Quando Wiener era di casa a Napoli

Come la scienza può volare alto. Il caso del gruppo di Cibernetica di E. R. Caianiello.
*Immagine tratta dal Supplemento al vol. XIII, serie X del «Nuovo Cimento», n. 2, 3° trimestre 1959. Copyright Società Italiana di Fisica 1959; per gentile concessione della Società Italiana di Fisica.

 

Introduzione
Attualmente sono in piena operatività progetti che aspirano a creare computer neuromorfici (neuromorphic computing systems), come lo statunitense BRAIN (Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies) e l’europeo Human Brain Project, progetto faro della Commissione Europea nel quadro del programma decennale Horizon 2020. In entrambi i casi si tratta, a mio parere, di progetti neocibernetici e sono convinto che i molti milioni di dollari o di euro che si stanno investendo in questo ambito darebbero frutti migliori se ci si confrontasse maggiormente con il paradigma neuro-cibernetico scaturito dalla cibernetica di Wiener e poi sviluppato al Massachusetts Institute of Technology[1].

Infatti esso fu con tenacia ripreso e perseguito dal gruppo di cibernetica sorto intorno alla figura di Eduardo Renato Caianiello, all’Istituto di Fisica Teorica dell’Università di Napoli da lui diretto. Parlo di “gruppo”, perché esso assunse definizioni varie, ma soprattutto in quanto vi trovo affascinanti analogie con il “gruppo” di via Panisperna, che ruotava intorno a Enrico Fermi.
Il gruppo di Caianiello divennne in questo campo senza dubbio una delle punte più avanzate, prima che il trionfo del non necessariamente alternativo paradigma dell’Intelligenza Artificiale soffocasse, a livello internazionale, per un certo numero di anni questa impostazione. Sarebbe dunque estremamente significativo soffermarsi sui contenuti delle ricerche del gruppo, come di quelle contemporaneamente svolte all’MIT, con uno sguardo comparativo rivolto ai progetti neocibernetici oggi in auge. Rimandando tale lavoro ad altra sede, qui mi interessa raccontare la storia di come Caianiello sia riuscito a creare praticamente dal nulla questa impresa (e come questa si colleghi al suo essere e agire da fisico). È un modo, credo, per suggerire una via di rilancio della ricerca scientifica ad un paese come l’Italia, che ha bisogno come del pane di riqualificarsi come leader mondiale nell’ambito dell’economia della conoscenza.

 

Il capitale emozionale dei giovani ricercatori

«Negli anni Sessanta – afferma Aldo De Luca – eravamo giovani e pieni di entusiasmo; in quel periodo, molto diverso da quello attuale, si era poveri, ma carichi di ottimismo nell’affrontare i problemi.»[2] Aldo De Luca aveva iniziato a frequentare l’Istituto di fisica teorica nel 1962[3]. Laureato in fisica con una tesi in Relatività Generale, fu subito cooptato da un altro fisico, Eduardo R. Canianiello, nell’avventura nata da poco dell’Istituto di Fisica Teorica, nel quale era stata creata una sezione Cibernetica che si appoggiava al CNR, e sarebbe, successivamente, diventata “Laboratorio” e poi “Istituto”[4].

Con “poveri” credo che Aldo De Luca si riferisca soprattutto alla condizione personale di quei giovani ricercatori, in un’Italia ancora in piena fase di ricostruzione; in quanto i finanziamenti alla ricerca, anche per l’intraprendenza fantasiosa e creativa di persone come Caianiello, affluivano alla ricerca italiana in una misura rigogliosa, specialmente se confrontati con l’oggi.

Qui mi interessa, però, soprattutto sottolineare in primo luogo l’entusiasmo giovanile di cui parla Aldo De Luca. «I vostri giovani avranno visioni», leggiamo nel Libro di Gioele, 3, 1b. La Bibbia, guardata laicamente, può essere vista come il canale diacronico attraverso cui giunge fino a noi una sapienza umana antica, fermentata nel corso di almeno tre millenni prima dell’era cristiana in quella Mezzaluna fertile che andava dalla Mesopotamia all’Egitto, passando per la Siria. Si tratta, a ben vedere, dello stesso territorio e dello stesso periodo in cui fermentava la scienza occidentale prima di divenire pienamente tale dopo l’incontro con la razionalità greca.

È tipico dei giovani essere entusiasti e avere visioni, uno sguardo che oblitera le difficoltà contingenti, che permette loro di superare ostacoli ritenuti impossibili. Perciò un paese come l’Italia di oggi, in cui i giovani già pochi per motivi demografici, sono esclusi dalla ricerca e se inseriti in essa cominciano ad avere posti di responsabilità non prima dei quarant’anni, non sperpera solo il capitale cognitivo, ma anche quello emozionale, ricco di futuro e di idealistico ottimismo. Ed è un vero sacrilegio che una società lo faccia volgere in breve tempo in grigio realismo.

Ventinove anni era l’età media dei ragazzi di via Panisperna nel 1934 cioè, non all’inizio delle attività di ricerca del gruppo, ma nell’anno in cui essa raggiunse l’acme, con la scoperta delle proprietà dei neutroni lenti: scoperta per la quale fu conferito ad Enrico Fermi il premio Nobel per la fisica. In quell’anno il più giovane, soprannominato “il cucciolo”, aveva 21 anni, Bruno Pontecorvo, mentre l’età massima era 33 anni: Fermi, D’Agostino e Rasetti[5]. E forse è soprattutto in questo entusiasmo che va individuato l’aspetto cruciale che fa ritenere a molti che da giovani si abbia il massimo grado di creatività. E l’età media del gruppo di cibernetica di Caianiello era simile.

 

Le caratteristiche di un gruppo creativo
L’entusiasmo giovanile non basta, ovviamente. Come ha spiegato, sulla base di attente osservazioni, il sociologo Domenico De Masi, un gruppo creativo per essere tale ha bisogno che si verifichino contemporaneamente molteplici condizioni: l’esistenza di un leader autorevole, che sappia motivare il gruppo e risolvere possibili conflitti; una grande apertura a scambi internazionali; l’interdisciplinarità e, non ultima, la protezione (o, almeno, un atteggiamento non ostile) da parte del potere politico[6]. Tutte queste caratteristiche erano presenti nel gruppo di via Panisperna, dove la protezione politica venne assicurata da Orso Mario Corbino (1876–1937), fisico e uomo politico prima e dopo l’avvento del fascismo, sebbene non si iscrisse mai al PNF.

Nel caso dell’Istituto di Fisica teorica di Napoli, il leader era Eduardo Caianiello: «Anche Eduardo – aggiunge Aldo De Luca nel brano citato sopra – era giovane e la sua personalità magnetica era in grado di entusiasmare i giovani in un’attività di ricerca moderna e avanzata»[7]. Nell’Istituto di Fisica teorica di Napoli e nel gruppo di Cibernetica creato al suo interno come sezione del CNR nel 1958 c’era un via vai di personalità scientifiche di spicco a livello internazionale, e interdisciplinare la cibernetica lo era in essenza. E anche il gruppo formatosi intorno a Caianiello «era di natura realmente interdisciplinare, composto di fisici, chimici, matematici, logici, ingegneri e biologi, includeva collaboratori delle scienze umane come esperti di lingue naturali»[8]. Nelle parole di Caianiello «la nuova scienza [la cibernetica] di cui si assiste ora al sorgere, che tende alla invenzione di meccanismi atti a riprodurre le caratteristiche funzionali di un sistema nervoso vivente, nasce dalla confluenza di molteplici discipline, quali la matematica, la fisica, la neuroanatomia, la neurofisiologia, la biochimica; e l’elenco non è affatto esaurito»[9].

Caianiello si era formato in Italia, poi negli USA, non tralasciando il Nord Europa. A tale formazione corrispondevano una miriade di contatti ad altissimo livello, che egli seppe far affluire a Napoli, con fisici e con coloro che erano in diversi modi implicati nelle ricerche cibernetiche.
Per quanto riguarda le protezioni politiche e i finanziamenti sarebbe interessante approfondirne le ragioni, ma certamente non mancarono, specialmente per la fisica teorica e nucleare[10].

L’esperienza di Caianiello è confrontabile con la contemporanea vicenda partenopea (1960-1967) in chimica e biologia strutturale di Alfonso Maria Liquori, che in quegli anni ristrutturò da capo a piedi l’Istituto di Chimica dell’Università di Napoli. Esperienza che manifesta le stesse caratteristiche sociologiche appena messe in luce per l’Istituto di Fisica teorica. Anzi mette in luce un’ulteriore variabile della creatività di gruppo: le potenzialità di diversi gruppi creativi operanti nella stessa area territoriale di creare un ecosistema creativo. Si consideri inoltre che la biologia molecolare che emerge in quel periodo è profondamente intrisa di concetti informazionistici e cibernetici[11].

Un ecosistema campano che si inserisce nel più vasto miracolo scientifico italiano. Insomma la promozione della scienza creativa è un fenomeno sociale (in quanto la scienza è parte della società) che risente fortemente della capacità che coevolve, producendo un circolo virtuoso nel sistema-paese e costituito al suo interno da tanti circoli virtuosi che interagiscono sinergicamente[12].

 

Caianiello: gli anni di formazione
Soffermiamoci sulla biografia di Caianiello. Nasce a Napoli il 25 giugno 1921. Si iscrive a Fisica, all’Università di Napoli, nel 1938, laureandosi il 14 dicembre 1944, dopo travagliati studi, interrotti dalla partecipazione alla Seconda guerra mondiale come combattente in Africa dal ’41 al ’43. Dopo la laurea resta fino al ’48 all’Università, come assistente di Meccanica razionale[13]: ha una mentalità da fisico, ma anche uno spiccato acume matematico. Nel giugno ’48 vince una borsa di studio trimestrale per il MIT. Borsa che si trasforma in un triennio dottorale in Fisica teorica alla Rochester University (New York), attraverso la conoscenza del fisico Robert Marshak (1916-1992).

Marshak, durante la guerra, aveva lavorato prima all’MIT allo sviluppo dei radar (nel cosiddetto RadLab); poi era entrato a Los Alamos, il laboratorio dove si progettavano e costruivano le bombe atomiche, per il tramite di fisico Hans Bethe (1906–2005), fisico esperto di fusione nucleare[14]. Marshak poi era tornato nella sua sede, l’Università di Rochester, dove avrebbe continuato ad occuparsi essenzialmente di fisica teorica e nucleare. Nel 1950 darà vita ad una importante serie di congressi, noti come International Conference on High Energy Physics.

Sotto la direzione di Marshak, Caianiello svolge una tesi di Ph.D. in Fisica teorica che discute nel novembre del 1950[15]. Mentre lavora alla tesi, tiene anche corsi di Fisica teorica e di metodi matematici per fisici, che si protraggono fino al giugno 1951.
Caianiello è sposato con due figlie piccole e la famiglia, mentre lui è in America, è restata prevalentemente a Napoli a parte piccoli periodi. Tra la scelta di restare negli Stati Uniti riavvicinando a sé la famiglia e quella di tornare in Italia, decide per la seconda.

In Italia, come detto, le ricerche di fisica teorica e nucleare, mai interrottesi del tutto, stanno riprendendo quota velocemente. E, senza dubbio, negli anni Cinquanta e inizio Sessanta ricevono una grande attenzione da parte della politica sia per i nascenti progetti di cooperazione europea, che vedono la creazione dell’EURATOM[16] e del CERN (Centro Europeo di Ricerche Nucleari), sia per le ricerche in Italia: nel 1951 viene fondato l’INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare) il cui primo presidente è un’altro dei protagonisti della continuità tra Fisica teorica d’anteguerra e del dopoguerra: Gilberto Bernardini (1906–1995). Nel 1952 nasce il CNRN (Comitato nazionale per le ricerche nucleari), poi divenuto nel 1960 CNEN (Comitato nazionale per l’energia nucleare) prima di diventare nel 1982 l’attuale ENEA[17].

A questo fermento corrispondono, come detto, ampi finanziamenti nazionali e internazionali. In proposito credo che dovrebbe essere preso maggiormente in considerazione l’esigenza italiana, insieme a Francia e Germania Occidentale di dotarsi di un’atomica comune.

Esiste una interessante lettera di presentazione del 4 luglio 1951 di Marshak a Bernardini[18]. Il mittente parla di Caianiello come di un “American-trained theoretical physicist”, che ha tenuto in maniera brillante diversi corsi e ha pubblicato due articoli di ricerca in cui ha dimostrato di possedere a “creative, original and imaginative mind of a very high order”[19]. Aggiunge ancora Marshak di essere stato “davvero impressionato” dai “suoi ultimi risultati […], che mi hanno rivelato la sua familiarità con gli entusiasmanti problemi della fisica moderna, la sua strabiliante [tremendous] conoscenza della matematica […] e la rapidità con la quale esegue i calcoli”[20].

Una caratteristica importante per uno scienziato creativo è l’ambizione. Albert Einstein confessò di avere scelto i problemi affrontati del 1905, proprio perché ritenuti difficili e importanti. Analoga ambizione si ritrova nel Norbert Wiener, giovane matematico al MIT. Nella lettera, Marshak tiene a sottolineare che Caianiello è “molto ambizioso, lavora sodo e vuole prendere in mano alcuni importanti problemi di fisica teorica”[21].
L’ideale, direi dal punto degli interessi della ricerca italiana, sarebbe stato che Bernardini lo accogliesse a Roma. Ma nella geometria accademica italiana, da sempre, la curva più breve che congiunge due punti non è mai stata la retta, e il trentenne “American trained” Caianiello, nel 1951 torna sì in Italia, ma a Torino, accolto dal fisico teorico russo naturalizzato italiano Gleb Wataghin (1899–1986), di cui diviene assistente all’Università di Torino. Wataghin era autore di notevoli ricerche sui raggi cosmici e sulle particelle elementari. Finalmente il 31 dicembre 1953, Caianiello è chiamato a Roma, per l’insegnamento di “Dinamica dei Nuclei” nella Scuola di Perfezionamento in Fisica Teorica e Nucleare. Qui negli a.a. 1953-54 e 1954-55, insegna “Dinamica dei Nuclei” presso la Scuola di perfezionamento in Fisica Nucleare attiva presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma[22].

Caianiello continua ad essere considerato negli Stati Uniti come un valente e promettente studioso ed è chiamato come Visiting Professor all’Università di Princeton su invito di un altro veterano di Los Alamos, Eugene Wigner (1902–1995), e del più giovane Arthur Wightman (1922–2013). Qui dal febbraio ’55 al febbraio ’56 tiene un corso avanzato di meccanica quantistica[23].
Nell’autunno 1955 Caianiello vince finalmente un concorso per la cattedra di Fisica Teorica dell’Università di Napoli, la stessa che era stata creata nel 1937 appositamente per Ettore Majorana[24]. Caianiello la tiene come straordinario dal ’55 al ’58, poi come ordinario[25].

 

La creazione dell’Istituto di Fisica Teorica di Napoli
È molto interessante leggere un brano di un memorandum che il 25 aprile 1956 Caianiello invia da Princeton ad Antonio Carrelli, il Direttore dell’Istituto di Fisica di Napoli e ordinario di Fisica Sperimentale. Il documento riguarda un dettagliato progetto per modificare un piccolo acceleratore di particelle già esistente a Napoli, “microtrone”, facendone un anello di accumulazione, dove far scontrare (scattering) tra loro elettroni dotati di energie molto più alte di quelle consentite dal “microtrone”. Il suggerimento di Caianiello resterà lettera morta. Una macchina molto simile sarà l’AdA, poi realizzato nel 1961 presso i laboratori dell’INFN di Frascati. Nel memorandum c’è una frase di Caianiello che colpisce più di tutte:
«I risultati, in caso i fatti confermino le previsioni, sarebbero di straordinario interesse, e permetterebbero anche a noialtri di fare ricerche di avanguardia (per un po’ di tempo, e se non si perde tempo naturalmente)»[26].
L’ambizione di Caianiello di cui aveva parlato Marshak non guarda solo agli interessi personali. Vuole portare le comunità italiane a fare ricerche di avanguardia. E da Princeton la sua visuale su ciò che significava ricerca di punta in quel momento doveva essere effettiva. Si deve a questa ambizione la nascita di un Istituto di Fisica teorica, pensato alla grande, volando alto.

Già il 23 maggio del 55, il Senato accademico dell’Università di Napoli aveva votato la costituzione di un Istituto di Fisica teorica, Istituto dove avrebbe dovuto operare da tempo una Scuola di Perfezionamento in Fisica Nucleare, prevista dal DPR n. 565 11/3/1953. In realtà ciò che viene concesso a Caianiello come sede per l’Istituto di Fisica teorica sono tre stanzette, prima usate come magazzino, nell’Istituto di fisica in via Tari a Napoli. Dal 1962 la Scuola di Perfezionamento diviene sottosezione dell’INFN[27].
Per il suo Istituto di Fisica teorica, Caianiello desidera ampi spazi, e riesce a ottenerli anche se non sono architettonicamente tali da rispecchiarne il prestigio internazionale che vuole che raggiunga. Riesce a farsi concedere, per un affitto annuale modico ma non simbolico, l’intero padiglione 19 della Mostra d’Oltremare, da Pasquale de Gennaro, presidente dell’Ente Mostra[28].

In questo modo il sogno di Caianiello può sbocciare. E il 1958 è davvero l’anno della fioritura. L’Istituto di Fisica teorica si trasferisce nella nuova sede il 4 novembre 1957 e nel gennaio 1958 iniziano le lezioni[29]. Il 1° aprile 1958 l’Istituto viene inaugurato ufficialmente alla presenza del premio Nobel per la fisica Werner Heisenberg (1901–1976), lo scopritore del principio di indeterminazione che porta il suo nome, uno dei padri della Fisica teorica del Novecento[30]. Nello stesso 1958 Caianiello crea all’interno dell’Istituto una Sezione di Cibernetica ed un po’ come aveva fatto invitando Heisenberg, allaccia i contatti con il padre riconosciuto della cibernetica, Norbert Wiener (1894-1964).

 

La Cibernetica di Norbert Wiener
La figura di Wiener è certamente meno conosciuta al lettore, di quanto non sia quella di Heisenberg. Ed anche la cibernetica richiede che si spendano un po’ di parole per comprendere cosa fosse.
Facciamo a questo fine un salto indietro di dieci anni. Nel 1948 uscì in Francia un libro in inglese e dal titolo enigmatico Cybernetics, or Control and Communication in the Animal and the Machine. A capitoli suggestivi e appassionati, filosofici e sociologici, scritti in termini comprensibili da parte di una persona di media cultura, se ne intercalavano altri densi di integrali. Dubito vi sia oggi un editore così coraggioso da pubblicare qualcosa di simile, se si considera che nemmeno il nome dell’autore era di richiamo. Norbert Wiener (1894-1964), allora cinquantaquattrenne non era famoso come Einstein, che è l’eccezione più che la regola nell’ambito della scienza. Era uno stimatissimo matematico la cui statura era riconosciuta a livello mondiale, ma soltanto entro la ristretta cerchia dei colleghi. Nemmeno la sua sede di insegnamento e ricerca, dove operava dal 1919, il “mitico MIT” di Boston, era allora tale, divenuto mitico proprio grazie a studiosi come Wiener[31].

Eppure Cybernetics fu un caso letterario. Pubblicato alla chetichella fuori degli Stati Uniti, quasi si volesse forare la coltre di segretezza che il governo statunitense aveva imposto alle ricerche militari dei propri scienziati e che ancora gravava su alcuni degli aspetti più complessi del libro. In ogni caso il MIT fiutò l’importanza del libro e la casa editrice MIT press concordò nello stesso anno con l’editore francese il modo per avere la possibilità di pubblicarlo. Fu tradotto in numerose lingue e divenne rapidamente un best seller mondiale. In italiano apparve come La Cibernetica, nel 1953.
Le ragioni di questo successo sono molteplici. Una è costituita indubbiamente dalla presa sul pubblico di alcune affermazioni forti circa il prossimo futuro. Siamo nel 1948 e nelle orecchie dell’umanità risuonano ancora i cupi boati delle due bombe atomiche, che avevano svelato inaspettatamente quale potenza distruttiva la scienza fosse ormai in grado di evocare dalla natura. A questa umanità, Wiener annunciava l’emersione dal segreto dei laboratori di guerra di una nuova scienza, potenzialmente altrettanto pericolosa della fisica nucleare, seppur larvatamente meno chiassosa.

Premetto che Cybernetics resta ancora oggi un testo fondamentale. Che lo si conosca così poco è segno di una grave amnesia collettiva del nostro tempo. Cybernetics infatti annuncia nel 1948, 68 anni fa, l’avvento di quella che oggi chiamiamo società dell’informazione o della conoscenza o postindustriale, e non è casuale se, dopo tante traversìe, sia riemerso prepotentemente il prefisso “cyber”, ad indicare che noi oggi viviamo in una cyber-epoca, un’epoca cibernetica per antonomasia come aveva intuito Wiener.
Cosa intendeva precisamente l’autore per “cibernetica”? Aveva coniato il termine nell’atto di scegliere il titolo del libro, scritto a Città del Messico nell’estate 1947. Si era ispirato al kybernetes, il pilota delle navi, con riferimento ai sistemi di controllo automatico. “Kyber” deriva dalla radice indoeuropea per indicare il timone, che in latino diventa il “guber” di gubernator (= timoniere).

La cibernetica era stata in gestazione almeno dal 1940, senza alcuna denominazione, nella mente di Wiener ed in quella di una rete di studiosi che a lui vicini. Prese forma attraverso i progetti militari cui Wiener lavorò per conto del Governo statunitense dal 1940 al 1945. Il primo progetto riguardava la realizzazione di centrali antiaeree munite di predittori, cioè di sistemi in grado di prevedere con un certo anticipo la posizione futura di un aereo nemico da abbattere. Nella fase finale di sviluppo queste centrali erano così concepite: un radar rilevava la traiettoria dell’aereo nemico e inviava il segnale ad un calcolatore, che poteva essere digitale oppure analogico. Il calcolatore utilizzava una matematica estremamente complessa sviluppata da Wiener per determinare la traiettoria futura dell’aereo e comandava automaticamente un cannone d’alta quota che sparava. Qualora il bersaglio fosse stato mancato, il sistema calcolava l’errore, correggeva il tiro, finché l’aereo non veniva giù o sfuggiva all’attacco. Il meccanismo che permette un’autocorrezione utilizzando l’errore commesso è detto dai tecnici feedback negativo o retroazione negativa.

Tra il 1941-’42, Wiener e il suo collaboratore, l’ingegnere Julian Bigelow, estesero tali considerazioni alla fisiologia umana e ne discussero con Arturo Rosenblueth, neurofisiologo presso la Harvard Medical School, vecchio amico di Wiener. Emerse che nell’essere umano vi sono comportamenti soggetti a feedback negativo. Per esempio, quando muoviamo una mano per afferrare un bicchiere d’acqua, facciamo una serie di aggiustamenti della traiettoria della mano basandoci sulla misura dell’errore rispetto alla posizione del bicchiere. Esiste, però, come spiegò loro Rosenblueth, una malattia in cui la mano manca la presa e comincia a tremare. Tale comportamento patologico fu da Wiener e Bigelow associato a un malfunzionamento che si riscontra nei sistemi a feedback negativo, quando si guastano i meccanismi deputati alla stabilizzazione. In tal caso i sistemi automatici non riescono a raggiungere la mèta prefissata e cominciano ad oscillare. Evidentemente, si ipotizzò allora, nel sistema nervoso di un malato di “tremore di mèta” avevano cessato di funzionare questi meccanismi di stabilizzazione. Perciò, dato che il disturbo nell’uomo è associato a lesioni al cervelletto, era questo l’organo dove molto probabilmente questi meccanismi si trovavano. Così cominciava ad apparire la cibernetica: una scienza in cui l’esperienza su macchine automatiche poteva aiutare a studiare la neurofisiologia animale, in particolare quella umana; e nel contempo dove l’esperienza del neurofisiologo poteva aiutare a progettare o comprendere il funzionamento di macchine.

Tra il 1943 e il 1945 un altro tipo di ricerche completarono il quadro di questa scienza in cui era centrale la simbiosi tra esperti di macchine intelligenti e studiosi di organismi viventi. Sul finire del 1943, lo psichiatra Warren McCulloch (1898–1969) ed il brillante matematico e logico Walter Pitts (1923–1969), che era da poco divenuto assistente di Wiener (agosto 1943), pubblicarono un modello teorico di cervello concepito come una rete di neuroni semplificati funzionanti come commutatori automatici, che possono passare da acceso a spento o viceversa quando ricevono un determinato segnale elettrico[32]. La coppia di studiosi dimostrò che questa “rete neuronale”, sotto particolari condizioni, era in grado aveva la stessa capacità computazionale di una Macchina di Turing Universale[33] , risultato che rafforzava l’ipotesi di considerare il modello di McCulloch-Pitts un buon punto di partenza per studiare il cervello umano da un punto di vista teorico (Come dirò meglio più avanti, ripartiranno di qui le ricerche del gruppo napoletano di cibernetica creato da Caianiello).

In quel periodo un altro amico di vecchia data di Wiener, il matematico John von Neumann, era alle prese con i problemi di calcolo posti dalla creazione delle bombe atomiche presso il laboratorio di Los Alamos, soprattutto dal progetto per la bomba ad implosione del plutonio, quella che sarebbe stata sganciata su Nagasaki. Per questo motivo von Neumann faceva avanti e indietro da Los Alamos, per trovare tutte le risorse di calcolo veloce allora sotto sviluppo negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Ecco così un’altra fondamentale tessera del puzzle cibernetico andare al suo posto. In questo caso era stata la neurofisiologia, insieme alla teoria puramente logica di Alan Turing, a dare suggerimenti per costruzione dei computer. Contemporaneamente il computer offriva preziosi spunti per una migliore comprensione del funzionamento del sistema nervoso centrale umano.

Oltre all’aspetto di cross-fertilization tra esperti di macchine e di sistemi nervosi animali, la cibernetica è concepita da Wiener come una scienza/tecnica che verte su una nuova nozione, quella di informazione, importante tanto quanto la materia e l’energia. Che ci si occupi di centrali antiaeree automatiche, di “cervelli” elettronici o di cervelli umani, era nata una nuova scienza che verteva sulla produzione, trasporto, elaborazione, conservazione (memorizzazione) e utilizzo di informazione, allo stesso modo di come la scienza classica aveva fatto con la materia e l’energia. Comprendiamo così il sottotitolo del libro di Wiener La Cibernetica, o Controllo e Comunicazione nell’Animale e nella Macchina.

C’è un ultimo aspetto da cogliere per completare il quadro esposto nel libro. Wiener già prima del 1945 aveva intravisto la prospettiva delle fabbriche automatiche. Se si sostituisce alla centrale antiaerea un “cervello elettronico” ecco ottenuto un versatile sistema che può sostituire di fatto una squadra di artiglieri. Wiener vede all’orizzonte l’avvento di fabbriche automatiche, dotate di computer sempre più veloci, dotate di un consumo energetico sempre più basso (come mostra il cervello umano), in grado di controllare più docili robot e sostituire così i battaglieri operai sindacalmente organizzati. Questa preuccupazione fece impazzire Wiener quando, dopo Hiroshima e Nagasaki, gli fu chiaro a cosa era servita la collaborazione con von Neumann, il quale aveva agito per motivi di sicurezza nazionale senza rivelare a nessuno le finalità ultime della sua spasmodica ricerca di risorse di calcolo.

All’inizio Wiener fu seriamente tentato di dimettersi dal MIT, di abbandonare la ricerca e di mantenere il massimo riserbo sulle sue scoperte e tutto ciò che avrebbe chiamato cibernetica. Nel dicembre 1946 firmò anche una lettera, pubblicata sulla rivista più ricercata di Boston, The Atlantic Monthly, che apparve sotto il titolo “Uno scienziato si ribella”. Si trattava della sua risposta ad uno scienziato alle prese con la missilistica allora in fieri, che gli aveva chiesto il libro, ancora sotto segreto militare, contenente la matematica da lui sviluppata durante la guerra per i predittori. Wiener si rifiutava di dare il libro, in quanto «la stessa politica del Governo durante e dopo la guerra, ossia con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, ha fatto sì che offrire informazioni scientifiche non sia un’azione necessariamente innocente, e che può comportare le conseguenze più gravi». Si impegnava perciò solennemente a non collaborare più in progetti con finalità militari.

La scelta iniziale per il silenzio assoluto si convertì presto nella decisione opposta di dire tutto, rivolgengosi apertamente all’opinione pubblica perché fosse consapevole delle sfide che l’aspettavano. Proprio Cybernetics fu il frutto più maturo di questa scelta. Nel libro Wiener mostra di rendersi anche perfettamente conto del fatto che ormai le sue ricerche avevano avuto una rapida diffusione e che, anzi, le idee base della cibernetica appartenevano allo spirito stesso dell’epoca presente, che gli appariva come un’età cibernetica per antonomasia.
Dopo questo lungo excursus credo che il lettore abbia gli strumenti per apprezzare il seguente brano che ritroviamo in Cybernetics, incluso il pathos che lo anima:
«Quelli fra noi che hanno contribuito alla nuova scienza della cibernetica si trovano cosí in una posizione morale a dir poco scomoda. Abbiamo contribuito alla nascita di una nuova scienza che, come ho detto, comporta sviluppi tecnici con grandi possibilità per il bene e per il male. Non possiamo fare altro che consegnarla al mondo che ci circonda, e questo è il mondo di Belsen e Hiroshima. Non abbiamo neanche la scelta di arrestare questi nuovi sviluppi tecnici. Essi appartengono alla nostra epoca, e il massimo che riusciremmo ad ottenere cercando di sopprimerli sarebbe di metterli nelle mani dei piú irresponsabili e venali dei nostri ingegneri. Il meglio che possiamo fare è agire in modo che un vasto pubblico comprenda le tendenze e gli aspetti di questo lavoro»[34].

Intorno a Cybernetics ed alla cibernetica in quanto tale si sviluppò un fervido dibattito. Vi furono conversazioni con i sindacati statunitensi. Lo scienziato ribelle divenne una figura familiate presso il grande pubblico. I colleghi, non senza luce ed ombre, riconobbero in lui di padre della cibernetica.

 

L’incontro di Caianiello con la cibernetica
Abbiamo detto sopra parlando della sua formazione che, nel giugno 1948, il ventisettenne Eduardo Caianiello era approdato all’MIT, con una borsa di studio di tre mesi. Si tratta di una notizia a cui i biografi tendono a non dare particolare peso, ma nella nostra vicenda svolgeun ruolo particolarmente rilevante. Infatti è rilevante per noi che nell’estate-autunno del 1948 il ventisettenne Caianiello si sia ritrovato nel centro del ciclone suscitato dall’uscita di Cybernetics[35]. Lo si può immaginare catturato dal fermento che la cibernetica suscitava in quel periodo che – come testimonia Giacomo Della Riccia riferendo dei suoi anni di studio a Parigi – faceva accalcare interminabili file di persone per assistere alle conferenze del “padre della cibernetica”[36]. L’eco dell’effetto che Cybernetics ebbe su un giovane Caianiello risuona nelle pagine di lui uomo maturo. «Il nuovo termine – scrive Caianiello in un libro sulla cibernetica scritto con Di Giulio nel 1980 – e il relativo programma di lavoro ebbero, come è noto, una enorme risonanza in tutto il mondo, anche se pochi sanno che Cybernetics, il libro che doveva imporre il nome di Wiener all’attenzione degli studiosi, ebbe una nascita difficile»[37]. Aggiunge che gli editori francesi paventavano un oneroso insuccesso commerciale. Nel 1981, inaugurando l’anno accademico a Salerno, sottolinea l’«interesse istantaneo e universale suscitato da questo libro, che resterà tra i classici della scienza e della filosofia della scienza»[38]. Cybernetics lasciò su Caianiello una sorta di imprinting, che nel 1948 era soltanto un seme, ma che sarebbe divenuto un interesse maturo dieci anni dopo.

A Caianiello non sfuggì l’afflato per una scienza etica e responsabile che spira da ogni poro di Cybernetics e che fu fonte di ispirazione di ogni successivo discorso di Wiener, fino alla sua morte. Afferma Caianiello:
«È da notare che, fin dagli inizi, Wiener ritenne sempre questi studi tanto utili e necessari quanto pericolosi, forse più di quelli volti a sviluppare l’energia atomica: e molti condividono questa preoccupazione. I moderni calcolatori elettronici, che sono, tutto sommato, ancora nella loro infanzia, hanno già mutato le sorti dell’umanità, e sono solo una tra le tante strade aperte dalla nuova scienza. […] È impossibile a chi ha avuto il privilegio di una lunga dimestichezza con Norbert Wiener non accennare almeno, prima che ai fondamentali contributi da lui arrecati alla cibernetica (e questo significa tacere della sua vastissima attività in altri campi della scienza e della cultura), alla sua eccezionale personalità, alla sua statura morale e intellettuale, che lo rendevano indimenticabile a chi lo avesse incontrato anche una sola volta»[39].

Un secondo momento significativo, a cui i biografi di Caianiello danno giustamente enfasi, è il suo incontro con Valentino Braitenberg nel 1954 all’Università di Roma, in occasione di un seminario dedicato ai computer e alla cibernetica[40]. Lo spunto per il seminario era venuto da Enrico Fermi, che non cessò mai di perorare due cause per la ripresa della Fisica teorica italiana: la costruzione di un acceleratore di particelle e quella di un calcolatore elettronico veloce, il che richiedeva di occuparsi di cibernetica, nel modo di pensare dell’epoca[41].

Valentino Braitenberg o Valentin von Braitenberg (1926-2011) è un altoatesino proveniente da una famiglia austriaca di nobile lignaggio che lo ha voluto educare come bilingue italo-tedesco, a differenza di ciò che accadeva e accade di solito in Alto Adige. Dopo iniziali studi di fisica, passa a medicina. Divenuto medico psichiatra, nel 1954, quando Caianiello è all’Università di Roma, lo ritroviamo presso la Clinica delle Malattie Nervose e Mentali della stessa Università, il cui edificio sorge proprio alle spalle dell’Istituto di Fisica, che come “assistente volontario”[42] gestiva il laboratorio di neuroistologia. In seguito studia cibernetica e teoria dell’informazione in Germania e negli Stati Uniti, per approdare a Napoli nel 1958[43].

 

Le due cibernetiche di Wiener
La parola cibernetica aveva nell’accezione wieneriana originale due significati distinti. Da un lato c’era quella che chiamerei “cibernetica in grande”: il tentativo di fare un tutto organico di quell’insieme oggi giustapposto di discipline che va sotto il titolo di scienze e tecnologie dell’informazione: informatica, controlli automatici, neuroscienze, robotica, bionica; si sarebbe trattato di una teoria generale dell’informazione. Era il sogno di una scienza generale della produzione, trasporto, elaborazione e utilizzo dell’informazione nei sistemi biologici e artificiali. Ma non si realizzò mai. E la cibernetica esplose presto in una miriade di specializzazioni. Tra queste spiccava c’era quella che sarebbe stata definita dai francesi informatique, informatica, e che gli anglofoni preferirono sempre continuare a chiamare computer science, “scienza dei computer”.

D’altro canto nella mente di Wiener c’era posto anche per una “cibernetica in piccolo” ed è di questa cibernetica che si parla quando ci si riferisce alla “cibernetica di Wiener”. Si tratta di un approccio minimalista in cui ogni riferimento al computer svanisce, nonostante l’apporto indubitabile e fondamentale che Wiener aveva dato all’invenzione del calcolatore elettronico digitale. Questo approccio dipende da una scelta esplicita di Wiener, dopo la crisi del 1945 e ancor di più del 1946. Egli decise, infatti, si tenersi di proposito il più lontano dalla cibernetica in grande ed in particolare dai numerosi progetti di costruzione di computer, intuendone gli scopi militari. Si legge in Cybernetics:
«Il meglio che possiamo fare è agire in modo che un vasto pubblico comprenda le tendenze e gli aspetti di questo lavoro, e limitare il nostro impegno personale nei campi che, come la fisiologia e la psicologia, sono piú lontani dalla guerra e dallo sfruttamento»[44].

La cibernetica in questo senso “minimalista” sarebbe stata un insieme di ricerche molto specifiche, insieme teoriche e sperimentali, secondo uno stile già messo in pratica in lavori avviati da Wiener con Rosenblueth (1900–1970) e Pitts dal 1945 al 1950. Si trattava in particolare di uno studio neurofisiologico di tipo biofisico o biomatematico, che andava a costituire un paradigma molto ben caratterizzato, distinto da altri approcci biofisici, ed in particolare da quello introdotto da Nicolas Rashevsky (1899–1972) all’Università di Chicago. Il tratto caratterizzante l’approccio di Wiener era nella sottolineatura delle tecniche elettroniche, di telecomunicazione e della teoria matematica dell’informazione[45].

 

La presenza di Wiener a Napoli
Nel fondare nel 1958 la sezione di cibernetica presso l’Istituto di Fisica teorica, curiosamente Caianiello non guarda alla cibernetica con gli occhi consueti del fisico teorico dopo l’esperienza di Los Alamos, con quelli di un Enrico Fermi, per capirci. Scrive Hermann Goldstine che durante la guerra si era occupato dell’ENIAC che «È degno di nota che già allora sia Fermi che Teller erano molto interessati all’idea del calcolo elettronico. Un poco più tardi Fermi mi invitò a Chicago per discutere con lui e il prof. Samuel Allison i particolari dei calcolatori elettronici. Questa conversazione fu per me molto affascinante; mi rivelò l’incredibile capacità di concentrazione che Fermi era in grado di sostenere per sviscerare un problema»[46]. Ancora secondo la testimonianza di Goldstine, Enrico Fermi, come anche il matematico John von Neumann, comprese la possibilità di utilizzare il computer in maniera euristica.

L’idea, su cui poi von Neumann a lungo lavorò, era per quei problemi di cui non si conosceva un metodo analitico pulito, di trovare soluzioni sufficientemente precise mediante i metodi rozzi – per esempio mediante milioni di somme e divisioni – mediante il calcolatore. E successivamente di risalire dal risultato al metodo analitico pulito[47].

Almeno per quel che se ne sa, a Caianiello la cibernetica interessa poco in quanto computer science. Il suo interesse va principalmente a quella che ho definito la “cibernetica in piccolo”. Agisce forse su di lui l’imprinting del 1948. Questo approccio trova una vera e propria epitome nel primo passo che Caianiello fa nell’atto di fondare la sezione di cibernetica dell’Istituto di Fisica Teorica di Napoli, chiamare cioè a dirigerla Valentino Braitenberg. «A parte, e con particolare affetto – ricorda Caianiello nel 1986 – desidero citare Braitenberg con il quale iniziammo l’avventura napoletana della cibernetica»[48]. L’accoppiata di un fisico e di uno psichiatra, neuro-anatomista e neurofisiologo come Braitenberg ricorda da vicino quella tra il matematico Wiener e il neurofisiologo Rosenblueth. Ebbe forse un effetto “trigger” la lettura che Caianiello fece nel 1956 del libro The living brain di Walter Gray Walter (1910–1977)[49], durante una delle sue permanenze a Copenhagen.

Uno dei primi atti pubblici di Caianiello in questo ambito, dopo la creazione della sezione di cibernetica, fu l’organizzazione della Settima Scuola Internazionale Estiva di Fisica tenutasi a Varenna, sul Lago di Como, tra il 7 e il 19 luglio 1958, e per la prima volta dedicata alla “Teoria dell’Informazione”, termine che per Norbert Wiener equivaleva a quello di cibernetica. Caianiello ne fu direttore, e Norbert Wiener presidente. Dell’Istituto di Fisica Teorica di Napoli erano presenti, oltre a Caianiello e Braitenberg, anche i matematici Nello Onesto e Francesco Lauria. L’anno dopo i quattro firmeranno uno dei primi pregevoli studi cibernetici napoletani: A system of coupled oscillators as a functional model of neuronal assemblies[50].

Dopo la Scuola estiva di Varenna iniziò per Wiener un’assiduo rapporto con l’Istituto di Fisica teorica di Caianiello. Nello stesso 1958 si trattenne per tenere un corso nel trimestre autunnale come visiting professor[51]. Tenne un altro corso trimestrale autunnale nel 1960, di ritorno da un viaggio in Russia, dov’era stato invitato per partecipare al Primo Congresso Mondiale della International Federation of Automatic Control[52]. Una terza volta fu nella primavera 1962, per un corso tenutosi tra il 26 aprile e il 13 maggio, su Cybernetics of neural processes, organizzato da Caianiello e sponsorizzato dalla NATO. Wiener vi tenne la lezione inaugurale, su The history and prehistory of Cybernetics. Vi parteciparono, tra gli altri, Valentino Braitenberg, Donald M. MacKay, Gordon Pask, Silvio Ceccato e Charles A. Muses[53]. Wiener si trattenne presso l’Istituto di Fisica Teorica per un ciclo di circa 10 lezioni all’interno del corso di Cibernetica tenuto da Braitenberg. Il ciclo di lezioni era dedicato ad uno dei temi matematici a lui più cari, l’analisi armonica generalizzata. Al corso assistette anche Luigi Maria Ricciardi, che allora studiava Fisica ad indirizzo Cibernetico[54]. Wiener morì nel 1964. Non ho notizie di commemorazioni presso l’Istituto di Fisica Teorica di Napoli.

A Genova tra il 26 e il 30 ottobre 1965 si tenne un Wiener’s Memorial Meeting, nell’aula magna della Facoltà di Ingegneria, organizzato dall’Istituto internazionale delle comunicazioni di Genova. Presidente del Convegno era il fisico Giovanni Polvani, ex presidente del CNR. Intervennero tra gli altri Giorgio de Santillana, Warren McCulloch, Dennis Gabor, Jerome Lettvin, Marvin Minsky, Seymour Papert, Joseph Weizenbaum, Silvio Ceccato, Evandro Agazzi[55].

 

Scuola Internazionale di Fisica

Al centro Norbert Wiener, alla sua sin. Dennis Gabor, in ginocchio tra loro Nello Onesto. Alla sua destra Eduardo Caianiello e Anna Cuzzer. In ginocchio sotto di lei Antonio Lepschy e alla sua destra, in pantaloni corti, Francesco Lauria. Nella fila più alta svetta penultimo a destra Valentino Braitenberg, alla sua destra Benoît Mandelbrot. Immagine tratta dal Supplemento al vol. XIII, serie X del «Nuovo Cimento», n. 2, 3° trimestre 1959. Copyright Società Italiana di Fisica 1959; per gentile concessione della Società Italiana di Fisica.

 

Nel 1968 il gruppo presso l’Istituto di Fisica teorica divenne una struttura autonoma del CNR, il “Laboratorio di Cibernetica”, e si trasferì in una nuova sede, ad Arco Felice, sempre presso Napoli, successivamente trasformato – come tutti i Laboratori del CNR in “Istituto”. Gli anni del ’68 furono forieri di laceranti dissidi all’interno del gruppo, con Caianiello criticato anche per il suo modo disinvolto di ottenere finanziamenti da organizzazioni come la NATO. In quell’anno Braitenberg lasciò Napoli per andare a codirigere il Max Planck Institut für Biologische Kybernetik di Tubinga. Resterà qui fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1994; la direzione dell’Istituto di Arco Felice fu assunta da Caianiello finò al 1972, quando lasciò Napoli alla volta di Salerno. Dove fondò la Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, divenendone preside. Qui istituì una Scuola di Perfezionamento in Scienze Cibernetiche e Fisiche. Nel 1981 fondò l’International Institute for Advanced Scientific Studies (IIASS) a Vietri sul Mare (Salerno), di cui fu presidente fino alla morte, che lo colse a Napoli, il 22 ottobre del 1993. Il 24 maggio 2001 gli fu intitolato l’Istituto di Cibernetica del CNR di Napoli[56].

 

Il lascito di Wiener e quello di McCulloch alla cibernetica napoletana
Sarebbe incompleto il nostro discorso se non citassimo il gruppo che si era andato costituendo all’MIT alla fine degli anni Quaranta come sezione del Research Laboratory of Electronics (RLE), l’erede dell’MIT RadLab diretto dall’ingegnere Jerome Wiesner (1915–1994). Facevano parte di questa sezione cibernetica Walter Pitts e Warren McCulloch, cui si era unito Jerome Lettvin (1920–2011), psichiatra, coetaneo e caro amico di Pitts. All’interno del gruppo si sviluppò però un insanabile dissidio, i cui motivi non sono stati mai del tutto chiariti in maniera convincente. Ciò provocò la fuoriuscita dal gruppo, o forse addirittura il rifiuto di aderirvi proprio di Wiener.
Il gruppo, a cui si aggiunsero altri nomi che diverranno piuttosto noti come Humberto R. Maturana, continuò a lavorare sotto la guida di McCulloch, secondo il paradigma che abbiamo definito “cibernetica in piccolo” e diede alla luce lavori significativi, sebbene la rottura con Wiener, mai sanata, lasciò una dolente ferita che non si rimarginò più. Nei primi anni Sessanta anche McCulloch prese a frequentare l’Istituto di Fisica teorica di Napoli, lasciando una importante impronta nelle ricerche del gruppo napoletano. In quel periodo era appena stato pubblicato il lavoro J. Y. Lettvin, H. R. Maturana, W. S. McCulloch and W. H. Pitts, What the Frog’s eye tells the Frog’s Brain, «Proc. Inst. Radio Engr.» 47 (1959), pp. 1940-1951.

Si può dire che tale articolo con una componente teorica ed una sperimentale, com’era tipico della “cibernetica in piccolo”, rappresentasse bene il culmine del percorso intrapreso fino a quel momento dal gruppo, lavorando sul problema del riconoscimento delle forme sia sul piano tecnico che su quello conoscitivo neurofisiologico.
Per Caianiello egli era stato «una delle più straordinarie personalità che io abbia mai conosciuto; professore al Massachussetts Institute of Technology, umanista, architetto, poeta, oltre che finissimo scienziato, tante volte nostro ospite a Napoli quando vi nasceva la cibernetica, verso il quale ho un debito immenso per l’incoraggiamento e l’entusiastico appoggio che sempre diede ai nostri studi»[57].

In quell’ambito si doveva superare, però, approccio deterministico introdotto dalla prima rete neuronale del 1943. Dunque, aggiungeva Caianiello, «se tuttavia la “logica” è certo parte del pensiero, non si può dire che essa costituisca “tutto il pensiero”: cosa vi è di “logico” nel riconoscere una persona da lontano, dal suo modo di camminare? O una voce al telefono? E qui che comincia la vera sfida, che, oggi, possiamo affrontare solo perché giganti come McCulloch aprirono la strada»[58]. La cibernetica napoletana si riallaccia qui a quella sviluppata da McCulloch, innanzitutto con il saggio di Caianiello, restato pietra miliare, Outline of a theory of thought-processes and thinking machines del 1960[59].

Wiener, nel separarsi dal gruppo di cui avrebbe dovuto essere capo, non aveva abbandonato la ricerca attiva, pur dedicando gran parte del suo tempo alla disseminazione delle sue idee su una scienza responsabile, e sui problemi etici posti dall’età dell’informazione. Si associò a diversi gruppi di ricerca al MIT o all’estero, secondo uno stile step by step, ricerche che si potrebbero definire occasionali ma che non furono nient’affatto erratiche, in quanto furono unificate da un filo rosso che nasceva dalla sua stessa creatività di profondo matematico, e dall’unitarietà di fondo dei problemi matematici che gli stavano a cuore. Uno dei frutti più maturi di questo percorso fu il libro uscito proprio nel 1958 Nonlinear problems in random theory[60]. Si tratta di un insieme di ricerche piuttosto complesse sotto il profilo matematico, in cui Wiener sviluppa il tipo di matematica creata per i predittori antiaerei, applicata a casi non lineari, utilizzando segnali casuali, secondo un approccio già abbozzato in un rapporto segreto del 1942[61].

Tale approccio poteva essere applicato allo studio di reti elettriche non lineari ma anche delle onde cerebrali. Personalmente ricordo con quale venerazione Luigi Maria Ricciardi parlava di questo libro fino a poco prima della prematura scomparsa. Wiener per condurre a termine il gravoso lavoro si avvalse della collaborazione di due ingegneri elettrici: Amar Bose e Yuk Wing Lee[62].

Napoli e Caianiello misero di nuovo uno vicino all’altro Wiener e McCulloch. Ed entrambi con le loro diverse sensibilità lasciarono un’impronta profonda nelle ricerche che furono avviate dal gruppo napoletano di cibernetica. Tuttavia anche a Napoli il dissidio tra i due era palpabile, come mi ha più volte raccontato Giacomo Della Riccia, allora giovane fisico presso dell’Istituto di Caianiello, che Wiener aveva conosciuto in uno dei suoi primi soggiorni napoletani e portò con sé all’MIT per continuare alcuni suoi ambiziosissimi studi di fisica[63]. In uno scritto che rappresenta quasi il suo testamento spirituale, Wiener ricorda Giacomo Della Riccia aggiungendo «of the Institute for Theoretical Physics at Naples»[64].

 

Ringraziamenti
Non posso non ringraziare con tutto il cuore Giacomo Della Riccia, Aldo De Luca e Settimo Termini non solo per le informazioni che mi hanno fornito, e Settimo Termini anche per una attenta lettura delle bozze, ma soprattutto per l’amicizia di cui mi onorano da molti anni, attraverso la quale mi hanno trasmesso un po’ dello spirito che animava il gruppo di Eduardo Renato Caianiello, e che essi giovanilmente conservano nel loro cuore.

Note

[1] Su questo ho avuto occasione di dire qualcosa a Helsinki lo scorso anno: Leone Montagnini, Some Theoretical and Meta-theoretical Issues in Computer Brain-Inspired Projects. Reflecting on the present neo-cybernetic projects looking to the Early Cybernetics. In CLMPS 2015 – 15th Congress of Logic, Methodology, and Philosophy of Science. University of Helsinki, Finland, Helsinki, 4 August 2015. Cfr. libro degli abstract: <http://www.helsinki.fi/lc2015/materials/CLMPS_LC_book%20of%20abstracts%2029.7.2015.pdf>

[2] Aldo De Luca, Eduardo Caianiello e la nascita a Napoli di una ricerca interdisciplinare. In: Pietro Greco e Settimo Termini (cur.). Memoria e progetto. Un modello per il Mezzogiorno che serva a tutto il Paese, Monte San Pietro (Bologna), GEM, pp. 33-46.

[3] Cfr. e-mail di Aldo De Luca a Leone Montagnini, 14 febbraio 2016. Archivio Personale Montagnini (APM)

[4] Aldo De Luca, Eduardo Caianiello e la nascita a Napoli […] cit., p. 33.

[5] Cfr. ad es. Giorgio Colangelo e Massimo Temporelli, La Banda di via Panisperna. Milano, Hoepli, 2013. I calcoli sulle età sono miei.

[6] Cfr. Domenico De Masi, La fantasia e la concretezza. Creatività individuale e di gruppo. Milano, Rizzoli, 2003. Domenico De Masi (cur.), L’emozione e la regola: i gruppi creativi in Europa dal 1850 al 1950, Roma-Bari, Laterza, 1989.

[7] Aldo De Luca, Eduardo Caianiello e la nascita a Napoli […], cit., p. 33.

[8] Aldo De Luca, Some reflections on cybernetics and its scientific heritage. In «Scientiae Mathematicae Japonicae», 64/2 (2006): pp. 243-253, p. 244.

[9] Eduardo R. Caianiello, La macchina pensante, in «Giornale di Fisica». IV, 2 (1962): pp. 117-120, p. 118. Sull’interdisciplinarità nella prima cibernetica cfr. Leone Montagnini, Interdisciplinary issues in Early Cybernetics. In: Lilia Gurova, László Ropolyi, and Csaba Pléh (eds.) New Perspectives on the history of cognitive science, Budapest, Akadémiai Kiadò, 2013, pp. 81-89; un paragone tra quest’ultima e l’accezione di interdisciplinarità in Caianiello: Leone Montagnini, L’interdisciplinarità per Norbert Wiener e per Eduardo Caianiello. In: Pietro Greco e Settimo Termini (cur), Memoria e progetto [cit.], pp. 47-68.

[10] Luisa Bonolis (cur.), Maestri e allievi nella fisica italiana del Novecento. Pavia, La Goliardica Pavese, 2008, p. 461.

[11] Guido Barone e Lelio Mazzarella, Il contributo di Alfonso Maria Liquori allo sviluppo della Chimica e della Biologia Strutturale, in «Rivista del Centro Studi Città della Scienza», 17 febbraio 2016; <http://www.cittadellascienza.it/centrostudi/2016/02/il-contributo-di-alfonso-maria-liquori-allo-sviluppo-della-chimica-e-della-biologia-strutturale/>. Si veda anche il volume Pietro Greco, Lelio Mazzarella e Guido Barone, Alfonso Maria Liquori, Il risveglio scientifico negli anni ’60 a Napoli. Napoli, Edizioni Bibliopolis, 2013.

[12] Cfr. per esempio Marco Pivato, Il miracolo scippato. Le quattro occasioni sprecate della scienza italiana negli anni Sessanta, Roma, Donzelli, 2011. Questo “miracolo scippato” non avrà conseguenze solo sulla ricerca scientifica ma anche sullo sviluppo economico, come era stato già mostrato in modo molto lucido, documentato e convincente da Luciano Gallino, La scomparsa dell’Italia industriale, Torino, Einaudi, 2003.

[13] Maria Marinaro e Gaetano Scarpetta, Eduardo R. Caianiello (1921-1993), Napoli, Società nazionale di scienze, lettere e arti, 1996, pp. 10-12.

[14] Cfr. <http://spec.lib.vt.edu/marshk/bio.htm>.

[15] Eduardo R. Caianiello, An investigation of the decay and absorption of mesons. Part I: Beta-decay and the possible electron-decay of the π-meson. Part II: On the spin of the μ-meson. Ph.D. Thesis, University of Rochester, November 1950.

[16] Cfr. Paolo Cacace, L’atomica europea. I progetti della guerra fredda, il ruolo dell’Italia, le domande del futuro. Prefazione di Sergio Romano. Roma, Fazi, 2004.

[17] Cfr. ad es. il decreto per l’istituzione di tale scuola a Padova DPR n° 1157, 16 ottobre 1957.

[18] Lettera di Robert Marshak a Gilberto Bernardini, 4 luglio 1951, pubblicata da Francesco Guerra in Settimo Termini (cur.), Imagination and rigor: essays on Eduardo R. Caianiello’s scientific heritage. Milano, Springer, 2006, pp. 105-108.

[19] Lettera di Marshak a Bernardini, 4 luglio 1951, cit., p. 106.

[20] Ivi, p. 107.

[21] Ivi, p. 108.

[22] Cfr. attestazione del Rettore del 22 giugno 1963, nel Fascicolo personale di Caianiello presso ACUS (Archivio Centrale dell’Università La Sapienza).

[23] Maria Marinaro e Gaetano Scarpetta, Eduardo R. Caianiello […], cit., p. 16.

[24] Ivi.

[25] In realtà viene a prenderne possesso nel febbraio ’56 per poi tornare subito a Princeton, da dove torna definitivamente solo nel novembre ’56. Cfr. Aldo Covello e Bruno Preziosi, Renato Ricci a Napoli, in F. Gramegna, M. Cinausero, D. Fabris (Cur.) “The Nuclear Physics from the f7/2 to the Quark – Gluon Plasma” Conference Proceedings Vol. 96. SIF, Bologna 2008, p. 1.

[26] Maria Marinaro e Gaetano Scarpetta, Eduardo R. Caianiello […], cit., p. 25. Il corsivo è mio.

[27] Luisa Bonolis (cur.), Maestri e allievi nella fisica italiana del Novecento, Pavia, La Goliardica Pavese, 2008, p. 337, n. 4.

[28] Nato in epoca fascista per celebrare la politica coloniale italiana, negli anni Cinquanta era stato ribattezzato “Ente Mostra d’Oltremare e del Lavoro Italiano nel Mondo”, finalizzandolo alla presenza italiana nel mondo.

[29] Almeno dall’agosto 1958 Caianiello si firma Direttore dell’Istituto di Fisica Teorica. In questo Istituto oltre alla cattedra di fisica teorica tiene dal ’56 al ’61 l’insegnamento di Spettroscopia, dal ’62 al ’64 di Teoria dell’Informazione, ordinamento cibernetico; dal ’64 al ’68 quello di Relatività. Non ho verificato eventuali insegnamenti di Caianiello presso la Scuola di Perfezionamento di Fisica Teorica e Nucleare. Da mia ricognizione nell’Archivio Centrale dell’Università di Napoli ora Federico II (ACUN) sugli Ordini degli Studi degli anni citati e del “Fascicolo Personale dei Professori Incaricati di Caianiello Eduardo”.

[30] Maria Marinaro e Gaetano Scarpetta, Eduardo R. Caianiello […], cit., pp. 28-29.

[31] Sulla figura di Norbert Wiener e la prima cibernetica rimando al mio volume Leone Montagnini, Le Armonie del Disordine. Norbert Wiener matematico-filosofo del Novecento. Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, 2005. È in corso una nuova edizione aggiornata. In ogni caso le mie ulteriori ricerche storiografica hanno confermato ed arricchito di particolari quanto asserito nella prima edizione.

[32] Warren McCulloch e Walter Pitts, A logical calculus of the ideas immanent in nervous activity, «Bull. Math. Biophys.» 5 (1943), pp. 115-133.

[33] Alan Turing. On Computable Numbers, with an Application to the Entscheidungsproblem. In «Proceedings of the London Mathematical Society». 42/2 (1936–37), pp. 230–265.

[34] Norbert Wiener, La Cibernetica, trad. di Giampaolo Barosso, Milano, Il Saggiatore, 1982 (2. ed. it. condotta sulla seconda ed. inglese: New York, MIT Press; New York and London, Wiley & Sons, 1961, aumentata di due capitoli rispetto all’eedizione del 1948: 9: On learning and Self-Reproducing machines; 10: Brain Waves and Self-Organizing Systems), p. 54.

[35] Cfr. Maria Marinaro e Gaetano Scarpetta, Eduardo R. Caianiello […], cit., p. 12.

[36] Fonti di questa confidenza sono varie conversazioni che ho avuto con Giacomo Della Riccia.

[37] Eduardo R. Caianiello e Enzo Di Giulio, La Cibernetica, [collana “Introduzione a”] Firenze, Le Monnier, 1980, p. 1.

[38] Eduardo R. Caianiello, Dalla cibernetica di Wiener allo studio delle strutture. Prolusione letta all’inaugurazione dell’a.a. 1981-1982, Salerno, Università di Salerno, 1982. Riprodotta Salerno, Università di Salerno, 22 giugno 1999, pp. 9-10. Parole simili troviamo in Eduardo R. Caianiello e Enzo Di Giulio, La Cibernetica, cit. p. 3.

[39] Eduardo R. Caianiello e Enzo Di Giulio, La Cibernetica, cit., pp. 2-3.

[40] Le mie fonti su Braitenberg sono: Bruno Preziosi, 1956-1958. Il periodo eroico. In A. Giovannini et. al. (cur.), Festschrift in honour of Eduardo R. Caianiello, Singapore, World Scientific Publ., 1989, v. 1, pp. XVII-XXII, ), p. XXI; Aldo De Luca, In ricordo di Valentino Braitenberg, amico e maestro < http://www.ortnerhofritten.com/AldoDeLuca_VALENTINO.pdf>; Maria Marinaro e Gaetano Scarpetta, Eduardo R. Caianiello […], cit., pp. 31-34. Si veda anche la voce “Valentino Braitenberg” su Wikipedia italiana (aggiornata al 6 marzo 2016).

[41] Enrico Fermi, dopo la guerra, visitò l’Italia due volte. Nell’estate 1949 per partecipare ad un convegno sui raggi cosmici tenutosi a Varenna (Como); si trattenne l’autunno successivo tenendo delle “Conferenze di fisica atomica” a Roma e Milano. Tornò nell’estate del 1954, per una Scuola estiva sulla fisica dei pioni sempre a Varenna. Sarebbe morto a Chicago il 29 novembre 1954.

[42] Bruno Preziosi, 1956-1958. Il periodo eroico, cit., p. XXI. Ho potuto appurare personalmente che non risulta nessun incartamento attestante una presenza ufficiale di Braitenberg presso l’Università La Sapienza, in ACUS, cit.

[43] <http://www.lsdavincimilano.eu/wordpress/moodle29/pluginfile.php?file=%2F12158%2Fmod_resource%2Fcontent%2F0%2FBanzaiBerry_Lezione10_domitilla.pdf>

[44] Norbert Wiener, La Cibernetica, 2 ed. it. p. 54.

[45] È trattata a fondo la distinzione tra l’approccio cibernetico di Wiener e gli altri approcci biofisici è trattata a fondo in Leone Montagnini, Marco Elio Tabacchi and Settimo Termini, Out of a creative jumble of ideas in the middle of last Century: Wiener, interdisciplinarity, and all that. In «Biophysical Chemistry», June 2015.

[46] Herman Goldstine, Il computer da Pascal a von Neumann. Le radici americane dell’elaboratore moderno, Milano, Bompiani, 1981, p. 264.

[47] Ivi, p. 329.

[48] Eduardo R. Caianiello, Fisica e conoscenza, in «Il Mattino» 13 giugno 1986, riprodotto in Eduardo Renato Caianiello, Divagazioni sulla scienza e sul mondo. Raccolta di articoli e altri scritti dal 1977 al 1993, a cura di Eva Caianiello e Enzo di Giulio, Liguori, Napoli 1996, p. 26.

[49] William Grey Walter, The living brain, London, G. Duckworth, 1953.

[50] V. Braitenberg, E. R. Caianiello, F. Lauria and N. Onesto, A system of coupled oscillators as a functional model of neuronal assemblies, «Nuovo Cimento», 1959, 11, pp. 278-282.

[51] Pesi R. Masani, Norbert Wiener, 1894-1964, Basel – Boston – Berlin, Birkhäuser Verlag, 1990, pp. 373-374.

[52] Von Förster, Comments, in Norbert Wiener, Collected Works, IV, p. 253. Gli atti del convegno moscovita furono pubblicato come J. R. Ragazzini, A.T. Fuller (eds.), Automatic and Remote Control. Proceedings of the First World Congress of the International Federation of Automatic Control, Moscow, IFAC, 1960.

[53] E-mail di Aldo De Luca a Leone Montagnini, cit.; Charles A. Muses Il padre della cibernetica (Norbert Wiener, 26 novembre 1894 – 19 marzo 1964). In «La Ricerca Scientifica», vol. 5, n. 13, a. 1965, pp. 3-8 (a pagina 5 una foto di Muses e Wiener all’Istituto di Fisica Teorica di Napoli nell’aprile 1962); gli atti furono pubblicati come Caianiello E. R. (cur.), Cybernetics of neural processes. Procedings of a course held at the international school of physics, sponsored by Nato at the Istituto di fisica teorica, Università di Napoli, April 26-May 13, 1962. Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 1965.

[54] Cfr. e-mail Aldo De Luca a Leone Montagnini, cit

[55] Claudio Pogliano, Alla periferia del nascente impero: il Caso Italia (1945-1968), in Francesco Bianchini, Stefano Franchi e Maurizio Matteuzzi (cur.), Verso un’archeologia dell’intelligenza artificiale, in “Discipline Filosofiche”, 2007, XVII 1, pp. 85-120, pp. 105-106. Pogliano fa anche riferimento ad articoli del “Secolo XIX” usciti dal 26 al 29 ottobre 1965 (nn. 254-257) anonimi tranne quello del 28 ottobre 1965 firmato da Massimo Zamorani.

[56] Sulle attività svolte nel laboratorio di Cibernetica si veda il rendiconto: Ricerche teoriche e sperimentali di cibernetica svolte nell’anno 1961-1962 nel laboratorio di cibernetica presso l’Istituto di fisica teorica dell’Università di Napoli per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, a cura di V. Braitenberg, E.R. Caianiello, C. Crocchiolo, G. Gambardella, F. Lauria, M. Saffiotti, C. Taddei, G. Trautteur, U. Vota Roma, CNR, 1964.

[57] Eduardo R. Caianiello, Dalla scarica elettrica la creatività del neurone, in «Il Mattino» 7/3/1990, riprodotto in E. R. Caianiello, Divagazioni […] cit., pp. 30-31. 

[58] Ivi.

[59] Eduardo R. Caianiello, Outline of a theory of thought-processes and thinking machines. «Journal of theoretical biology», 1/2 aprile (1961), pp. 204-235. Ricevuto il 9 dicembre 1960.

[60] Norbert, Wiener, Nonlinear problems in random theory. New York and London, Wiley & Sons, 1958; Cambridge, Mass., The MIT Press, 1958 e New York, Wiley, 1958.

[61] Norbert Wiener, Response of a non-linear device to noise (8 p.). Radiation Laboratory, MIT, # 129 Report V-165. April 6, 1942. DTIC unclassified nr. ADA800212.

[62] Wiener, Norbert, Nonlinear problems cit., pp. VII-VIII.

[63] Gli studi di Norbert Wiener e Giacomo Della Riccia, interrotti dalla morte del primo, furono pubblicati come Giacomo Della Riccia e Norbert Wiener, Random theory in classical phase space and quantum mechanics, «Proceedings of the International Conference on Functional Analysis», MIT Press, Cambridge (MA) 1964; Della Riccia e N. Wiener, Wave Mechanic s in Classical Phase Space, Brownian Motion and Quantum Theory, in «J. Math. Phys.» 7 (1966), no. 8, pp. 1372-1383.

[64] Norbert Wiener, Perspective in cybernetics in Cybernetics of the nervous system in N. Wiener e J. P. Schadè (cur.), Progress in Brain Research, vol. 17, Amsterdam-New York, Elsevier Pub. C., 1965, pp. 399-408.