Gli stranieri nelle scuole napoletane: numeri e questioni aperte

L’articolo è stato pubblicato nel volume “La scuola ne combina di tutti i colori” a cura dell’Osservatorio sulla condizione scolastica degli alunni con background migratorio – Assessorato Scuola e Istruzione del Comune di Napoli, edizione realizzata dal Liceo Statale “Pasquale Villari” di Napoli

 

Premessa

L’Italia è da alcuni anni uno dei più importanti paesi europei di immigrazione, al pari di Spagna, Francia e Regno Unito, seconda soltanto alla Germania. Ai primi arrivi della fine degli anni ‘70 e dei primi anni ‘80 si sono sovrapposti i flussi migratori successivi, differenti per consistenza e caratteristiche, che negli ultimi anni hanno assunto una dimensione sicuramente maggiore e connotazioni specifiche (Strozza, 2009). All’inizio del 2013 gli stranieri presenti in Italia sono stimati in circa 5 milioni (Blangiardo, 2014), oltre l’8% della popolazione che vive sul territorio nazionale, con una forte eterogeneità interna per area di provenienza, caratteristiche demografiche, modelli migratori, durata della presenza, livello di radicamento e inserimento nel tessuto sociale e produttivo del Paese (Rossi e Strozza, 2007), con differenze non trascurabili tra i diversi contesti territoriali della penisola (Bonifazi, 1998).

Se fino all’inizio del XXI secolo l’attenzione è stata prevalentemente catalizzata dagli ingressi e dalla presenza di immigrati adulti, a causa soprattutto della loro numerosità in forte aumento e della maggiore visibilità, l’interesse verso i figli degli immigrati ha acquistato negli ultimi dieci anni rilievo via via crescente, di pari passo con l’incremento degli arrivi di minori stranieri, per lo più al seguito di familiari o per ricongiungimento, e della sensibile crescita delle nascite da almeno un genitore non italiano (Strozza, 2009). Anche nella città di Napoli, con  il passaggio da zona prevalentemente di transito ad area di stanzialità per gli immigrati, si è accresciuto il numero dei figli degli immigrati e il loro inserimento scolastico è diventato uno degli obiettivi dell’amministrazione comunale, così come della dirigenza scolastica e degli insegnanti delle scuole maggiormente interessate dal fenomeno.

Obiettivo di questo contributo è tracciare un quadro di sfondo sulla presenza nelle scuole napoletane di alunni non italiani sulla base dei dati del MIUR relativi soprattutto all’anno scolastico (a.s.) 2012-2013, tenendo presente che le differenze nell’importanza e nella fisionomia della popolazione immigrata a Napoli rispetto al contesto nazionale è uno degli elementi da tenere a mente nella riflessione sulle strategie più idonee da seguire per favorire l’inclusione e la riuscita scolastica dei nuovi napoletani.

 

Numeri, provenienze e caratteristiche degli stranieri a Napoli

Oggi a Napoli, in base ai dati anagrafici riferiti ad inizio 2014, risiedono oltre 43 mila stranieri che rappresentano oltre il 4% della popolazione. Uno straniero residente su quattro è srilankese, e due su quattro provengono da soli tre paesi: Sri Lanka (il 25%), Ucraina (il 18,2%) e Cina (l’8,4%). I romeni, che nel resto del Paese rappresentano oramai da anni la prima nazionalità tra gli immigrati, a Napoli sono soltanto il 4,7% tra i residenti (Tab. 1). Ma anche gli albanesi e i marocchini, che rappresentano rispettivamente il secondo e il terzo gruppo a livello nazionale, non compaiono nelle prime posizioni della graduatoria a testimonianza della specificità della presenza straniera nella città partenopea.

La presenza di minori stranieri in contesto migratorio attiene per lo più ai progetti iniziali degli adulti e alle modificazione che questi subiscono durante la stessa esperienza migratoria. Generalmente si ritiene che l’anzianità migratoria delle singole persone e la fase del ciclo migratorio siano fortemente correlate alla nascita di nuove famiglie o ai ricongiungimenti familiari, tuttavia la varietà e la complessità delle attuali migrazioni internazionali rendono tali legami meno scontati poiché molteplici sono i fattori che influenzano la formazione delle famiglie in emigrazione.

Venendo allo specifico del contesto locale – dove i minori costituiscono quasi il 14% degli stranieri residenti – ci sono, a Napoli, gruppi nazionali di più antico arrivo nei quali la presenza di bambini è piuttosto contenuta. È questo ad esempio il caso dei Senegalesi (tra i quali i minori sono il 7,8%) che arrivati già negli anni Ottanta non hanno, in questo territorio, una migrazione di tipo familiare, ma sono da sempre presenti o continuano ad arrivare prevalentemente uomini con progetti temporanei o di transito (orientati allo spostamento in altri contesti territoriali) o circolari (migranti stanziali con frequenti ritorni in patria dove vivono la moglie e i figli, e dove investono i guadagni del lavoro in Italia). Al contrario, vi sono migranti di più recente approdo nella città di Napoli, come cinesi e romeni, che partendo già con progetti familiari vedono una rilevante quota (pari al 24% tra i cinesi e al 16% tra i romeni) di bambini e ragazzi sia nati durante la stessa esperienza migratoria, sia arrivati per ricongiungimento, ma anche minori arrivati insieme ai genitori, o ad uno di essi, nella prima fase dell’immigrazione (Strozza et al., 2014).

Tabella1

Gli srilankesi sono la comunità straniera a Napoli nella quale, più che in altre, all’anzianità di presenza (Näre, 2008) e ad una fase migratoria matura corrisponde una rilevante presenza di figli, oltre il 19% del totale: bambini nati a Napoli o che hanno raggiunto i genitori dopo che essi hanno trovato le condizioni socio-economiche per una stabilizzazione sul territorio partenopeo (una casa dignitosa per accogliere i figli, un lavoro non più giorno e notte, ecc.).

Una presenza numericamente significativa di bambini non riguarda solo gruppi nazionali in cui vi è a Napoli un sostanziale equilibrio nella composizione di genere, né soltanto quelli in cui maggiore è il peso delle coppie. In riferimento a questa ultima considerazione va infatti tenuto conto quanto diffuse siano le coppie miste, ma anche le madri sole, o ancora persone con progetti migratori che contemplano la partenza di un solo genitore e dei figli (o parte di essi).

Tra gli ucraini, giunti a Napoli soprattutto negli ultimi quindici anni, è elevata l’incidenza di donne sole con figli spesso anche maggiorenni, al contrario tra i marocchini sono gli uomini che talvolta si fanno raggiungere solo dai figli maschi adolescenti. Vi sono tuttavia significative differenze tra i due casi citati, infatti nel primo, quello delle donne ucraine con figli, l’emigrazione rappresenta una svolta molto importante e per certi versi di rottura con il passato; si tratta infatti di frequente di donne non più spostate (separate, divorziate o vedove) che cercano nuove opportunità per la vita propria e dei figli, proiettandosi e investendo nel nuovo contesto anche in termini formativi: elevata è la domanda di corsi di lingua o di formazione (sebbene già in possesso di elevati titoli di studi e competenze), così come è garantita la prosecuzione degli studi per i figli. Tra gli uomini marocchini, invece, i ragazzi spesso raggiungono il genitore per essere avviati al mondo del lavoro, l’emigrazione – vista anche come un’importante esperienza di crescita e tappa della vita – significa la fine degli studi (Strozza et al., 2014).

Vi sono poi migranti di alcune nazionalità che più frequentemente di altri sono coniugati con italiani (o con stranieri di un altro paese): nel caso delle donne si tratta spesso di persone che provengono da paesi dell’Est Europa (ucraine, polacche, moldave, romene), ma anche capoverdiane e nigeriane, o latinoamericane. Ma vi sono anche donne italiane coniugate o conviventi con uomini dell’Africa, sia Subsahariana che mediterranea. Famiglie mono-genitoriali, madri single con figli nati a Napoli, sono invece più diffuse tra capoverdiani e nigeriani, ma anche tra gli esteuropei (de Filippo, 2010).

Per quanto contenuta sia stata fino ad ora la presenza di figli di immigrati nel territorio di Napoli (de Filippo, 2011) – se paragonata a quella di altre città soprattutto del Centro e del Nord – non c’è dubbio che essa stia aumentando abbastanza velocemente, caratterizzandosi sempre di più per una grande varietà di provenienze, progetti migratori e modelli insediativi, e allo steso tempo da una significativa eterogeneità nella composizione per genere, età, stato civile dei diversi gruppi nazionali.

Tre bambini su quattro a Napoli sono di seconda generazione in senso stretto (Tab. 1), cioè sono nati in Italia durante l’esperienza migratoria dei genitori (o comunque della madre). Rientrano nelle seconda generazione il 95% dei bambini o ragazzi nigeriani, 87% di quelli cinesi e l’85% dei minori capoverdiani, albanesi e tunisini, considerando solo quei gruppi che hanno una proporzione di minori maggiore del 10%. Tra le nazionalità con una bassa proporzione di minorenni ma quasi tutti nati in Italia si segnalano gli algerini e i senegalesi. Invece, tra gli esteuropei e i cittadini del sub-continente indiano la proporzione di minorenni nati sul territorio italiano risulta quasi sempre più bassa. In generale, la così marcata prevalenza delle seconde generazioni in senso stretto potrebbe favorire un inserimento scolastico meno problematico che in altri contesti nazionali in cui prevalgono i ragazzi arrivati in età prescolare e scolare.

Anche in riferimento all’età in cui arrivano i bambini la situazione può risultare molto variegata, infatti se tra i cinesi e gli srilankesi molti arrivano da piccoli (generazioni 1,75 o 1,5), tra i minori esteuropei frequenti sono quelli arrivati adolescenti o preadolescenti (generazioni 1,25).

Ritornando ai progetti migratori va ricordato che vi sono minori stranieri che non sempre sono destinati a rimanere sul territorio nazionale, alcuni di essi nati in Italia, infatti, vengono inviati dai genitori nel paese di origine, altri – perlopiù arrivati per ricongiungimento – non appena se ne creano le condizioni, dopo mesi o anni di vita a Napoli, proseguono verso paesi dell’Europa occidentale e settentrionale, dove i sistemi di welfare e, in particolare, le politiche di sostegno alle famiglie, e le politiche per migranti in protezione umanitaria, sembrano offrire maggiori garanzie per il futuro dei ragazzi. È questo il caso dei ragazzi somali. Nel primo caso, quando i figli vengono inviati nel paese di origine, i genitori proseguono in Italia la propria esperienza migratoria affidando i figli a parenti, dando luogo così alle cosiddette famiglie transnazionali (Parrenas, 2004).

D’altronde numerosi sono gli indicatori di percorsi e progetti migratori ancora incerti, non del tutto definiti o in continua modificazione. Tra questi vi è ad esempio la partecipazione a scuole etniche che mostrano il bisogno di legami linguistici e culturali forti con il paese di origine, ma anche la necessità di costruire condizioni per un eventuale inserimento scolastico e sociale nel paese di origine in caso di ritorno definitivo in patria.

 

A scuola a Napoli: i ragazzi stranieri in una metropoli del Sud

Nell’a.s. 2012-13 gli alunni stranieri iscritti nelle scuole, pubbliche e private, del comune di Napoli sono 3.233, oltre 400 in più rispetto a due anni prima (Tab. 2). Il numero più consistente frequenta la scuola primaria (oltre 1.100 ragazzi), dove il loro impatto risulta il più elevato tra i diversi livelli d’istruzione (sono il 2,2% degli alunni), seguita dalla secondaria di II grado (oltre 900) e quindi da quella di I grado (meno di 700), che però ha il numero medio di alunni per classe più elevato e un’incidenza sul totale alunni che supera il 2%. Nella scuola dell’infanzia i bambini stranieri sono appena 515 pari all’1,7% del totale dei frequentanti, valori che da subito fanno pensare ad uno scarso inserimento nel ciclo che precede la scuola dell’obbligo.

In effetti, confrontando i dati dell’anagrafe comunale di Napoli sui residenti per età con quelli del MIUR sugli iscritti a scuola la questione emerge in modo evidente per tutti i livelli scolastici. Senza dubbio le due fonti sono disomogenee e colgono collettivi in parte differenti. Ci si dovrebbe però attendere tassi di scolarità più elevati di quelli effettivi visto che hanno diritto di frequentare le scuole italiane anche i minori non residenti, indipendentemente dalla condizione giuridica di soggiorno dei loro genitori. Mentre per i ragazzi italiani la scolarità è prossima al massimo o addirittura maggiore del 100 per 100 in alcune età in cui si concentrano le ripetenze, per i ragazzi stranieri risulta in tutte le età sensibilmente al di sotto. Tra i 3 e i 5 anni risulterebbe iscritto a scuola meno di un bambino su due, proporzione nettamente inferiore a quella registrata su scala nazionale tra i ragazzi non italiani censiti come residenti nel 2001 (Strozza, 2008).

Tabella2

La mancata partecipazione sembrerebbe essere la questione più rilevante. Va detto che potrebbe essere possibile che una parte dei minori stranieri registrati in anagrafe in effetti non viva a Napoli o vada a scuole che sono al di fuori del territorio comunale. Senza dubbio la questione merita però grande attenzione. Sembrerebbe che vada a scuola solo il 70% dei ragazzi di 6-10 anni e l’80% di quelli di 11-13 anni, segnale di una dispersione scolastica davvero rilevante che non può essere trascurata. In media, tra i 14 e i 18 anni solo due ragazzi stranieri su tre sono iscritti a scuola, con un tasso di scolarità che addirittura scende sotto il 40% per i neomaggiorenni. Alla dispersione scolastica pare quindi aggiungersi, al crescere dell’età, l’abbandono degli studi, tanto che sembrerebbero una minoranza i giovani di cittadinanza non italiana che arrivano a concludere il percorso scolastico conseguendo un diploma di maturità. Va ribadito che i dati qui commentati per grandi linee meritano di essere valutati con attenzione, poiché derivanti da due fonti diverse, entrambe non esenti da problemi di rilevazione, riferiti a collettivi non perfettamente sovrapponibili e, ancora, perché riguardanti un collettivo particolare estremamente mobile sul territorio. Così come è possibile che parte dei residenti non viva effettivamente a Napoli, allo stesso modo è possibile che taluni alunni stranieri iscritti nelle scuole napoletane siano stati considerati italiani perché nati qui. Il problema potrebbe quindi sgonfiarsi. Non va infine dimenticato che si tratta di dati trasversali che non consentono di ricostruire, se non a livello ipotetico, il percorso formativo scandito di anno in anno dal passaggio da una classe alla successiva. Nonostante tutte le cautele del caso, rimane la sensazione che manchino all’appello non pochi alunni e che sia necessario cercare di capire se tale sensazione risponda alla realtà e, se confermata, ricercarne le cause. I dati di seguito commentati relativi agli iscritti nelle scuole napoletane si potrebbero riferire solo ad una parte, per quanto maggioritaria, della platea della potenziale popolazione scolastica di cittadinanza non italiana.

Gli stranieri sono meno del 2% degli iscritti a scuola, proporzione nettamente inferiore rispetto a quella registrata su scala nazionale (quasi il 9%), anche se in alcuni quartieri del centro storico, come San Lorenzo, Pendino e Montecalvario (oltre che Porto), l’impatto supera il 5% del totale (Fig. 1).

Figura1

La presenza nelle scuole non è però così diffusa visto che quasi la metà (394 scuole su 852, esattamente il 46,2%) non è per niente interessata dal fenomeno (Tab. 3). Significative sono poi le differenze tra istituti statali e privati (Tab. 4): tra i primi il 70% ha alunni non italiani, mentre tra i secondi si scende a meno del 28%. È nella scuola dell’infanzia, dove gli istituti privati risultano maggioritari (55,2%), che la proporzione di scuole con bambini stranieri raggiunge appena il 33% del totale (51% delle statali e meno del 20% delle private). Per inciso, va notato che proprio nel ciclo precedente la scuola dell’obbligo si osserva la proporzione più elevata di bambini stranieri iscritti negli istituti privati: circa il 35%, che scende al 16% nella primaria, al 9% nella secondaria di I grado e quindi a meno del 2% in quella di II grado (Tab. 5).

Tabella3

Tabella4

Tabella5

Più diffusa è invece la presenza nella scuola dell’obbligo e, in particolare, nella secondaria di I grado (quasi l’80% delle scuole ha almeno un alunno straniero). Ciò è dovuto anche al maggiore coinvolgimento degli istituti privati: rispettivamente il 53% nella scuola primaria e il 57% in quella secondaria di I grado. Molto probabilmente sono gli orari prolungati che queste scuole offrono ad interessare le famiglie straniere infatti, a differenza delle materne, un elevato numero di scuole pubbliche primarie e secondarie di primo grado non garantiscono nella città di Napoli orari pomeridiani, con conseguenti problemi di conciliazione per chi lavora.

Solo una piccola quota di istituti scolastici (il 14%) ha una proporzione di alunni stranieri maggiore del 5% del totale degli iscritti. Si tratta nel complesso di 120 istituti, per la gran parte della scuola dell’infanzia (46 scuole) e della primaria (43). Va notato però che nel primo caso l’incidenza maggiore si registra in scuole non statali di piccolissime dimensioni (meno di 50 iscritti) e, in qualche caso, con solo o prevalentemente alunni stranieri. Istituti che sembrano quindi rispondere direttamente ad una domanda di educazione e cura proveniente dalle famiglie immigrate. Nel secondo caso l’incidenza maggiore si osserva in scuole statali di medie (ad esempio, l’I.C. Imbriani-Borelli del quartiere San Lorenzo, con 200 alunni di cui 46 stranieri) o di piccole dimensioni (ad esempio, l’I.C. Campo del Moricino S. Eligio del quartiere Pendino, con 63 alunni di cui 16 stranieri) con oltre il 20% di allievi non italiani. Seguono però nella graduatoria scuole primarie statali di dimensioni maggiori con oltre 40 alunni stranieri che rappresentano comunque più del 10% dell’utenza: solo per fare qualche esempio si tratta dell’I.C. D’Aosta-Paisiello (287 alunni di cui 48 stranieri) o dell’Adelaide Ristori (386 alunni di cui 46 stranieri). Diversi sono pertanto i plessi scolastici con un’incidenza degli alunni stranieri superiore al 10% (ben 33 nella scuola primaria). Contesti nei quali l’inclusione dei bambini figli di immigrati, la questione su come relazionarsi con le famiglie e le tematiche dell’inter-cultura sono o dovrebbero essere all’ordine del giorno dell’agenda scolastica.

Nella secondaria di I grado sono 19 le scuole con almeno il 5% di alunni stranieri, di cui 11 con oltre il 10%. Se si escludono le paritarie e le non paritarie, che hanno un numero ridotto di iscritti in totale, le scuole con l’incidenza maggiore sono la Colletta su Corso Garibaldi (quartiere San Lorenzo), con 148 studenti di cui 30 stranieri (20%) e l’I.C. Ammaturo del quartiere San Pietro a Patierno, con 105 studenti di cui 16 stranieri (15%), ma quelle più frequentate, quasi tutte del quartiere San Lorenzo, sono la Casanova-Costantinopoli (37 alunni stranieri, 6,7% dei frequentanti), la D’Aosta-Scura (35, pari al 13,3%) nella zona Porto, la Sogliano (34, 6,8%) e la Gabelli (27, 6,5%).

Tra le scuole secondarie di II grado quella con la maggiore incidenza di alunni stranieri (quasi il 20%) è l’ex Istituto magistrale Margherita di Savoia, del quartiere Avvocata, che però ha solo 13 iscritti non italiani su un totale di appena 68 studenti. Anche le altre scuole con la maggiore incidenza sono di medie-piccole dimensioni, se si eccettua il caso dell’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali e Turistici “Giustino Fortunato”, del quartiere Vomero, che ha tra i suoi 280 iscritti ben 47 ragazzi stranieri (poco meno del 17%). Le altre scuole con un numero elevato di giovani di cittadinanza non italiana sono l’Istituto Professionale per i Servizi Enogastronomici e l’Ospitalità Alberghiera (I.P.S.S.E.O.A.) “G. Rossini” (31 stranieri pari al 2,4% del totale iscritti), l’I.P.S.S.E.O.A. “Antonio Esposito Ferraioli” (30, 2,8%), il Liceo Statale Margherita di Savoia (28, 4,2%) e l’I.S.I.S. Mario Pagano (27, 2,3%). Si tratta di unità scolastiche dal numero elevatissimo di frequentanti (tra 600 e 1300 studenti ciascuno), all’interno delle quali la componente straniera rimane un segmento marginale e poco rilevante dell’utenza complessiva.

Appare chiaro pertanto come l’incidenza degli alunni stranieri nei diversi ordini e gradi d’istruzione sia fortemente variabile nei diversi quartieri di Napoli (Fig. 2), risultando più elevata nel centro storico e in alcune zone periferiche (Bagnoli quasi sempre e Scampia per la presenza di rom nella primaria) e in particolare in alcune scuole di piccole e medie dimensioni. Le problematiche dell’inclusione scolastica degli alunni stranieri sono pertanto percepite in modo differente nelle varie realtà territoriali e scolastiche.

Figura2

Il maggiore impatto degli alunni non italiani nelle prime classi di ciascun ciclo scolastico (Tab. 6), sembra invece segnalare la loro maggiore difficoltà, rispetto ai coetanei italiani, a concludere positivamente l’anno scolastico. Su scala nazionale i tassi di insuccesso sono proprio in corrispondenza del primo anno della primaria, della secondaria di I grado e, soprattutto, della secondaria di II grado sensibilmente più elevati per gli alunni stranieri, con un differenziale per cittadinanza crescente con il ciclo di studi. Tale situazione è poi confermata anche dal confronto con i dati relativi a due anni prima (a.s. 2010-11): nel tempo il peso degli stranieri risulta in tutti gli ordini e gradi crescente, è palese però come in ogni ciclo scolastico l’incidenza degli alunni non italiani diminuisca nel passaggio dalla prima classe via via a quelle successive dello stesso ciclo scolastico (Fig. 3).

Tabella6

Figura3

Gli alunni iscritti nelle scuole napoletane hanno una struttura di genere sostanzialmente equilibrata (Tab. 7): 1.443 sono maschi e 1.363 sono femmine, con una percentuale di queste ultime pari sostanzialmente alla composizione che si osserva alla nascita (48,6% di femmine). Ci si allontana di poco dalla situazione di equilibrio nella scuola secondaria, con una leggera prevalenza maschile nel I grado e femminile nel II grado, che potrebbe forse dipendere da un minore successo scolastico dei primi rispetto alle seconde.

Tabella7

La composizione per area di cittadinanza sembra riflettere per grandi linee la struttura della presenza straniera nella città, con un peso rilevante della componente asiatica e di quella esteuropea, prevalentemente non comunitaria (Tab. 8). Romeni (13,4%), cinesi (11,7%) e ucraini (9,5%) sono i primi tre gruppi nella scuola dell’infanzia (Fig. 4), dove si segnala però la forte sotto-rappresentazione dei bambini srilankesi (solo al sesto posto con il 4,5%). Anche nella scuola primaria si confermano ai primi tre posti gli stessi gruppi nazionali, ma con posizioni scambiate tra cinesi (6%) e ucraini (11,1%) che seguono i romeni (21,2%). Pure in questo livello educativo sembra esserci una presenza di alunni srilankesi sensibilmente minore di quella attesa (appena il 5%). Nella secondaria di I grado si ripetono le prime tre posizioni già registrate nella primaria (14,7% di romeni, 11% di ucraini e 9,4% di cinesi), con gli srilankesi che recuperano la quarta piazza rappresentando il 7,6% degli iscritti a questo livello educativo. Cambia sensibilmente la composizione per cittadinanza nella secondaria di II grado dove oltre la metà degli studenti non italiani sono di origine esteuropea, soprattutto extracomunitaria, visto che i primi due gruppi per numerosità sono ucraino (26,3%) e russo (7,7%), con quest’ultimo che sopravanza di poco quello romeno (7,5%). I ragazzi srilankesi sono anche questa volta al quarto posto della graduatoria. C’è da chiedersi però quanto le graduatorie degli iscritti a scuola riflettano quelle dei ragazzi presenti sul territorio e quindi come l’eventuale dispersione scolastica possa differire tra i gruppi presenti nel capoluogo partenopeo.

Tabella8

Figura4

Il caso certamente più problematico è quello dei ragazzi srilankesi che solo in minima parte sembrerebbero frequentare le scuole italiane. È anche possibile che molti degli iscritti in anagrafe non siano più a Napoli essendo ritornati nel paese d’origine proprio per ricevere un’istruzione nella lingua madre. Si tratta certamente di una questione meritevole di approfondimento, come sottolineato già in precedenza. Inoltre, la questione non pare per niente circoscritta ad una sola nazionalità, anche se il caso evidenziato è quello prevalente. Rilevanti problemi di dispersione scolastica dovrebbero riguardare anche i cinesi e i filippini, invece tra gli esteuropei generalmente gli iscritti a scuola sono più numerosi dei residenti.

Maggiore dispersione scolastica, minore successo e marcato ritardo scolastico sono questioni che riguardano anche i ragazzi non italiani di Napoli, con livelli di problematicità a volte maggiori (come nel caso della dispersione) e altre volte minori rispetto a quanto registrato su scala nazionale. Uno dei casi in cui le differenze con i coetanei italiani, per quanto ampie, sono a Napoli minori di quelle registrate in Italia è quello della distribuzione per tipo di scuola degli iscritti nella secondaria superiore (Tab. 9). La preferenza tra gli alunni stranieri degli istituti professionali appare evidente soprattutto tra quelli nati all’estero (40% contro meno del 23% degli italiani), generalizzate a tutti i ragazzi non italiani appare invece la scarsa attrattività dei licei classici e scientifici (scelti dal 18% degli stranieri e dal 33% degli italiani). Nel complesso appare ampia la dissomiglianza con gli italiani nella distribuzione per tipo di scuola soprattutto tra i ragazzi stranieri nati all’estero (l’indice relativo è pari al 22%), con divari più contenuti di quanto non si osservano su scala nazionale.

Tabella9

L’analisi distintamente per singola nazionalità, limitatamente a quelle più numerose, consente di notare come la dissomiglianza maggiore con gli italiani (l’indice relatico è uguale ad oltre il 40%) riguarda gli studenti cinesi che sono fortemente richiamati dagli istituti tecnici e poco presenti in quelli professionali, seguono gli srilankesi (quasi 26% è il valore dell’indice), meno attratti dai licei e concentrati negli istituti professionali (Tab. 10). Anche gli ucraini fanno registrare un’elevata dissomiglianza a causa del maggiore addensamento nei professionali, più contenute sono invece le differenze rispetto agli italiani nelle scelte formative degli altri immigrati esteuropei.

Tabella10

In generale, appare evidente come le strategie formative delle diverse comunità straniere presenti sul territorio possano differire e anche di molto le une dalle altre. Pertanto, in un contesto generalizzato in cui non pochi possono risultare gli ostacoli alla partecipazione e alla riuscita scolastica dei ragazzi figli di immigrati, gli amministratori e gli operatori pubblici non devono mai trascurare il fatto che si è in presenza di un universo variegato di persone che provengono da paesi diversi del pianeta con culture, lingue e progetti differenti con i quali bisogna confrontarsi, per trovare le soluzioni più idonee per garantire parità di diritti e di occasioni, nonché di successo e realizzazione. Proprio in sede comunale, all’interno delle singole scuole e di ogni classe che si gioca la partita più difficile per la costruzione della nostra società multiculturale e per la formazione di quelle generazioni che con le competenze acquisite sui banchi di scuola dovrebbero garantire la competitività del nostro paese nel palcoscenico internazionale.

 

Qualche annotazione finale

Nel comune di Napoli gli stranieri rappresentano appena il 4% della popolazione residente, una proporzione che supera di poco quella media nazionale di oltre 10 anni fa. Al minore impatto si coniuga anche un minore livello di stabilizzazione dei residenti, segnalato dal più marcato squilibrio di genere (a favore delle donne), dalla proporzione più bassa di minori di 18 anni, dal peso maggiore dei non coniugati e delle persone in famiglie unipersonali rispetto alla media nazionale. I due aspetti appena richiamati, minore impatto e minore stabilizzazione, fanno sì che la presenza di alunni non italiani nelle scuole napoletane, per quanto accresciutasi nel tempo, rimanga per dimensione assoluta e per impatto sul totale della popolazione scolastica notevolmente meno rilevante che nelle altre grandi città del Centro-Nord del Paese.

Nondimeno, va notato come l’importanza degli alunni non italiani, che in media si attesta intorno ad un tutto sommato “trascurabile” 2%, possa variare in modo ampio tra i quartieri napoletani (da appena lo 0,3% a Miano e Secondigliano fino ad un massimo del 10% nel quartiere Porto) e, soprattutto, tra i diversi istituti scolastici. Nei quartieri e, ancor di più, nelle scuole in cui il fenomeno ha assunto già da qualche tempo una rilevanza non trascurabile, l’importanza e la connotazione strutturale della presenza di alunni con etnie, cittadinanze, background culturali e competenze linguistiche differenti dovrebbe essere chiaramente percepita. Anche la necessità di adottare strategie di accoglimento e accompagnamento nel percorso scolastico e nuove forme di didattica coerenti con i cambiamenti intervenuti nell’utenza dovrebbe aver attecchito nella dirigenza scolastica e nel corpo docente degli istituti napoletani a maggiore presenza di alunni stranieri, così come già verificatosi in molte delle scuole del Centro-Nord. Va notato però che percezione e attenzione per questa novità è probabile che sia minore o del tutto assente nelle scuole in cui il fenomeno è ancora poco o per niente rilevante. Di conseguenza, l’eventuale cambiamento di residenza di una famiglia immigrata all’interno del territorio comunale di Napoli potrebbe avere effetti rilevanti (anche) sull’inserimento scolastico dei figli, il cui trasferimento da una scuola all’altra non di rado modificherebbe in modo rilevante tipologie e modalità di accoglimento.

Questo in un contesto nazionale in cui risulta generalizzata la condizione di svantaggio degli studenti di cittadinanza straniera, in particolare di quelli nati all’estero, rispetto ai compagni di scuola italiani. I tassi di scolarità risultano più bassi, come inferiori sono quelli di promozione, con divari che si ampliano con il crescere delle età e del grado d’istruzione. Anche la scelta del tipo di scuola superiore da frequentare risulta tra gli studenti stranieri meno orientata verso i licei e maggiormente rivolta agli istituti tecnici e professionali di quanto non lo sia tra gli iscritti italiani. Il ritardo scolastico, anche se leggermente meno marcato di qualche anno fa, appare ancora generalizzato per la mancata frequenza della scuola nell’anno della migrazione e/o per il maggiore insuccesso scolastico, ma soprattutto per la criticabile soluzione, adottata abbastanza spesso dalle scuole italiane, di collocare gli alunni stranieri indietro di una o più classi rispetto a quella corrispondente alla loro età anagrafica.

Una problematicità che, per quanto tipica dei figli degli immigrati in diversi paesi di accoglimento e quindi all’interno di differenti sistemi scolastici, non va trascurata ed anzi richiede uno sforzo congiunto dei diversi attori coinvolti rivolto a favorire la piena e proficua partecipazione alle attività scolastiche cercando di rimuovere gli ostacoli all’effettivo apprendimento e alla riuscita scolastica.

Problematiche che nel caso della realtà partenopea potrebbero restare in alcune scuole ancora non pienamente percepite o aver trovato soluzioni (es)temporanee. Senza contare che in alcuni casi (scuole) le questioni da affrontare possono presentarsi con connotazioni specifiche legate ad aspetti sociali, culturali e linguistici tipici di alcune provenienze. Non di rado queste nuove questioni vanno ad aggiungersi a situazioni già difficili di dispersione e insuccesso scolastico degli stessi ragazzi napoletani.

Nel caso dei minori stranieri non vanno poi trascurati i progetti migratori degli adulti che si riflettono sui percorsi e sugli esiti scolastici dei figli, portando in taluni casi anche ad un’alternanza di periodi di studio in Italia e nel paese di origine, e che possono essere motivo di dispersione scolastica. E a questo proposito che dal confronto tra iscritti in anagrafe e iscritti a scuola emerge un dato preoccupante sul numero di bambini residenti che non sembrerebbe essere inserito nel nostro sistema scolastico. Un divario che va valutato con attenzione vista la diversità delle fonti da cui provengono le informazioni. Si tratta comunque di una questione su cui l’assessorato alla scuola del Comune di Napoli da tempo ha istituito un tavolo di confronto con le comunità immigrate più interessate al fenomeno.

Appare allora essenziale un’attenta ricognizione della situazione, nonché degli strumenti adottati nei diversi contesti e per le differenti problematiche. Lo scambio di esperienze, la condivisione delle pratiche, la messa a punto di strategie di intervento congiunte e la successiva verifica dell’efficienza e dell’efficacia delle azioni intraprese può rappresentare la strada più idonea da percorrere per provare a identificare e rimuovere gli ostacoli ad un pieno apprendimento dei saperi da parte dei napoletani d’origine e di adozione, ponendo le basi per una società multietnica e multiculturale solidale e a bassa conflittualità, e per una maggiore valorizzazione delle potenzialità di tutti i cittadini adulti di domani.

Bibliografia

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