Il contributo di Alfonso Maria Liquori allo sviluppo della Chimica e della Biologia Strutturale

Gli anni della formazione

Alfonso Maria Liquori era nato nel 1926 a Napoli dove, all’età di 17 anni, aveva conseguito la licenza liceale. Trasferitosi subito dopo a Roma, soffrì il cupo periodo della occupazione tedesca fino al giugno 1944, quando la città fu liberata dalle forze alleate, pochi giorni prima dello sbarco in Normandia.

Si laureò in Chimica (indirizzo chimico-fisico) con lode nel 1948, con una tesi svolta presso 1’Istituto di Chimica Generale della Università di Roma, diretto dal prof. Vincenzo Caglioti. Durante la preparazione della tesi di laurea, sotto la guida del prof. Giordano Giacomello, aveva fatto i suoi primi passi nel mondo della struttura delle molecole e dei cristalli. Durante gli studi universitari Liquori era entrato in contatto con lo stimolante ambiente della fisica romana; era rimasto particolarmente attratto dall’approccio di Erwin Schrodinger alla biologia.

Fu Giacomello ad indirizzare Liquori verso i laboratori di quelle grandi personalità del mondo scientifico con cui egli stesso aveva lavorato nel lontano ’35-36: Hermann Mark a Vienna e John Bernal a Cambridge.

Appena laureato, infatti, Liquori andò negli Stati Uniti con una borsa di studio dell’UNESCO e dell’American Chemical Society per svolgere ricerche presso il Polymer Institute del Politecnico di Brooklyn, New York, diretto proprio da Hermann Mark, uno dei padri della chimica macromolecolare. E’ qui che iniziò la sua attività nella scienza dei polimeri, che era allora la scienza di punta dei nuovi materiali. Durante la permanenza a New York era entrato anche in contatto con F. Eirich. In quel periodo era stata scoperta, nel sangue di alcuni pazienti affetti da anemia, la presenza di una emoglobina anomala che produceva una caratteristica deformazione a falce degli eritrociti. Liquori riuscì a procurarsi un campione purificato di questa emoglobina anomala (HbS) ed a cristallizzarla. Si mise quindi in contatto con Perutz in Inghilterra, che aveva raccolto l’eredità di Bernal e che stava lavorando sulla struttura della emoglobina umana normale (HbA).

In quegli anni Linus Pauling, lo scienziato americano, premio Nobel per la Chimica (1954) e per la Pace (1962), autore tra l’altro del testo “Il Legame Chimico” che aveva rivoluzionato la presentazione di base della disciplina, partendo dalla chimica teorica e strutturale, stava ottenendo importanti risultati anche nel campo delle biomolecole. Pauling aveva intuito che quella patologia, identificata come anemia a cellule falciformi, era causata da un difetto genetico e definì questa patologia, per la prima volta nella storia della biologia, una malattia molecolare.

A quel tempo Perutz dirigeva una piccola unità del Medical Research Council, localizzata nel celebre Cavendish Laboratory diretto da Lawrence Bragg. I membri permanenti dell’unità di ricerca erano, oltre a lui, John Kendrew e Francis Crick. Liquori si spostò allora per un anno a Cambridge dopo aver ottenuto un contratto di ricerca con il Royal Research Council inglese, per analizzare i cristalli di HbS mediante diffrazione di raggi X.

“Si lavorava in poco spazio e senza molti strumenti – avevamo una sola camera di diffrazione che usavamo a turno – ma tutto procedeva con regolarità, e sempre in un clima di cordialità e disponibilità ad aiutarsi reciprocamente. In più, vivendo in un Istituto come il Cavendish, può succedere che al tè o a colazione ti trovi per caso seduto, per esempio, di fronte al miglior teorico di ottica di raggi X o al miglior cristallografo, ma tutto questo accade sempre con una grande semplicità”.1

Il lavoro pubblicato su «Nature», che raccoglie i dati ottenuti a Cambridge, è il primo lavoro cristallografico su una proteina mutante e, pur in mancanza di dati sulla struttura tridimensionale delle due emoglobine (le strutture di mioglobina ed emoglobina, così come quella di tutte le altre proteine, erano ancora di là da venire), contiene l’importante conclusione, per nulla scontata a quell’epoca, che nella forma legata all’ossigeno l’emoglobina anomala e quella normale possiedono strutture spaziali molto simili2,3.

Successivamente Liquori trascorse un periodo di studio all’Università di Leiden in Olanda, presso l’Istituto di Chimica Fisica diretto da Jan Joseph Hermans, che aveva conosciuto al Polymer Institute a New York. E’ qui che iniziò ad affrontare problemi di termodinamica dei processi irreversibili.

A Leiden incontrò anche Hendrick Hameka, un chimico teorico molto noto, con cui eseguì studi quanto-meccanici su molecole delle quali aveva determinato la struttura a Roma nello Istituto di Giacomello4,5.

Fu così che nel volgere di pochissimi anni, in diretto contatto con i laboratori di punta della ricerca internazionale, maturò la sua personalità scientifica e mise a punto i filoni di ricerca che avrebbero caratterizzato la sua attività di scienziato e quella di molti suoi allievi.

D’altra parte tra un viaggio all’estero e l’altro Liquori aveva prodotto anche oltre 30 lavori su riviste italiane (come si usava all’epoca) con Colleghi italiani, in particolare dell’Istituto di Roma, sulla struttura di molecole organiche e dei loro complessi con metalli e sulle proprietà chimico fisiche di poliammidi e loro derivati.

Libero Docente di Chimica Generale e di Strutturistica Chimica, gli fu assegnata nel 1956 – aveva 30 anni – la Cattedra di Chimica Generale presso l’Università di Bari, dove si dedicò con impegno alla organizzazione didattica e scientifica dell’Istituto Chimico di cui aveva assunto la direzione. Nei quattro anni trascorsi a Bari la produzione scientifica di Liquori si raffina, nel mentre sta formando un gruppo di esperti ricercatori che lo seguiranno anche nel suo successivo trasferimento alla cattedra di Chimica Fisica di Napoli e poi anche a Roma. Al tempo stesso continua la stretta collaborazione con il gruppo romano alcuni lo raggiungeranno a Bari e poi lo seguiranno a Napoli.

Per rendersi conto della profondità di cambiamento avvenuto nell’attività di ricerca, è sufficiente dare una rapida scorsa ai lavori pubblicati in quel periodo, tutti su riviste internazionali ad alta diffusione e su argomenti di punta della ricerca scientifica. In un lavoro apparso su «Nature», in occasione del cinquantesimo anniversario della doppia elica, intitolato ‘Quiet Debut For The Double Helix’, si sottolinea che, per circa dieci anni dopo la pubblicazione del lavoro di Watson e Crick, la doppia elica del DNA era stata citata, sorprendentemente, solo in pochissimi lavori scientifici. Uno di questi è firmato da Liquori e da suoi collaboratori6, a testimonianza della sua capacità di intuire le enormi potenzialità di una scoperta che forse non erano state ancora realizzate in pieno da una gran parte del mondo scientifico internazionale.

Alla fine degli anni ’50 Liquori, forte dei suoi rapporti con personalità estere e con le tematiche che sta sviluppando, si inserisce nei progetti che si stanno sviluppando nel CNR sotto le Presidenze di Polvani e di Caglioti. Questi progetti prevedono tra l’altro l’aggregazione su grandi tematiche di ricerca anche applicata, sviluppate in stretta connessione tra nuove unità e laboratori del CNR appositamente istituiti presso le principali Università.

Sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla scoperta del Polipropilene Isotattico da parte di Natta e dei suoi collaboratori, nasce così il Centro Nazionale di Chimica delle Macromolecole (CNCM) in cui convergono, attorno al gruppo milanese, altre esperienze presenti presso alcune Università. Negli anni ’50 la Chimica dei polimeri sintetici ha infatti raggiunto grandi sviluppi a partire dalle grandi intuizioni e scoperte di Staudinger e di Carothers. Al primo viene assegnato nel 1953 il Premio Nobel per la Chimica: è lui a coniare il termine di macromolecola e a distinguere tra le soluzioni colloidali quelle in cui molecole piccole di soluto sono tenute assieme da forze di valenza secondarie da quelle che contengono invece delle macromolecole a struttura lineare, singolarmente tenute assieme da una successione di legami covalenti fra gruppi susseguentisi.

Il CNCM avrà la sua consacrazione nel 1961, in contemporanea con il Corso di Chimica macromolecolare di Varenna (18–30 settembre) e ogni Sezione sarà impegnata a sviluppare sia gli aspetti sintetici e di trasformazione dei polimeri, sia la loro caratterizzazione strutturale allo stato solido e chimico-fisica in soluzione.

Liquori, con l’appoggio di E. Scoffone del gruppo di Padova e forse di altri, riesce a far entrare a pieno titolo nel CNCM anche le tematiche che riguardano le macromolecole biologiche.

Il CNCM si articolerà su 8 Sezioni7:

Sezione I:              Prof. G. Natta presso Istituto di Chimica Industriale – Politecnico di Milano;

Sezione II:            Prof. G. Saini presso Istituto di Chimica Analitica – Università di Torino;

Sezione III:           Prof. A. M. Liquori presso Istituto di Chimica Fisica – Università di Napoli;

Sezione IV:           Prof. P. Pino presso Istituto di Chimica Organica Industriale – Università di Pisa;

Sezione V:             Prof. C. Rossi presso Istituto di Chimica Industriale – Università di Genova;

Sezione VI:           Prof. M. Baccaredda presso Istituto di Chimica Applicata e Industriale – Università di Pisa;

Sezione VII:         Prof. P. Corradini presso Istituto di Chimica Generale – Università di Napoli;

Sezione VIII:        Prof. E. Scoffone presso Istituto di Chimica Organica – Università di Padova.

 

L’arrivo a Napoli: la ricerca

Nel Novembre 1960 Liquori viene chiamato a Napoli alla Cattedra di Chimica Fisica. A quella di Chimica Generale vi era Francesco Giordani e a quella di Chimica Organica, che era stata della Bakunin, vi era Rodolfo Alessandro Nicolaus. La scomparsa di Francesco Giordani, avvenuta dopo pochi mesi dall’arrivo di Liquori a Napoli, e il trasferimento di Jacopetti dalla cattedra di Elettrochimica presso gli Istituti Chimici a quella di Elettrotecnica presso il Politecnico, misero a disposizione di Liquori un ampio spazio, sia fisico che accademico, per creare in breve tempo un ambiente scientifico altamente vario e stimolante. Con Liquori giunse da Bari una folta schiera di giovanissimi (il più anziano non aveva ancora 30 anni!), che avrebbero raggiunto posizioni di prestigio in tutta Italia negli anni seguenti. A questi si aggiunsero, nel tempo, un numero notevole di ricercatori, sia italiani che stranieri, attratti dalla fama delle ricerche condotte a Napoli. Per la prima volta dottorandi e post-doc americani incominciarono a venire a Napoli per sviluppare programmi di ricerca. E, naturalmente, il gruppo di collaboratori si allargò con la cooptazione di una dozzina di altri giovani o meno giovani ricercatori che già operavano a Napoli, e di coloro che in quegli anni si stavano laureando.

Negli anni che Alfonso Maria Liquori trascorse a Napoli (1960-1967), prima di trasferirsi all’Università di Roma, il vecchio Istituto Chimico, fu completamente trasformato. Con una visione moderna, ampia ed interdisciplinare della Chimica, Liquori, con l’appoggio di Nicolaus, chiamò ad insegnare e ad operare scientificamente personalità di grosso prestigio quali Paolo Corradini a Chimica Generale, Arnaldo Liberti a Chimica Analitica, Alessandro Ballio a Chimica delle Sostanze Naturali, Lorenzo Mangoni a Chimica Organica. Furono così gettate le basi di quelli che dapprima furono gli Istituti Policattedra e poi i Dipartimenti di Chimica e di Chimica Organica e Biologica, oggi entrambi nel Complesso Universitario di Monte S. Angelo, riuniti nel Dipartimento unico di Scienze Chimiche. Tra tutti, forse quello di Ballio fu il trasferimento più emblematico per il ruolo di rottura che esso assumeva nella tradizionale, schematica divisione del sapere allora dominante, e quella che sottolinea l’importanza che Liquori attribuiva all’interdisciplinarità come catalizzatore dei grandi salti conoscitivi delle scienze ed in particolare della biologia. Invero quello che Egli chiama l’intrusione interdisciplinare, la capacità cioè di sviluppare analogie e di trasferire conoscenze, è stata la caratteristica fondamentale del suo atteggiamento scientifico e costituisce il sostrato essenziale della sua estesa cultura.

Contemporaneamente all’arrivo di Liquori, come in una reazione a catena, tutto l’ambiente scientifico napoletano si era andato risvegliando. Dopo l’arrivo di Caianiello, l’ambiente dei fisici era stato ulteriormente movimentato dall’arrivo di Ettore Pancini e Giulio Cortini. Insieme a loro, Liquori e Caianiello avevano incoraggiato Adriano Buzzati Traverso, attratto dalla promettente situazione culturale che si andava sviluppando, a localizzare a Napoli un Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica (LIGB), che in breve tempo richiamerà biologi di grosso spessore scientifico e culturale, quali Edoardo Scarano, Franco Graziosi, Enrico Calef, Paolo Amati, Lucio Luzzatto, Corrado Baglioni, ed altri. Napoli così diventò sede di ricerche nei settori più avanzati della scienza, di convegni e scuole internazionali, di visite e soggiorni di studiosi di grande fama e, soprattutto, di intense interazioni interdisciplinari. Questo ambiente era particolarmente congeniale a Liquori, che, con grosso impegno personale, attivò vari filoni di ricerca e fece dell’Istituto di Napoli un punto di riferimento internazionale. In quegli anni, non passava settimana senza che vi fosse un seminario di qualche noto ricercatore; e tra essi spesso spiccavano nomi prestigiosi quali Lifson, Kendrew, Perutz, Prigogine, Goodman, Flory, Parr, Pullman, Scheraga ecc. Era normale che scienziati importanti, nel programmare un viaggio scientifico nel continente europeo, mettessero in conto una deviazione per Napoli.

Subito dopo l’arrivo di Liquori, nel 1961, era stato acquistato il primo calcolatore della Facoltà di Scienze MM.FF.NN., un calcolatore IBM 1620 a schede perforate, che fu affidato ad un gruppo di matematici applicati (fatto anomalo nell’ambito di una Scuola di Matematica di altissimo prestigio scientifico, ma in cui trovavano poco spazio i problemi del calcolo numerico), che furono ospitati presso l’Istituto di Chimica.

Furono installate d’accordo fra le due Sezioni del CNCM, le apparecchiature per la registrazione dei diagrammi di diffrazione dei raggi X su cristallo singolo e su fibre per il prosieguo delle indagini strutturali sulle biomolecole, che erano parte della prima formazione scientifica di Liquori nonché dei complessi catalitici di interesse del gruppo Corradini.. Venne anche montato un diffrattometro ottico, da poco perfezionato dalla scuola di Lipson in Inghilterra, che divenne un potente ausilio didattico alla comprensione dei fenomeni della diffrazione e del concetto di trasformata molecolare, ma anche uno strumento molto utile per la risoluzione di problemi di ricerca riguardanti in particolare la determinazione di modelli di strutture elicoidali. Liquori, infatti, era ben attento alle novità metodologiche sia teoriche che sperimentali. Era stato uno dei primi ad applicare la teoria della trasformate di Fourier di strutture elicoidali, da poco sviluppata da Cochran, Crick e Vand; teoria che utilizzò per la delucidazione della conformazione del Poliisobutilene8.

Con sua sorpresa, Liquori aveva trovato a Napoli un microscopio elettronico, uno dei primi allora in commercio ed uno dei pochissimi presenti in Italia, giunto a Napoli tra le apparecchiature di ricerca comprese nel piano Marshall degli aiuti americani nel dopoguerra; il microscopio EM100 della Philips ora si trova presso il Museo delle Scienze dell’Università. L’apparecchiatura era utilizzata essenzialmente per lo studio di superfici metalliche mediante repliche con opportuni materiali. Nel visitare il laboratorio Liquori si rese subito conto delle potenzialità che la strumentazione offriva per lo studio delle proprietà di macromolecole sintetiche e suggerì una linea di ricerca completamente nuova. Essa riguardava lo studio delle caratteristiche morfologiche e strutturali di cristalli singoli di polimeri sintetici, di recente preparati da Keller in Inghilterra, ed il cui studio aveva rivelato aspetti del tutto nuovi e interessanti nel campo della organizzazione allo stato solido dei polimeri cristallini ad alto peso molecolare. L’entusiasmo che riuscì a comunicare fu tale che, pure essendo un argomento del tutto nuovo, nel giro di pochi mesi furono ottenuti interessanti risultati pubblicati sul «Journal of Polymer Science»9. Questo episodio rivela in maniera emblematica la sua capacità di intuire prospettive interessanti di ricerca e di stimolare l’interesse dei suoi collaboratori. Erano gli anni in cui la ricerca internazionale nel campo della chimica macromolecolare era diventata particolarmente vivace sulla scia degli importanti risultati ottenuti dalla scuola di Natta presso il Politecnico di Milano. Anche in questo campo di ricerca la presenza di Napoli sulla scena nazionale ed internazionale fu improvvisa, numerosa ed altamente qualificata. Nel settembre del 1961 dal 18 al 30 si tenne nella villa Monastero a Varenna, sul lago di Como, il primo corso estivo di chimica macromolecolare sotto gli auspici e con il contributo della fondazione Francesco Giordani del CNR, un evento importante per la diffusione di questa linea di ricerca in Italia. Al corso, organizzato da Giulio Natta e dai suoi collaboratori, parteciparono diversi scienziati internazionali e i responsabili di unità di ricerca che operavano in Italia. Tra gli altri erano presenti Alfonso Maria Liquori e Paolo Corradini, che l’anno precedente era stato chiamato a coprire la cattedra di Chimica Generale presso l’Università di Cagliari ed era in procinto di trasferirsi nel novembre del 1961 sulla stessa cattedra presso l’Università di Napoli. Alcuni momenti particolarmente vivaci e scientificamente interessanti del corso avevano visto una vivace contrapposizione tra Liquori e Corradini sulla descrizione e predizione delle caratteristiche conformazionali delle macromolecole sintetiche stereoregolari, messe in evidenza dai lavori di Giulio Natta e collaboratori.

Va sottolineato che la vasta attività organizzativa e di ricerca svolta da Liquori in quegli anni fu favorita anche dai finanziamenti legati a quel momento particolarmente favorevole della ricerca macromolecolare in Italia. La presenza, nello stesso edificio di via Mezzocannone 4, di due Sezioni del CNCM fu importante per vari motivi: a) l’attività di ricerca delle due Sezioni, pure nella più o meno marcata differenza delle tematiche specifiche, faceva uso di attrezzature spesso simili e/o complementari e questo permise di potenziare il parco complessivo di attrezzature scientifiche a disposizione, b) l’aumento del numero di giovani, coinvolti nei programmi di ricerca delle due Sezioni ed in stretto contatto tra di loro, permise di raggiungere rapidamente una dimensione critica favorevole per la creazione di un ambiente culturalmente stimolante e, nei limiti dei comportamenti umani, sanamente competitivo.

A quell’epoca s’incominciavano ad intravedere le grandi potenzialità delle risonanze magnetiche, e Liquori invitò a Napoli un giovanissimo esperto americano, Jim Ferretti, che avrebbe in seguito dato importanti contributi allo sviluppo di questa metodologia e ricoperto per oltre un quarantennio il ruolo di group leader presso il National Institute of Health di Bethesda. A Napoli Ferretti si trattenne circa un anno e la sua presenza stimolò l’interesse di molti giovani e diede inizio alla formazione di numerosi esperti nel campo della risonanza magnetica nucleare in Italia.

L’attività di ricerca di Liquori in quegli anni fu incredibilmente ricca e varia, abbracciando i campi più svariati, dagli acidi nucleici10-12, ai polimeri sintetici13-21, dalle proprietà elettrochimiche e conformazionali di polimeri ionici in soluzione (con la definizione del dell’effetto idrofobico22,23 e il suo contributo alla stabilità delle proteine globulari), ai fenomeni di membrana (come processi termodinamici di non equilibrio)24,25, al meccanismo dell’impulso nervoso26, ai sistemi modello per i processi di intercalazione nel DNA27, alla predizione dell’impacchettamento più stabile dei cristalli molecolari28 e più in generale, ai principi che regolano la stabilizzazione della struttura di macromolecole sintetiche e biologiche. Tutto ciò fu reso possibile dalla organizzazione che Liquori era riuscito a dare all’insieme dei suoi collaboratori, suddivisi in gruppi specializzati, ma flessibili che si potevano di volta in volta dedicare alle varie tematiche che venivano identificate o che emergevano dagli esperimenti o dai calcoli o che erano recepite dalla letteratura avanzata. La mole dei lavori prodotti, di cui gli esempi precedenti sono una selezione limitata, e a cui si debbono aggiungere i tanti lavori che i collaboratori erano incoraggiati a pubblicare anche senza il suo nome, era orchestrata da Liquori e dalla sua capacità di seguire tutte le tematiche in gioco. Anche se non era facile convincerlo di evidenze sorte durante lo sviluppo delle ricerche e che contrastavano con le sue intuizioni iniziali, a sua volta egli era capace di cambiare prospettiva e di intuire e definire nuovi concetti, come ad esempio l’insieme di effetti entropici e antientropici22,23 che si affiancano ai legami covalenti e alle interazioni di van der Waals, nello stabilizzare la conformazione in soluzione di proteine globulari, acidi nucleici, sistemi micellari e membrane biologiche.

Va anche ricordato che le caratteristiche strutturali della doppia elica furono diffuse a Napoli proprio da Liquori. Non erano ancora i tempi della grafica computerizzata ed i modelli di strutture complesse bisognava costruirli in maniera artigianale, mediante bacchette per simulare i legami chimici tra le palline colorate., e costruire il modello tridimensionale della doppia elica. Questo modello fu il primo disponibile per i ricercatori dell’area napoletana, e non solo.

Ma certamente il punto centrale della attività di ricerca di Liquori fu l’avvio dei calcoli teorici semiempirici per la predizione della struttura di polimeri stereoregolari e di catene polipeptidiche. I primi risultati, pubblicati su riviste di primaria importanza, quali «Nuovo Cimento»13, «Journal of Polymer Science»14, «Nature»29, ebbero vasta risonanza nel mondo scientifico. Tuttavia l’importanza di questo approccio era tale che, malgrado il diritto di primogenitura, la competizione internazionale divenne presto severissima, contando essa su gruppi di ricerca di antica tradizione, come ad esempio quello di Ramachandran in India, già da tempo molto noto nel campo scientifico anche per la delucidazione della struttura del collageno, quelli di Scheraga e Nemethy in USA e di Flory, a cui verrà assegnato il premio Nobel nel 1975 per i contributi alla chimica fisica dei sistemi macromolecolari. Nel 1963 Ramachandran e collaboratori pubblicarono un grafico in cui erano indicate le preferenze conformazionali di una unità di-peptidica30; il grafico diventerà famoso con il nome di “mappa di Ramachandran”, ed è ora universalmente utilizzato per riportare in forma compatta la distribuzione delle conformazioni dei singoli residui in una proteina. La mappa stessa era stata di fatto già calcolata a Napoli; ma in questo caso il ritardo nella pubblicazione dei risultati fu fatale, malgrado essa fosse stata discussa da Liquori in numerosi convegni. In un articolo su « Chemistry in Britain » del 1965, il premio Nobel Max Perutz implicitamente riconosce a Liquori il merito scientifico di questo approccio teorico 31. Perutz uno scienziato che era direttore del laboratorio dove di fatto era nata la biologia strutturale e che si trovava al crocevia di tutti i risultati più rilevanti sulla struttura delle proteine, rappresentano una chiara testimonianza di primogenitura scientifica di un approccio teorico, che avrà uno sviluppo enorme nel campo delle indagini sulla struttura delle proteine e della predizione teorica a priori delle loro conformazioni preferite. Lo scritto di Perutz sottolinea inoltre l’importanza che egli assegnava ai risultati di Liquori anche in termini di quelle che erano le basi concettuali nuove nella descrizione della struttura delle proteine. è sintomatico che i risultati di Liquori fossero discussi da Perutz come uno sviluppo dell’approccio di Pauling e nella completa dimenticanza dei contributi di altri ricercatori ed in particolare di Ramachandran, al cui solo nome verranno poi di fatto associati. Anche se è giusto tenere in debito conto i risultati degli altri gruppi di ricerca, è indubbio che a Liquori va riconosciuto quanto meno un contributo importante nello sviluppo di questo approccio teorico. A conferma dell’autorevolezza acquisita, restano tra l’altro le regole di nomenclatura pubblicate sul «Journal of Molecular Biology » e in altri giornali scientifici da Liquori insieme a Edsall, Flory, Kendrew, Nemethy, Ramachandran, Scheraga32-34, regole che oggi si ritrovano, in parte modificate, su tutti i libri di testo di Biofisica, di Chimica Fisica e di Biochimica. In questo ambito prese piede anche la formulazione di un codice stereochimico per i residui ammino acidici di una catena polipeptidica35,36 che è stato in parte ripreso in letteratura negli anni più recenti; un modo semplificato per affrontare il problema, altamente complesso, della previsione del ripiegamento tridimensionale di una catena proteica, che resta a tuttoggi – a distanza di cinquanta anni – largamente irrisolto, malgrado l’enorme sviluppo dei calcolatori elettronici e di nuovi e più sofisticati approcci teorici.

Riprendendo una intuizione di E. Schroedinger, Liquori introdusse anche il concetto di molecola cristallo, secondo cui una molecola di proteina può essere assimilata, per certi aspetti cooperativi, ad un cristallo senza periodicità 37.

Anche se l’approccio teorico era diventato col tempo il motivo dominante della sua attività di ricerca nell’ambito delle proteine, Liquori guardava con estremo interesse ai successi dell’approccio sperimentale avanzato per la determinazione della struttura tridimensionale mediante diffrazione dei raggi X, che si erano da poco concretizzati presso il laboratorio del Medical Research Council di Cambridge. Sfruttando i suoi vecchi rapporti con il gruppo di Perutz uno degli autori (L.M.) da poco laureato, ebbe infatti la possibilità di trascorrere un anno a Cambridge lavorando con Perutz sulla determinazione della struttura tridimensionale della emoglobina umana ridotta. Purtroppo il trasferimento di Liquori nel 1967 a Roma ritardò di parecchio l’inizio a Napoli di un’attività di ricerca in questo campo; in un’epoca, in cui esistevano nel mondo solo tre o quattro centri di cristallografia dedicati agli studi sulla struttura di proteine, essa sarebbe stata di rilevante interesse scientifico e di grosso impatto promozionale nello sviluppo ulteriore della ricerca. Ciononostante, a questa lungimirante apertura di Liquori va certamente riconosciuto il merito del fatto che la prima struttura tridimensionale di una proteina in Italia fu ottenuta molti anni dopo presso l’Istituto di Chimica dell’Università di Napoli e presentata alla prima scuola di Erice dedicata alle proteine e organizzata da Michael Rossmann.

Malgrado la sua formazione iniziale come cristallografo, Liquori coltivò sempre un interesse particolare per la termodinamica applicata ai sistemi complessi e lontani dall’equilibrio, come è testimoniato dal libro Entropia, Struttura, Informazione38 e anche dal rapporto di viva amicizia con Ilya Prigogine, premio Nobel per la Chimica nel 1977, che spesso frequentò Napoli, tenne seminari e partecipò a discussioni di gruppo e tavole rotonde presso l’Istituto Chimico.

 

La costituzione dell’European Molecular Biology Organization e altre iniziative

Questa intensa attività, tutta incentrata su argomenti caldi della nascente biologia molecolare, in sinergia con quella sviluppata dal Laboratorio Internazionale di Genetica e Biologia guidato da Adriano Buzzati Traverso portò Napoli all’attenzione del mondo scientifico internazionale, come è testimoniato anche dagli eventi scientifici di grande rilevanza che a Napoli furono organizzati in quegli anni. Nella stupenda cornice di Villa Cimbrone a Ravello, dal 12 al 15 settembre 1963, si tenne la prima NATO Summer School of Molecular Biology diretta da Pullman (professore presso l’Università della Sorbonne di Parigi). Essa si tenne sotto gli auspici della Società Italiana di Fisica, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Centre National des Recherches Scientifiques e fu organizzata da Liquori. Ad essa parteciparono allievi provenienti da quindici paesi. La Scuola comprendeva lezioni di alcuni degli esponenti più rappresentativi della chimica, della fisica e della biologia negli Stati Uniti ed in Europa: Levinthal, Liquori, Lipmann (Premio Nobel), Perutz (Premio Nobel), Pullman, Sadron, Watson (Premio Nobel), e seminari altamente specializzati in cui furono esposti da Pullman e da Lowdin i primi timidi passi applicativi dei metodi quantistici ai complessi sistemi biologici. Davanti a questa platea di assoluto prestigio, Liquori ebbe modo di spiegare in dettaglio le metodologie di calcolo adottate ed i risultati ottenuti per la predizione teorica delle conformazioni di polipeptidi sintetici, passo iniziale per quello più ambizioso della predizione della struttura terziaria di proteine.

Al termine della Scuola, nei giorni 16 e 17 settembre, si coagulò una ristretta riunione formata da 25 scienziati, alcuni già presenti a Ravello, altri che avevano nel frattempo raggiunto la sede della Scuola, per discutere e mettere in fase operativa uno schema di collaborazione europea nell’ambito della Biologia Molecolare. In questa riunione si decise di creare una Organizzazione Europea per la Biologia Molecolare (EMBO), le cui attività, sostenute fin dall’inizio dal CERN, oggi sono coordinate dal laboratorio di Heidelberg.

A Ravello il gruppo di scienziati elesse un primo consiglio esecutivo composto da ricercatori con diversa estrazione scientifica. I membri di questo primo consiglio EMBO, che comprendeva due italiani, furono M. Perutz (Presidente), J. Brachet, A.Butenandt, A. Buzzati-Traverso, A. Engstroem, H. Friedrich-Freksa, F. Jacob, E. Katchalski, E. Kellenberger, J. Kendrew, A. Liquori, O. Maaløe, C. Sadron, A. Tiselius, J. Wyman39.

Alfonso Maria Liquori

Alfonso Maria Liquori alla scuola estiva di Ravello (settembre 1963).
In sequenza da destra appaiono John Kendrew, una segretaria, Vittorio Crescenzi, Alfonso Maria Liquori, Maria Savino, Jim Watson, Franco Quadrifoglio, Maria D’Alagni e, in ginocchio, Vincenzo Vitagliano

 

Le finalità dell’organizzazione non erano rivolte alla promozione in Europa della biologia molecolare come specifica disciplina, ma piuttosto come una “scienza delle scienze”, nel senso auspicato a suo tempo dal fisico Bernal. In accordo con questo obiettivo, l’EMBO ha svolto negli anni successivi un ruolo fondamentale nel favorire scambi tra scienziati con le più svariate competenze scientifiche e nel promuovere una formazione interdisciplinare fortemente innovativa di un vasto numero di giovani ricercatori in Europa, in grado di coniugare con facilità aspetti fondamentali di discipline quali Matematica, Fisica, Chimica e Biologia.

Questo periodo di splendida attività e di gratificanti riconoscimenti internazionali sfocerà poi in un altro prestigioso convegno, intitolato “Discussion on the structure of biological and synthetic macromolecules“, organizzato nei giorni 13-16 settembre del 1965 sempre a Villa Cimbrone a Ravello, sponsorizzato dal Centro Nazionale di Chimica delle Macromolecole del C.N.R., al quale parteciparono circa ottanta ricercatori. Liquori riuscì nell’ambizioso progetto di riunire i principali ricercatori che si interessavano alla struttura e funzione di macromolecole biologiche e sintetiche, e a mettere insieme nella stessa aula, forse per la prima volta, Giulio Natta, Francis Crick, John Kendrew, Jim Watson, Aaron Klug, Jacques Monod, Maurice Wilkins, tutti premi Nobel, ma anche tanti altri scienziati prestigiosi che lavoravano nel campo delle macromolecole sintetiche o biologiche, spesso con scarsa osmosi tra i due campi di ricerca.

Va sottolineato che, anche in questo caso, la realizzazione del convegno era stata facilitata dal fatto che esso era stato preceduto a Napoli da un altro importante Simposio, dal titolo Biological System at the Molecular Level, promosso dalla Commission on Molecular Biophysics of the International Organization for Pure and Applied Biophysics. Il Simposio si tenne nei giorni 8-11 settembre presso il Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare, sotto gli auspici del Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica (LIGB) e con la organizzazione logistica del direttore A. Buzzati-Traverso. Quasi in una specie di staffetta, alcuni scienziati parteciparono ad entrambi i convegni, altri solo a quello di Napoli (Ramchandran, Phillips, Edelman, Jacob, Schachman, Brachet, Monroy, ecc.), ed altri ancora solo a quello di Ravello (Wilkins, Klug, Natta, ecc.). Al Simposio parteciparono 241 ricercatori provenienti da 19 paesi, di cui ben 59 italiani, la maggior parte dei quali lavoravano presso LIGB e presso l’Università di Napoli. Da questi dati emerge chiaramente l’importanza del ruolo che Napoli era venuta assumendo nell’ambito della nascente Biologia Molecolare e l’indiscusso beneficio che ne derivava per gli studenti ed i giovani ricercatori dell’Università di Napoli, che avevano la possibilità di trovarsi al cospetto dei grandi ricercatori internazionali che stavano costruendo questa nuova disciplina. Nei quattro giorni del Simposio si tennero otto conferenze generali, di cui una sola tenuta da un ricercatore italiano. Nel primo giorno, sotto la presidenza di Scheraga, si svolse un puntuale confronto dei metodi teorici per lo studio delle conformazioni dei polipeptidi, con una successione di interventi di tutti i più importanti ricercatori che si interessavano dell’argomento (Lifson, Ramachandran, Nemethy e Liquori).. Dal resoconto, di cui di seguito si riporta un estratto, emerge l’importanza del contributo scientifico apportato da Liquori. Il Simposio riscosse un fortissimo successo, come testimoniato dal resoconto altamente positivo pubblicato su «Nature», redatto da importanti scienziati (tra cui il futuro premio Nobel F. Jacob)40.

The first day’s discussion, under the chairmanship of Prof. H. A. Scheraga (Cornell), were concerned fundamentally with the problem of predicting the conformations of protein from their primary structure…A general method for handling such calculations has been pioneered by Prof. A. M. Liquori (Naples), and his colleagues, who described his preliminary attempt to calculate the helical conformations of minimum potential energy, taking into account the forces between non-covalently bonded atoms. These calculations have led to diagrams of the potential energy as functions of ψ and φ which indicate, for example, that the right-handed α-helix with the original Pauling and Corey paramaters is a very stable conformation even without consideration of the hydrogen-bonding that stabilizes it still further. There are four potential-energy minima , including one corresponding to the left-handed α-helix which is shown, encouragingly, to be less stable than its right-handed counterpart.

Analysis of the structure of myoglobin has shown that these stable helical values of ψ and φ also occur frequently in non-helical regions of the molecule. Prof. Liquori suggested, therefore, that it might be interesting to investigate an idealized structure for myoglobin in which all the dihedral angles were constrained to take the values at the closest of these favoured pairs. Here again, of course, the aim was to reduce the number of conformations that has to be considered to manageable proportions.

Unfortunately there are very few reliable data from which the conformational potential energy of a polypeptide can be calculated. Prof. Liquori presented some evidence to suggest that the general features of the ψ, φ potential energy diagram for helices do not depend very sensitively on the exact shape of the interaction potential curves used in the calculations. He emphasized his belief that while precise energy values are not yet available, proper use of the relatively reliable van der Waals’s radii may enable progress to be made towards the prediction of conformations”.

A sottolineare l’importanza del Simposio, va ricordato che tra gli altri interventi, tutti di grosso rilievo scientifico, nel terzo giorno, sotto la presidenza di Jacob, fu tenuto a battesimo il celebre modello degli enzimi allosterici – pubblicato in quell’anno sul «Journal of Molecular Biology» – con una successione di interventi di Wyman, Monod e Schachman.

Gli anni ’60 però non erano a Napoli del tutto favorevoli ad uno sviluppo scientifico fortemente innovativo.

Innanzitutto l’indifferenza e la pochezza culturale del ceto politico locale: il comune offrì un ricevimento a Palazzo Reale, ma fu notata dai congressisti l’assenza del Sindaco e del suo Vice.

L’Università era impegnata, con forti interessi delle Facoltà di Medicina, Ingegneria e Architettura, nella realizzazione del nuovo Policlinico e non vedeva con favore la crescita internazionale della Facoltà di Scienze.

D’altra parte i vecchi edifici di via Mezzocannone mal si adattavano a ospitare nuove strumentazioni e nuovi laboratori adatti a fronteggiare le necessità di sviluppo della crescente concentrazione di personale e la crescita tumultuosa ed entusiasta della popolazione studentesca della stessa Facoltà.

Lo stesso esempio del LIGB, nato in una situazione logistica precaria e comunque fuori dell’Università, era un indicatore importante che segnava una via alternativa allo sviluppo scientifico napoletano.

Liquori e altri professori della Facoltà di Scienze ritennero che per valorizzare ulteriormente e ampliare i centri di ricerca del CNR, si dovesse costruire un’area di ricerca fuori dall’Università, sperando di governare le sinergie fra le due istituzioni. La soluzione che si riuscì a trovare fu però una collocazione in poche e lontane palazzine d’abitazione ad Arco Felice. Il timore che la migliore ricerca fosse trascinata lontano dall’Università creò una serie di incomprensioni e di scontri con il movimento degli studenti e con molti giovani docenti.

 

Il periodo romano

Quando nel 1967, in seguito alla vacanza della Cattedra di Chimica Fisica a Roma, Alfonso Maria Liquori si convinse a trasferirvisi, portando con sé, come si usava allora, molti assistenti e tutti i ricercatori della Sezione III del Centro Nazionale di Chimica delle Macromolecole che lui dirigeva, vari motivi devono aver pesato sulla sua scelta, ma certamente deve aver influito anche la parziale delusione per i ritardi e il modo in cui veniva realizzandosi l’Area di Ricerca. Ma alla Sapienza a Roma, in tempi drammaticamente mutati, la contestazione studentesca ed il diverso rapporto che si veniva sviluppando nelle gerarchie universitarie resero impossibile la ripetizione di quella splendida esperienza creativa che gli era riuscita, quasi facilmente, nell’Università di Napoli.

Nel primo periodo romano Liquori aveva intensificato i suoi rapporti con il gruppo di biologi francesi: Monod, Jacob e Changeux, che di recente avevano ricevuto il premio Nobel per la Medicina. Nel 1967-68, su proposta di Monod, Liquori fu chiamato a ricoprire per un biennio la cattedra Einstein al College de France di Parigi.

Quando era ancora a Napoli, Liquori aveva anche contribuito a convincere Alberto Monroy, embriologo di fama mondiale, a trasferirsi dall’Università di Palermo a Napoli per contribuire con il suo prestigio scientifico a formare quella massa critica che avrebbe potuto fare di Napoli un grande polo scientifico. Monroy si stabilì finalmente a Napoli nel 1967, quando ormai Liquori si stava trasferendo a Roma forse anche spinto – come egli ebbe a scrivere – dal suo acuto bisogno di mobilità e di precarietà.

Va detto per inciso che, malgrado il trasferimento a Roma, Liquori e Monroy diedero il via a diverse iniziative e manifestazioni scientifiche ed ebbero anche fecondi contatti di lavoro presso la Stazione Zoologica, di cui Monroy era diventato Direttore; in particolare i due scienziati svilupparono un’attiva collaborazione sugli aspetti termodinamico-cinetici dello sviluppo iniziale di un uovo fecondato del riccio di mare e dell’interazione tra uovo e spermatozoo dell’ascidia, un organismo marino, in acqua di mare41.

A Napoli Liquori mantenne sempre costanti rapporti anche con l’Istituto Italiano di Studi Filosofici e di stretta amicizia con il suo fondatore l’avv. Gerardo Marotta, che aveva curato anche la pubblicazione del suo libro Termodinamica e Sistemi Complessi42.

Nella sede dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici, e con il supporto della Università di Napoli “Federico II”, nel novembre del 1986, gli ex-collaboratori, promossero un breve convegno scientifico internazionale, dal titolo “Cristalli, Geni e Macromolecole”, per onorare i sessanta anni di Liquori. Le conferenze plenarie furono tenute da Max Perutz, Ilya Prigogine e George Nemethy. All’inizio del convegno i chairmen, Alessandro Ballio e Alberto Monroy presentarono un volume dal titolo “From revolution to evolution” che raccoglieva numerosi articoli scientifici di docenti e ricercatori italiani e stranieri dedicati a Liquori e che comprendeva, tra gli altri, contributi di Colombo, allora presidente dell’ENEA, Bianchi, Hameka, Mark, Perutz, Di Meo, Scheraga.

Grande impegno Liquori dedicò in anni successivi all’International Center of Theoretical Biology, che fondò nel 1988 a Venezia, con l’ausilio dell’ufficio U.N.E.S.C.O della città e localizzato a Palazzo Loredan sulla base di una convenzione con l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Il Centro, a cui avevano aderito numerosi ed autorevoli scienziati, tra i quali nove premi Nobel, aveva come scopo principale quello di promuovere ed attuare ricerche nei settori più avanzati della biologia con metodi prevalentemente teorici. Malgrado le premesse il Centro non riuscì a decollare per mancanza di finanziamenti.

Problemi di salute costrinsero alla fine Liquori ad una vita relativamente più tranquilla presso l’Università di Tor Vergata (Roma III). Il diminuire dei pressanti impegni quotidiani gli consentì di sviluppare appieno anche altre attività culturali e finanche impegni di carattere artistico, tra cui va ricordata la creazione di un certo numero di sculture presentate in una mostra personale. Quest’ultimo aspetto della sua attività non è sorprendente per chi ha conosciuto Liquori, uno scienziato che possedeva tra l’altro un’ottima educazione musicale e che più volte ha scritto e discusso delle relazioni reciproche tra arte e scienza. Riteneva che sia il bravo scienziato sia il bravo artista possono produrre cose valide e originali solo rispettando il complesso equilibrio fra immaginazione e rigore, e che “uno scienziato privo di immaginazione sarà, però, uno scienziato mediocre e un’ artista privo di razionalità sarà un artista pasticcione”. La tesi del parallelismo tra i processi creativi nelle scienze e nelle arti sarà sostenuta anche da Arthur Koestler (“L’atto della creazione” – Astrolabio 1975). Gli scienziati che maggiormente attraevano l’ammirazione di Liquori erano quelli che avevano anche sviluppato spiccate attitudini artistiche. Non a caso, nella galleria dei personaggi di cui ha scritto, si trova Alexander Borodin, uno del gruppo dei cinque musicisti di Pietroburgo che hanno esercitato una grossa influenza sugli sviluppi successivi della musica russa: l’autore de Il Principe Ygor fu un importante chimico che lavorò in contatto con Mendeleev e nel 1861 soggiornò a Pisa, presso il laboratorio di quel Sebastiano De Luca che sarà il fondatore dell’Istituto di Chimica dell’Università di Napoli. Come ebbe a scrivere Giovanni Russo nel recensire sul «Corriere della Sera» (1993), il libro “L’ avventura scientifica”43 : “Liquori e’ erede della grande tradizione illuministica napoletana ed e’ riuscito a non dividersi tra le “due culture” proprio perchè non ha mai inteso l’ impegno scientifico come una chiusura all’ impegno civile, artistico e filosofico…”. Spunti per un dibattito tra arte e scienza si possono anche trovare in un altro libro dal titolo Etica ed estetica della scienza 43.

Accanto alla traduzione del testo di termodinamica di Lewis e Randall e dei libri di Ilya Prigogine, Liquori sviluppò anche una notevole attività divulgativa e pubblicistica, in cui era maestro e da cui emerge tutta la sua profonda cultura. Molti di questi interventi sono raccolti nel libro L’Avventura Scientifica1, oltre ad avere un grande valore educativo, è il contributo di uno dei nostri più valenti scienziati al dibattito sul ruolo della scienza in una società che tende sempre di più a dimenticare l’importanza dei valori umani, sacrificandoli a una falsa idea del progresso scientifico.

Pur mantenendo rapporti saltuari con i suoi vecchi collaboratori, sparsi ormai per l’Italia (Roma, Napoli, Bologna, Trieste), le sue ricerche si indirizzarono, a partire dagli anni ’80, sempre più verso la biologia teorica, ma anche su alcuni aspetti applicativi riguardanti le alghe del Tirreno e della laguna di Venezia diretti a combinare la soluzione di un problema ambientale con un processo produttivo. Queste attività, avviate in età ormai avanzata, sono un esempio emblematico della forza trainante del suo carattere e della capacità che aveva di risollevarsi a nuovi interessi, che iniziava a coltivare con l’entusiasmo di un ricercatore alle prime armi. Si tuffò di nuovo anche in problemi sperimentali; intrattenne infatti una stretta collaborazione con l’Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri del CNR di Pozzuoli svolgendo un’attività fortemente stimolante per l’avvio di una ricerca su biomateriali altamente innovativi e con elevate prospettive di sviluppo. Nel 1996 i colleghi delle Università di Bari, Napoli “Federico II”, Roma “La Sapienza” e Roma “Tor Vergata”, che lo avevano avuto come Docente, organizzarono presso la sede del C.N.R. un convegno scientifico per festeggiare i suoi 70 anni ed i 40 anni di docenza universitaria. Intervennero professori di varie università italiane ed i lavori furono presenziati dal prof. Vincenzo Caglioti, che era stato suo professore, e dal premio Nobel Rita Levi-Montalcini, che aveva scritto la Presentazione del libro L’avventura scientifica, entrambi ultranovantenni. Nella Presentazione al libro Rita Levi Montalcini aveva scritto1:

“Leggendo questi capitoli densi di idee…, mi chiedevo quando si riuscirà a colmare le grandi lacune dei programmi delle nostre scuole medie-superiori, integrando le conoscenze umanistiche con quelle scientifiche. Questo potrà verificarsi se, come Liquori e tutti noi ci auguriamo, la fine di questo XX secolo vedrà risorgere lo spirito illuministico che ha animato gli enciclopedisti francesi e si è manifestato nella vasta cultura filosofica, letteraria, scientifica dei suoi antenati partenopei”.

Liquori, afflitto da un male inguaribile si spegnerà il 21 ottobre del 2000. In ricordo di Liquori, l’università di Roma Tor Vergata organizzò nel giorno 1 ottobre 2001 un convegno scientifico dal titolo Strutture Molecolari: dalla Chimica alla Biologia, in cui i professori Pispisa, Ballio, Califano, Giacometti, Ripamonti e Crescenzi trattarono aspetti di fenomeni chimici e biologici al centro degli interessi scientifici di Alfonso Liquori.

 

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Questo testo è stato in parte  presentato da Lelio Mazzarella durante l’adunanza del 18 giugno 2012 della Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche della Società Nazionale di Scienze Lettere e Arti in Napoli. Un elenco completo di tutti i lavori è riportato nel libro “Alfonso Maria Liquori – il risveglio scientifico negli anni ’60 a Napoli” di P. Greco, L. Mazzarella e G. Barone – Saggi Bibliopolis, Napoli (2013).