Jaws. 73 milioni di squali uccisi ogni anno per la zuppa di pinne
|Nel 1975 usciva “Jaws” di Steven Spielberg: le mascelle del grande squalo bianco terrorizzarono velocemente il mondo. Oggi, a più di 40 anni di distanza, se Uomo e Squalo si incontrano in mare aperto, il più temibile predatore (terrestre) avrà la meglio e il pesce si troverà agonizzante sul fondo, senza pinne.
La Shark finning, o spinnamento, è la pratica che consiste nel tagliare le pinne degli squali mentre questi sono ancora vivi; il resto del corpo viene rigettato in mare, dove all’animale aspettano giorni di agonia prima della morte.
Le pinne di squalo sono un target allettante per i pescatori, perché sono redditizie e hanno un importante valore culturale: vengono infatti utilizzate in un tradizionale piatto cinese, la zuppa di pinne di squalo (chiamata anche “zuppa di ali di pesce”), popolare sin dai tempi della dinastia Ming. In passato, questo piatto veniva offerto dall’Imperatore agli ospiti illustri, in quanto segno del dominio dell’Impero sulle creature marine. Il suo consumo ha risentito dell’aumento della popolazione asiatica, in particolare delle classi più agiate, ed è attualmente uno status symbol servito durante le cene di rappresentanza e i matrimoni. La zuppa è insapore e non ha particolari proprietà nutrienti, ma è il suo valore culturale a decretarne il prezzo: da 50 a 400$/porzione. Solo negli ultimi anni si è registrato un cambio di rotta positivo per quanto riguarda il consumo di questo piatto.
Molti pescatori preferiscono praticare la shark finning piuttosto che presentare l’intero animale al mercato, in quanto le pinne hanno un valore economico superiore al resto del corpo e possono arrivare ad essere vendute a più di 1000$/kg. I pescatori decidono quindi di recidere e caricare in barca solo le pinne (corrispondenti a solo il 2% del peso totale dello squalo) e gettare il resto del corpo per guadagnare spazio sull’imbarcazione trattenendo solo la porzione più proficua. Gli esemplari mutilati vengono solitamente gettati ancora vivi in mare, dove li aspetta una morte lenta: incapaci di nuotare adeguatamente muoiono per soffocamento (o dissanguati) sul fondo dell’oceano. Le pinne vengono successivamente accatastate sulle imbarcazioni, essiccate e vendute, per lo più illegalmente; i compratori le purificano e ne estraggono le fibre per la zuppa. Il mercato delle pinne “pesa” 8 tonnellate/anno.
La crudeltà di questa pesca non è l’unica ragione che ci deve spingere a fermare questa pratica. La shark finning sta avendo importanti ripercussioni sulla popolazione mondiale di questi pesci cartilaginei. Ogni anno vengono uccisi nel mondo 90-110 milioni di squali, e uno dei maggiori incentivi è appunto il mercato delle pinne che conta circa 70-80 milioni di esemplari uccisi/anno. Una problematica spesso dimenticata è che gli squali non differiscono dagli altri pesci solo per lo scheletro cartilagineo: avendo una crescita lenta, una tarda maturità sessuale e un basso numero di piccoli, gli squali sono altamente suscettibili all’estinzione, ed è difficile per molte specie bilanciare le loro popolazioni alla stessa velocità con cui vengono cacciate. La International Union for Conservation of Nature (IUCN) conta 20 specie di squalo tra gli animali iscritti nella lista a rischio estinzione. Alcune popolazioni sono diminuite di oltre il 90% negli ultimi 40 anni: dal 1972 il numero di squali pinna nera è diminuito del 93%, gli squali leuca del 97%, mentre le popolazioni di squalo bruno e squalo martello del 99%.
Un abbattimento così intensivo non è pericoloso solo per gli squali, ma interessa tutto l’ecosistema marino. Una riduzione di squali martello, ad esempio, provoca un aumento della popolazione delle sue prede e così, a discendere, si ripercuote su tutta la piramide alimentare e sulla biodiversità dell’intero biosistema: razze, pesci carnivori ed erbivori, molluschi, bivalvi, alghe e batteri.
Inoltre gli squali, in quanto predatori al vertice della catena alimentare, sono recettori finali di molti elementi inquinanti, tra cui i metalli pesanti. Secondo la Food and Drug Administration (FAO) la concentrazione di mercurio presente sia nelle pinne che nella carne di questi animali supera enormemente il livello di sicurezza alimentare.
Negli ultimi due decenni la pratica dello spinnamento è stata largamente discussa a livello locale e internazionale, e attualmente, ovunque nel mondo, si stanno creando spontaneamente movimenti per la salvaguardia degli squali. Nel 2013 la Convention on International Trade of Endangered Species (CITES) ha aggiunto 5 nuove specie di squali alla lista tra gli animali a rischio prossimo di estinzione: lo scopo è quello di incoraggiare a una maggiore attenzione ambientale e promuovere una pesca sostenibile. Negli USA, dopo la Shark Conservation Act, stilata nel 2010, è possibile scaricare a riva e destinare al mercato solo esemplari interi, con le pinne ancora attaccate al corpo. Shark Saver, un’associazione no profit di San Francisco, con il sostegno di WWF, WildAid, National Geographic, e Nat Geo Wild, ha lanciato, su Sina Weibo (la risposta cinese a Twitter) e altri social network, la campagna “I’m FINished with Fins”, alla quale hanno contribuito volti noti di tutto il mondo.
L’Europa è uno dei maggiori esportatori del mondo di pinne verso l’Asia dell’est (e in particolare verso la Cina, il più grande importatore e consumatore al mondo): Spagna, Francia, Inghilterra e Portogallo si posizionano tra i 20 principali Paesi per la cattura degli squali, e si calcola che gli sbarchi complessivi di questi quattro Stati membri siano secondi nel mondo solo all’Indonesia. A partire dal 2003 Bruxelles si è battuta per vietare questa pratica: il primo regolamento proibiva ai pescatori di rimuovere le pinne degli squali a bordo dei pescherecci, ma concedeva agli Stati membri la possibilità di rilasciare permessi speciali per la rimozione delle pinne dimostrando l’utilizzo di tutte le altre parti dello squalo. Dal 2011, invece, vige il divieto assoluto di spinnamento: il provvedimento impone a tutte le imbarcazioni che pescano nelle acque dell’Unione europea l’obbligo di sbarcare in porto gli squali pescati con le pinne attaccate al corpo; gli Stati membri non sono quindi più autorizzati a concedere permessi di pesca speciali.
Difficile fare una stima quantitativa del fenomeno nel Pacifico: i dati risultano parziali, in quanto spesso si tratta di piccoli pescherecci privati non registrati.
Anche la Cina si è schierata dalla parte dei predatori dei mari e, dal 2013, ha proibito la zuppa di pinne durante le cene ufficiali dello Stato socialista: il popolare piatto ha visto crollare le richieste sul mercato del 82% circa (i prezzi sono precipitati del 47% nelle vendite al dettaglio e 57% all’ingrosso), ma rimane un piatto ambito per matrimoni, ristoranti e hotel di lusso.
Alla brutale pratica del finning vanno aggiunti gli esemplari catturati e uccisi per il mercato dei denti e delle mascelle; la pelle viene largamente utilizzata per la produzione di oggetti d’arredamento, borse, cinture e scarpe; alla cartilagine vengono invece attribuite capacità benefiche, addirittura anti-cancro. Altro mercato quello dell’olio di squalo, che minaccia soprattutto lo squalo elefante, lo squalo balena e la verdesca: la carneficina avviene per produrre beni non essenziali come cosmetici, saponi e integratori.
È importante comprendere quanto la pratica dello Shark Finning e, in generale, la pesca incontrollata degli squali, si ripercuota non solo su una classe già a rischio estinzione, ma indirettamente su tutto l’ecosistema marino. Proteggere questi giganti del mare è inoltre, dal punto di vista mediatico, più difficile rispetto ad altre specie animali, come i delfini o le foche: nonostante si registrino solo 5 morti/anno dovuti agli attacchi degli squali, l’immaginario collettivo li identifica come i feroci predatoti a sangue freddo immaginati da Spielberg. La realtà, però, è ben diversa: non dobbiamo immergerci nelle profondità oscure del mare per vedere la mostruosa creatura che mutila e uccide – dobbiamo solo guardare nello specchio.
Fonti:
http://wildaid.org
http://www.wwf.org
https://www.earthhour.org
http://www.nationalgeographic.com
http://www.natgeotv.com
http://www.seashepherd.org
http://www.finishedwithfins.org
http://www.sharkwater.com
http://www.sharksavers.org
https://www.sharkonline.org
http://www.stopsharkfinning.net
http://pauldegelder.com