L’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento scolastico: un caso-studio sull’Evoluzionismo

L’analisi dell’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento scolastico e le prestazioni degli studenti rappresenta un classico argomento di indagine in cui le competenze pedagogiche, sociologiche e antropologiche si sovrappongono e interagiscono. Già nell’ultimo scorcio del diciannovesimo secolo, lo studioso statunitense John Dewey, nel suo The school and society, chiariva come la pedagogia dovesse porsi l’obiettivo di collegare la scuola alla vita sociale, in modo così da renderla parte di un sistema plurimo composto da altre istituzioni formative come la famiglia, il lavoro, l’ambiente e la cultura. Nel corso del Novecento le relazioni fra apprendimento scolastico dei giovani studenti, background familiare e contesto sociale verranno a più riprese trattati da numerosi studiosi. Basti pensare al culturalismo dello psicologo russo Lev Vygotskij, per il quale l’apprendimento poteva essere visto come un processo che si delinea sulla base del contesto sociale e culturale, oppure alla psicologia culturale di Jerome Bruner, con la quale l’antropologia, ancora una volta, torna a dialogare con la pedagogia. Bruner affermava che le scelte del metodo e dei contenuti dell’insegnamento non potevano non essere dipendenti dalla cultura di appartenenza di insegnanti e allievi.

Il nesso fra condizioni socio-culturali e livello di apprendimento scolastico rappresenta ancora oggi un aspetto dibattuto in numerose ricerche condotte sia in Italia sia in altri paesi europei. Il sistema scolastico italiano attraversa un periodo di crisi e di inadeguatezza che le recenti indagini compiute su scala europea hanno messo in luce, soprattutto per quanto concerne la questione dell’equità e ciò che da essa deriva. Ci riferiamo in particolare all’abbandono, alla dispersione scolastica e ai problemi di apprendimento. Recentemente il Groupe Européen de Recherche sur l’Equité des Systèmes Educatifs (GERESE) ha sviluppato un sistema di indicatori che tengono conto sia della carriera che dell’apprendimento. L’analisi dei risultati ottenuti dimostra come l’Italia sia chiaramente indietro rispetto alla media europea, in particolare riguardo ai tassi di abbandono e di ritardo nella scuola secondaria e, fatto non meno importante, per le disuguaglianze in base all’origine sociale. Nonostante il problema dell’apprendimento scolastico in alcuni contesti territoriali risulti addirittura drammatico, le istituzioni sembrano tenere in scarsa considerazione la sua risoluzione, focalizzando l’attenzione soprattutto su altri aspetti, anch’essi di portata tutt’altro che secondaria, come l’innovazione e la qualità. Daniele Checchi, Carlo Fiorio e Marco Leonardi, nel loro articolo Sessanta anni di istruzione in Italia pubblicato nel 2006 sulla “Rivista di Politica Economica”, hanno messo in evidenza come nel contesto italiano vi sia una correlazione significativa fra il grado di scolarità dei genitori e dei figli, suggerendo l’importanza dell’aspetto economico per l’interpretazione di tale dato. Con esso gli autori di questo studio si riferiscono soprattutto alle maggiori possibilità che una condizione economica favorevole può offrire ai giovani studenti in termini di stimolazione culturale extra-scolastica, di maggiore attenzione da parte dei genitori ai risultati scolastici conseguiti dai figli e di modelli di ruolo da seguire. Anche il più recente Rapporto Nazionale del Programme for International Student Assessment (PISA) del 2009, in riferimento all’indice di Status socio-economico e culturale (ESCS), ha confermato questa tendenza, mettendo in luce come siano gli studenti delle regioni economicamente più avanzate ad ottenere i risultati migliori.

Ulteriori ostacoli all’apprendimento possono provenire dall’interno del sistema scolastico e possono essere di varia natura. Riguardo alle incomprensioni fra studenti e docenti di discipline scientifiche, recenti studi hanno suggerito alcuni casi relativi ad insegnanti che, nello svolgere la loro attività in classe, sono guidati da pregiudizi sulla veridicità dei principi e dei concetti previsti dal programma scolastico che essi debbono svolgere. Gli stessi autori hanno discusso inoltre particolari situazioni in cui i docenti, nello spiegare in classe specifiche teorie scientifiche, possono essere influenzati da personali convinzioni, facendo risultare agli studenti tali concetti non sufficientemente importanti da dover essere trattati con la dovuta accuratezza. Linee di condotta di questo genere sono senza dubbio responsabili della comparsa di incomprensioni e dubbi fra gli studenti. Una seconda fonte di difficoltà di apprendimento è stata individuata nell’eccessiva semplificazione alla quale alcuni libri di testo e documentari ricorrono, provocando così l’effetto opposto dello sperato, rendendo cioè ancora più complicata la comprensione degli argomenti trattati. Una terza tipologia di ostacolo all’apprendimento, particolarmente presente nel caso delle materie scientifiche, è stata recentemente associata ai cosiddetti pregiudizi cognitivi, i quali possono in certi casi essere così determinanti da impedire la piena comprensione dei fondamenti teorici. Da ciò derivano particolari predisposizioni alla riluttanza ad accettare la validità dei concetti alla base delle teorie scientifiche.

Come abbiamo precedentemente accennato, oltre all’influenza del ruolo familiare e del contesto scolastico, è di notevole importanza tenere in considerazione l’influenza che il contesto socio-culturale in cui crescono, vivono e interagiscono i giovani studenti può esercitare sulle loro prestazioni scolastiche. Infatti, l’identificazione delle condizioni di diversità fra coorti di studenti è stata ampiamente affrontata nella ricerca pedagogica come strumento efficace per l’indagine degli effetti dell’ambiente sociale sull’apprendimento scolastico. Sulla base di queste premesse, nel corso dell’anno scolastico 2009-2010 abbiamo indagato il grado di apprendimento della teoria evoluzionistica e dei fattori biologici e culturali caratterizzanti la diversità umana in un campione di studenti dei licei della città di Roma (Rufo et al., 2013; Capocasa et al., 2015). Nel condurre la ricerca abbiamo focalizzato la nostra attenzione soprattutto sull’influenza del background personale e dell’ambiente familiare sull’apprendimento di questi importanti aspetti del sapere biologico e antropologico. La scelta di questo caso studio è stata compiuta essendo consapevoli dal fatto che l’insegnamento della teoria dell’evoluzione rappresenta una delle più eccitanti sfide per i docenti di scienze delle scuole superiori, alla luce delle innumerevoli implicazioni interdisciplinari che questo argomento permette di esplorare. Proprio questa marcata componente interdisciplinare offre l’opportunità di indirizzare la presentazione delle tematiche biologiche connesse in vari ambiti ai principi dell’evoluzionismo (antropologia, zoologia, botanica) verso la definizione di un background teorico comune. La comunità scientifica ha riconosciuto a più riprese il potenziale formativo/educativo dell’evoluzione nella preparazione delle nuove generazioni di studenti, basandosi su una robusta base epistemologica. L’importanza di indagare questo particolare caso studio nel contesto della scuola italiana è stata confermata anche dalla volontà delle istituzioni locali, nella fattispecie la Provincia di Roma, che ha finanziato la ricerca con la convinzione che i risultati da essa ottenibili avrebbero potuto fornire utili informazioni al fine di aggiornare i Presidi, i docenti e gli stessi studenti verso la pianificazione di percorsi di lavoro comuni, mirati ad una maggiore comprensione di concetti che sono spesso risultati di difficile assimilazione.

 

Aspetti metodologici e risultati descrittivi dell’indagine

L’indagine è stata condotta nelle classi quinte di cinque licei scientifici e quattro licei classici della città di Roma. Il progetto di ricerca, i suoi scopi e le modalità di realizzazione sono state presentate e discusse in dettaglio con i Presidi, gli insegnanti e gli studenti degli Istituti scolastici che hanno aderito all’iniziativa. Questa fase preliminare è stata condotta allo scopo di coinvolgere attivamente i volontari partecipanti, di offrire una chiara rappresentazione di tutti gli aspetti dell’indagine e di ottenere quindi un consenso alla partecipazione e l’accesso alle scuole e alle classi. All’indagine hanno aderito 1108 studenti (51,1% maschi, 48.9 femmine). Del totale dei partecipanti, 728 provenivano dai licei scientifici, mentre 380 dai licei classici. Il questionario consisteva di 24 domande (a risposta multipla o dicotomica, solo una delle quali era esatta), organizzate in quattro sezioni (1. L’età della Terra e l’evoluzione della specie, 2. L’evoluzione di Homo sapiens, 3. La diversità umana; 4. Background personale e familiare), ognuna con 6 quesiti. I docenti delle scuole sono stati coinvolti nella stesura del draft finale del questionario al fine di verificare la congruenza degli argomenti trattati con i contenuti dei programmi scolastici. L’analisi statistica è stata condotta utilizzando il software SAS (ver. 9.2 SAS Institute Inc, Cary, NC). È stato adottato un indicatore quantitativo (punteggio complessivo) utile a riassumere la correttezza delle risposte fornite dagli studenti (per maggiori dettagli si veda la sezione Methods in Rufo et al., 2013). La variabile “punteggio complessivo” è stata suddivisa in sei classi (P <60, 60< P ≤65, 65< P ≤70, 70< P ≤75, 75< P ≤80, P >80) per l’analisi delle relazioni tra classi di punteggio e variabili strutturali (Rufo et al., 2013), mentre è stata suddivisa in due classi (P≤75, cioè i primi tre quartili della distribuzione, e P>75, cioè il quarto quartile) per l’indagine delle relazioni fra punteggi ottenuti dagli studenti e il loro contesto socio-culturale, vale a dire scolarità genitoriale e contesto urbano (Capocasa et al., 2015).

Un primo risultato preliminare riguarda il fatto che l’analisi dei punteggi complessivi non ha mostrato significative differenze di genere. Si tratta di un particolare non trascurabile, in un contesto come quello della città di Roma dove ancora oggi marcate disuguaglianze di genere persistono a livello sociale. L’indagine ha rivelato un buon grado di conoscenza dei concetti dell’evoluzione. Il processo evolutivo è stato percepito come un fenomeno che richiede la concettualizzazione di un tempo profondo nel quale la storia naturale e la storia umana non coincidono. Gli studenti hanno dimostrato di interpretare le diversità esistenti fra gruppi umani come il risultato della decisiva azione congiunta di fattori sia biologici sia culturali. Coerentemente con questo risultato, la maggior parte dei partecipanti (92,6%) afferma la non esistenza della superiorità intellettiva. Tuttavia, quando è stato toccato il tema del successo delle grandi civiltà in epoca storica, più della metà degli studenti ha invece fatto ricorso ad una concezione classificatoria delle popolazioni umane basata sull’esistenza di una supposta superiore abilità intellettiva. Questa incongruenza dimostra le difficoltà che studenti dell’ultimo anno di liceo possono incontrare nel collegare l’evoluzione biologica al progresso culturale della specie umana. Tuttavia, questo non può essere considerato come un risultato sorprendente in quanto la coevoluzione fra geni e cultura non è un argomento che viene solitamente trattato in maniera dettagliata nei corsi di scienze delle scuole superiori italiane, nonostante il dibattito scientifico sulla teoria della doppia eredità dei tratti genetici e culturali sia stato ampiamente sviluppato negli ultimi tre decenni. È stato inoltre chiesta agli studenti la loro posizione riguardo all’esistenza delle razze umane. Solamente il 29,8% afferma che le razze umane non esistono, mentre quasi la metà (44,8%) crede che il concetto di razza umana sia supportabile da un punto di vista biologico. Si tratta di un risultato particolarmente rilevante, in considerazione dell’ormai universale accettazione dell’inconsistenza scientifica del concetto biologico di razza umana. Questo risultato meriterebbe un approfondimento, soprattutto per comprendere le ragioni per le quali un fatto che la comunità scientifica non mette attualmente più in discussione non sia ancora trasmesso ai giovani studenti con la dovuta incisività, vista anche l’importanza sociale che la comprensione di tale principio comporta.

 

L’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento: I. L’ambiente familiare

L’ambiente familiare è uno dei principali fattori coinvolti nel determinare le differenze interpersonali nei livelli di apprendimento scolastico. Genitori maggiormente istruiti possono infatti seguire in maniera più efficace i progressi dei propri figli. Inoltre, in Italia e in altri contesti socio-culturali è stata individuata una positiva correlazione fra livello di scolarità genitoriale e reddito familiare. Ciò influenza ancora di più l’efficacia dell’apprendimento scolastico, grazie alla maggiore disponibilità di risorse per l’apprendimento che famiglie a reddito alto possono destinare per favorire la preparazione scolastica dei propri figli rispetto a famiglie a basso reddito. L’influenza dell’istruzione dei genitori sull’apprendimento scolastico dei loro figli può avvenire sia direttamente, cioè seguendo in modo più costante e concreto la loro attività scolastica, sia indirettamente, soprattutto secondo dinamiche di imitazione. Il livello di scolarità genitoriale si è confermata essere una variabile strutturale altamente significativa anche nella nostra indagine. Infatti, il 66,5% degli studenti che hanno ottenuto alti punteggi (maggiori del terzo quartile della distribuzione; P>75) avevano almeno un genitore laureato, mentre il 52,4% degli studenti con punteggi bassi (nel primo quartile; P≤65) erano figli di genitori che al massimo avevano conseguito il diploma di scuola superiore. Il background familiare è quindi decisivo nell’apprendimento scolastico dei giovani studenti e, di consenguenza, anche per lo sviluppo dei loro interessi culturali. Nonostante i profondi cambiamenti socio-demografici che l’Italia ha vissuto negli ultimi decenni, la famiglia rimane una componente decisiva della struttura sociale ed economica del Paese. La prova della persistenza della famiglia nel tessuto sociale italiano può essere cercata, ad esempio, nel numero di figli maggiorenni che continuano a vivere con i propri genitori (circa uno su quattro, fra i 18 e i 33 anni di età; fonte: http://www.worldvaluessurvey.org), nella vicinanza delle coppie sposate ad una delle famiglie di origine (solitamente quella della moglie) e nel supporto economico che queste ultime continuano a dare ai loro figli, anche dopo il matrimonio. Tutto ciò conduce spesso, in Italia più che in ogni altro Paese Europeo, a quello che viene definito comunemente come familismo, una particolare relazione tra famiglia, società civile e Istituzioni, dove i valori e gli interessi della famiglia sono preferiti a qualsiasi altro impulso proveniente dalla coesistenza umana pubblica.

 

L’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento: II. L’ambiente sociale

Lo stesso dataset è stato nuovamente analizzato al fine di individuare eventuali discontinuità tra coloro che vivono e vanno a scuola nella periferia romana e quelli che invece risiedono nel centro storico e frequentano le scuole dei quartieri centrali della città. La percentuale di studenti frequentanti istituti scolastici in aree periferiche della città che hanno ottenuto punteggi compresi nel quarto quartile della distribuzione (P>75) è risultata essere significativamente inferiore a quella degli studenti appartenenti a scuole del centro (21,8% contro 33,2 %; χ2=7,623, Df=1, p=0,005). È interessante notare come il 72,1% di questi ultimi abbia almeno un genitore laureato, mentre il 50,8% degli studenti di periferia siano figli di genitori al massimo diplomati. Si tratta certamente di un risultato preliminare che richiederà ulteriori e più approfondite analisi per poterne comprendere meglio le ragioni e le particolarità dei diversi micro-contesti urbani presi in considerazione. Tuttavia un’evidenza di questo tipo, il linea con quelli di altri studi condotti in altri Paesi e riguardanti argomenti differenti dall’evoluzione biologica, suggerisce per il contesto sociale un ruolo decisivo tra le possibili influenze al quale uno studente può essere sottoposto nel corso del suo percorso di formazione scolastica. Va detto inoltre che questa tipologia di ricerche non è esente da rischi e da forti difficoltà nel discriminare fra gli effetti di altri fattori concomitanti. Basti pensare, nel caso specifico dell’insegnamento dell’evoluzione umana, all’influenza sul grado di apprendimento dei pregiudizi psicologici se non addirittura dell’impreparazione dei docenti. Per non parlare dei libri di testo e dei media che spesso forniscono nozioni semplicistiche, causando fraintendimenti non sempre semplici da risolvere. Vanno infine tenute in considerazione anche le distorsioni cognitive che impediscono la piena comprensione, da parte degli studenti, dei fondamenti epistemologici dell’evoluzione biologica.

 

Osservazioni conclusive

I risultati della nostra ricerca hanno messo in luce alcune utili raccomandazioni che possono contribuire a calibrare l’attività didattica dei professori delle scuole superiori, oltre che degli sviluppatori dei curricula scolastici, sulla base di ciò che gli studenti dimostrano di apprendere sull’evoluzione e la diversità umana. Una prima osservazione riguarda le pratiche di trasmissione del sapere in classe: i concetti teorici alla base della teoria evolutiva risultano a volte essere contro-intuitivi e per una loro migliore comprensione sarebbe opportuno integrare le lezioni in classe con attività di laboratorio. L’implementazione dei corsi con attività di questo tipo e con i necessari approfondimenti non è tuttavia realisticamente attuabile se prima non si opera a livello istituzionale. Si potrebbe innanzitutto partire dall’aggiornamento dei programmi scolastici che, come è stato in precedenza mostrato, non menzionano specificamente la teoria e le basi biologiche dell’evoluzione e della diversità umana. Si tratterebbe di un passaggio estremamente importante perché contribuirebbe a contrastare e a prevenire la diffusione delle ideologie razziste già in una fase decisiva del percorso formativo dei giovani studenti. Infatti l’inconsistenza scientifica del concetto di razza nella specie umana ancora oggi, nonostante sia stata ampiamente dimostrata e le sue evidenze divulgate a vari livelli, stenta a divenire un portato culturale universale. Nel contesto italiano si tratta di un aspetto di notevole importanza a livello di integrazione sociale, in un Paese che sta vivendo una profonda e rapida trasformazione verso una società più compiutamente multietnica e multiculturale e dove l’intolleranza verso il diverso e forme elementari di razzismo contemporaneo sovente si verificano proprio fra i più giovani. La diversità umana, quando diviene oggetto di insegnamento scolastico, svela ancora di più la sua natura intrinsecamente interdisciplinare che, come abbiamo visto, attraversa le scienze “dure” per poi coinvolgere in maniera diretta le scienze sociali e umane. Per questa ragione necessiterebbe del più ampio supporto e della collaborazione degli insegnanti sia di materie scientifiche sia di quelle umanistiche. Una tale unità d’intenti può rappresentare un valido sostegno per gli studenti dei licei che, anche da quanto emerso dalla nostra ricerca, incontrano difficoltà non trascurabili nel collegare e, allo stesso tempo, nel distinguere, l’evoluzione biologica e il progresso culturale della specie umana.

Volendo tentare una generalizzazione di ciò che è emerso dalla nostra indagine, vanno innanzitutto tenuti in considerazione i rischi e le forti difficoltà nel discriminare fra gli effetti dei vari fattori concomitanti che abbiamo già ampiamente messo in evidenza. Oggi, come oltre cento anni fa al tempo delle inchieste di Maria Montessori, la ricerca sull’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento scolastico continua a mettere in risalto le difficoltà degli insegnanti nel livellare le differenze fra studenti di diversa estrazione sociale e più in generale della scuola, repressiva delle capacità individuali degli allievi e noncurante delle difficoltà dei più svantaggiati. I risultati delle recenti ricerche del PISA del 2006 e del 2009 mostrano impietosamente come il sistema scolastico del nostro Paese sia addirittura complice di un consolidamento e di un ampliamento delle differenze socio-economico-culturali esistenti. Mettere in luce questa continuità dimostra ulteriormente quanto siano necessari investimenti in campo educativo, in particolare indirizzati a favorire gli studenti più svantaggiati (ad esempio borse di studio, quote di accesso), se si vogliono ridurre quanto più possibile gli effetti delle caratteristiche sociali e culturali sulle disuguaglianze nei livelli di apprendimento. Al tempo stesso, sarà importante continuare ad indagare in questo ambito, ampliando la ricerca sia dal punto di vista geografico che socio-economico e nel merito di altri ambiti disciplinari, al fine di ottenere una visione più esaustiva delle dinamiche coinvolte nei processi di interazione fra fattori socio-culturali e apprendimento scolastico.

 

Pubblicazioni di riferimento

Rufo F, Capocasa M, Marcari V, D’Arcangelo E, Danubio ME, 2013. Knowledge of evolution and human diversity: a study among high school students of Rome, Italy. Evolution: Education and Outreach 6:19.

Capocasa M, Marcari V, D’Arcangelo E, Danubio ME, Rufo F, 2015. Evaluation of socio-cultural factors in the learning of human evolution in the urban context of Rome. Anthropological Notebooks 21(2):91-96.