneggi conoscenza e ricerca e crei migliaia di posti di lavoro qualificati. I Campi Flegrei sono già la sede del complesso scientifico napoletano, dei campus di Ingegneria, Fisica, ed Economia della Federico II, di Centri di ricerca di assoluto valore mondiale, della Rai e della Mostra d’Oltremare (che deve tornare a svolgere il suo ruolo di Ente fieristico). Riempire i vuoti industriali di nuova economia, di innovazione – e non di case – è quello che fanno tutte le grandi città del mondo, da Pechino a Parigi; e ciò che si è fatto in Germania (pensiamo a Brema e alla sua risposta alla crisi dell’area portuale) e negli Stati Uniti, come dimostra Boston. Si può fare anche a Bagnoli? Certo, si sta già facendo. Città della Scienza ha inaugurato, a novembre del 2014, a via Diocleziano, l’area industria della conoscenza, in uno stabile di 3.000 metri quadri del palazzo Ice Snei. Un polo che raccoglie 22 aziende hi-tech nate e sviluppatesi nell’Incubatore di Città della Scienza e che ha al suo attivo 20 brevetti dando lavoro a 250 persone. Il tutto con risorse private. Nel contempo, altre 10 start up si sono insediate nell’Incubatore di Città della Scienza e grazie ad un programma realizzato in sinergia con la Federico II a fine anno si spera che possano arrivare a 35. Sempre a Bagnoli è nato il centro commerciale naturale che raccoglie oltre 100 aziende locali. Appare chiaro che se vi fosse una politica di marketing territoriale, di valorizzazione del marchio Napoli, di attrazione d’impresa, di valorizzazione ambientale e produttiva del territorio, di investimento pubblico-privato nei settori dell’innovazione, Bagnoli (e Napoli Est), potrebbero diventare il più grande parco scientifico del Mezzogiorno e nel contempo un grande parco verde che si affaccia sul mare. Insomma il Commissario può aiutare, ma è ora che la città prenda in mano il proprio destino.
Vincenzo Lipardi, Consigliere Delegato di Città della Scienza

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