Paolo Budinich: la forza del leone, la perseveranza del bambino, la spregiudicatezza del pirata

La forza del leone, la perseveranza del bambino, la spregiudicatezza del pirata

“A me piace pensare la vita come un viaggio in un paese arcano e sconosciuto, che intraprendiamo forniti di un mezzo, che io, nato su un’isola, immagino simile a una barca. A tutti raccomando caldamente di cercare, scoprire e frequentare questo arcipelago delle meraviglie; vi assicuro che davvero ne varrà la pena.”

Paolo Budinich, L’arcipelago delle meraviglie

Con queste parole si conclude l’autobiografia di Paolo Budinich, straordinario uomo di scienza e cultura che ha forgiato la storia della città di Trieste dal secondo dopo guerra a oggi. La Trieste di oggi, conosciuta nel mondo come la città della scienza e da molti presa a modello da imitare, gli deve moltissimo.

Paolo Budinich era una persona di una forza incredibile. Questo, secondo me, è la caratteristica che più colpiva. Irresistibile. Una gran testa che sembrava un leone.

La storia comincia a Lussino, che nel 1916, anno della nascita di Paolo Budinich, è austriaca. Due anni più tardi, quando i Budinich si trasferiscono a Trieste, è italiana. Nel 1946 diventa yugoslava e infine croata. La famiglia viene dal mare. E infatti, oltre alla scienza e al sapere in generale, il mare sarà la sua grande passione. Dopo la maturità scientifica, rinuncia a una carriera in una compagnia di navigazione e decide di studiare fisica, anche se il suo vero amore è la filosofia: si laurea alla Scuola Normale di Pisa nel 1939. La guerra, di cui sperimenta in prima persona l’orrore, interrompe i suoi progetti per sette anni: prima sommergibilista, poi marinaio, pilota di aerei, e infine prigioniero in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Tornato a Trieste, trova fame, miseria e paura. Da porto asburgico di un impero in espansione, Trieste si è trasformata in una piccola città ai margini di un paese da ricostruire. Senza una precisa vocazione. Budinich sceglie la scienza: internazionale, solidale, capace di rompere e superare le barriere. “L’alta cultura è naturale nemica di ogni forma di nazionalismo, facilmente si espande oltre i confini senza che nessuno possa fermarla”, scrive Budinich. Principi che sono oggi più necessari che mai.

Diventa direttore del Dipartimento di Fisica della neonata università. Per smorzare le tensioni nazionaliste, placare la sofferenza e l’odio, e fare uscire Trieste dall’isolamento in cui era finita dopo le due guerre, decide di fare della sua città il centro di una rete internazionale di scienziati. Coinvolge alcune università amiche e alcuni dei migliori fisici dell’epoca con i quali ha avuto occasione di collaborare: Heisenberg, Pauli, Dirac, Bohr e altri.

È un’idea dirompente: se oggi siamo abituati a pensare alla scienza come a un’impresa collettiva e internazionale, allora le cose erano ben diverse. La ricerca era tradizionalmente un’attività fatta da piccoli gruppi con finanziamenti limitati, e pochi scambi internazionali. Il progetto Manhattan aveva cambiato la prospettiva, ma seppure era stato, sì, il primo grande progetto scientifico collettivo aveva avuto uno scopo bellico. Molti sentivano che si doveva riparare a questo peccato, che la scienza doveva riabilitarsi.

Cogliendo questo spirito, insieme a un manipolo di visionari, decide di impegnarsi per portare a Trieste un centro di fisica internazionale di eccellenza con la bandiera delle Nazioni Unite aperto a tutti i fisici del mondo ma non ai militari.

Mette in campo la politica nazionale e locale, trovando appoggi generosi e lungimiranti, coinvolge tutti i suoi amici scienziati, mobilitando i più sensibili alla causa. E poi arriva Abdus Salam: fisico pakistano che lavora all’Imperial College di Londra e che unisce le sue forze all’impresa. Insieme generano un’ondata inarrestabile che supera tutti gli ostacoli.

Il progetto di Budinich ha un altro aspetto innovativo: il centro dovrà avere la missione di sostenere la formazione di scienziati eccellenti provenienti dai paesi più poveri e di favorire il loro ritorno nei paesi di origine per contribuire al loro sviluppo. Un progetto che va contro l’idea, ancora oggi radicata, di una scienza elitaria e colonialista che in fin dei conti contribuisce all’ulteriore deprivazione dei paesi poveri e che mette le persone dotate di fronte a un terribile dilemma: o accettare le offerte di università prestigiose e abbandonare il proprio paese di origine, o lasciare la ricerca.

Con la sua forza e la sua perseveranza riesce a battere la concorrenza di candidate molto più forti, sostenute da Stati Uniti e da altre potenze, e Trieste avrà il suo Centro Internazionale di Fisica Teorica (ICTP): ma ve la immaginate oggi una cosa del genere? L’ICTP inaugura nel 1964, e da allora per le sue aule e i suoi laboratori sono passati più di 150.000 scienziati e scienziate di tutti i paesi, contribuendo alla rinascita di Trieste e allo sviluppo di gruppi di ricerca di alto livello in paesi poveri.

La direzione dell’ICTP è subito affidata ad Abdus Salam, qualche anno dopo Premio Nobel per la Fisica. Certo, perché Paolo Budinich, una volta raggiunto il successo, non se lo tiene per sé. Lui comincia immediatamente un’altra impresa. Ecco che così prende vita anche la SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) — l’ancora di salvataggio necessaria alla stabilità dell’ICTP e primo luogo in Italia dove si potesse ottenere il dottorato di ricerca internazionale. Seguiranno poi l’Area Science Park, l’ICGEB (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology), il sincrotrone Elettra, The World Academy of Science (TWAS) e altri ancora. Grazie a questa rete di istituti internazionali, da Trieste sono passate personalità eccezionali che, senza la presenza di Paolo Budinich e del sistema che lui ha saputo creare, non avrebbero nemmeno sfiorato questa città. Dato che da cosa nasce cosa, di questa rete internazionale ne hanno beneficiato anche l’Osservatorio Astronomico, l’Osservatorio Geofisico (oggi Istituto Nazionale di Geofisica e Oceanografia Sperimentale), e così via, impossibile elencarli tutti.

I suoi impegni per lo sviluppo della Trieste scientifica gli concedono pochi ritagli di tempo per la vera ricerca, e di questo si rammarica. Purtuttavia riesce a dare contributi interessanti alla fisica dei raggi cosmici che all’inizio della sua carriera erano un campo quasi inesplorato, e poi degli spinori, oggetti geometrici elementari che potrebbero essere alla base dello spaziotempo. Negli ultimi anni si avvicina molto al suo primo amore, cercando di coniugare scienza e filosofia e sostenendo la superiorità del pensiero matematico per affrontare le questioni più fondamentali.

La scienza dà un volto nuovo a questa città. La visione della scienza come di un sistema non si limita all’eccellenza dei centri di ricerca. Paolo Budinich cerca l’integrazione anche tra gli scienziati e la città di Trieste. Così nel 1986 riesce a portare la scienza di Trieste a Parigi con la bellissima e prestigiosa esposizione Trouver Trieste per presentare la città in un panorama internazionale. Erano anni in cui gli scienziati avevano la puzza sotto il naso e non si degnavano di occuparsi di divulgazione e comunicazione della scienza e, se lo facevano, era una grande concessione. Da quell’esposizione è nato il Laboratorio dell’Immaginario Scientifico: un vero laboratorio anche quello, dove per primi in Italia si sono sperimentate le mostre hands-on e multimediali, dove veniva presentata la scienza nel suo divenire, attraverso esperimenti e immagini, e dove gli scienziati erano coinvolti in prima persona insieme a designer, esperti di comunicazione, filosofia, editoria ecc. Per le scuole venivano offerte avanzatissime attività di didattica delle scienze che ancora oggi stentano a entrare nelle classi.

Sempre con uno spirito disinteressato, con un occhio verso l’Europa e il mondo, verso un orizzonte ampio e libero.

Oggi in una Trieste un po’ moscia, che nemmeno si rende conto di vivere fuori dal mondo, sembra quasi impensabile che queste imprese si siano potute fare. Ma, appunto, la forza di Paolo Budinich era fuori del comune.

Qualcosa in più:

Paolo Budinich, L’arcipelago delle meraviglie, Beit, Trieste 2016

Rita Cian, Paolo Budinich, Beit, Trieste 2014

Diana Höbel, Paolo Budinich e i paradossi dell’avventura, spettacolo teatrale