Innovazione oggi

Articolo scritto in seguito ad un invito della Confindustria Belluno Dolomiti

 

I limiti del pianeta Terra

Il pianeta Terra su cui viviamo è una specie di astronave che viaggia nell’infinità dell’Universo. È un’astronave del tutto speciale perché non potrà mai “atterrare” in nessun luogo per fare rifornimento, per essere riparata o per sbarazzarsi dei rifiuti che vi si accumulano. L’unico rapporto con l’esterno è la luce che riceve dal Sole, risorsa fondamentale per la vita dei 7,3 miliardi di passeggeri.

La prima cosa di cui essere consapevoli è che il pianeta Terra ha  dimensioni “finite” [1]. Pertanto, fatta eccezione per l’energia solare, le risorse di cui disponiamo sono limitate ed è limitato anche lo spazio in cui collocare i rifiuti. Si tratta di una realtà innegabile; eppure, spesso, non ne teniamo conto.
Nel 1980, le risorse utilizzate estratte dalla Terra ammontavano a 40 miliardi di tonnellate; nel 2015 sono salite a circa 70 miliardi di tonnellate, pari a 27 kg per persona al giorno.  Alle risorse utilizzate vanno aggiunte quantità da due a tre  volte maggiori di risorse estratte ma difficili da utilizzare, rapporto che aumenta costantemente man mano che i depositi di risorse più ricchi si vanno esaurendo [2]. Ci si può chiedere: rimarrà qualcosa per le future generazioni?

Le dimensioni finite del pianeta hanno conseguenze anche per quanto riguarda la collocazione dei rifiuti [3] che si producono ogni volta che si usano risorse; non possiamo sbarazzarcene collocandoli in un non esistente “non luogo”. I rifiuti finiscono inesorabilmente sotto terra, sulla superficie della terra, sulla superficie o sul fondo dei mari e nell’atmosfera; in ogni caso, con conseguenze poco piacevoli. Le scorie di materie plastiche che si sono accumulate nell’Oceano  Pacifico  formano un’ “isola” grande come l’Europa. La quantità di anidride carbonica riversata  in  atmosfera  supera  i  30  miliardi  di  tonnellate  all’anno  e,  come sappiamo, causa un aumento dell’effetto serra ed i conseguenti cambiamenti climatici.

 

Economia lineare ed economia circolare

Queste semplici considerazioni devono farci capire che non è possibile continuare con l’economia lineare (Figura 1), basata sul falso e ingannevole presupposto [4] che le risorse siano infinite e che non ci siano problemi per la collocazione dei rifiuti. Non è possibile, cioè, continuare col consumismo e con “l’usa e getta”. Questo tipo di economia ci sta portando sull’orlo del baratro ecologico [5] ed è la causa delle crescenti, insostenibili disuguaglianze [6]. Anche il Papa, nell’enciclica Laudato si’ [7], lancia un appello accorato: “Di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta. Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale”.
E’ necessario passare quanto prima dall’economia lineare all’economia circolare (Figura 2), nella quale le risorse vengono usate in quantità il più possibile limitate (risparmio) e in modo intelligente (efficienza), per fabbricare oggetti programmati non solo per essere usati, ma anche, quando è necessario, per essere riparati e poi riusati, raccolti e riciclati per fornire nuove risorse. Gli ammonimenti degli scienziati [8], le direttive dell’Unione Europea, le decisioni prese alla Conferenza COP21 di Parigi sui cambiamenti climatici [9] e la bellissima enciclica Laudato si’ di papa Francesco [7] sono esattamente su questa linea.

 

Innovazione: per fare che cosa?

Abbiamo faticosamente attraversato un periodo di recessione. Economisti e politici ci dicono che per uscirne dobbiamo consumare di più perché, se crescono i consumi, cresceranno anche la produzione, l’occupazione e il PIL. Le parole d’ordine sono sviluppo, crescita ed innovazione. L’innovazione, parola oggi così frequentemente usata (20.800.000 voci su Google), è considerata il motore dello sviluppo e della crescita. All’innovazione si chiede dunque di fare aumentare i consumi, cioè di creare prodotti nuovi, sempre più attraenti e desiderabili per il consumatore. Non importa se si tratta di prodotti inutili, perché con la pubblicità si possono sempre imporre sul mercato. Meglio se si riescono a programmare perché si rompano dopo breve tempo, così che si dovranno gettare e non avremo scrupoli nel comprare il modello più recente. Non dobbiamo neppure  preoccuparci di produrre rifiuti, perché troveremo sempre un modo per farli scomparire dalla nostra vista: nascondendoli sottoterra, bruciandoli perché se ne vadano, invisibili, in quella immensa discarica comune che è l’atmosfera, oppure gettandoli nei mari che ricoprono tre quarti della superficie del pianeta. Nel caso dei rifiuti elettronici, poi, potremo continuare a “regalarli” ai paesi sottosviluppati dell’Asia o dell’Africa, dove ci saranno sempre dei poveri che tenteranno di ricavarne qualcosa, con gravi rischi per la loro salute [10].

Una simile ricetta, però, è profondamente sbagliata perché è basata sull’economia lineare ed è quindi insostenibile. Un’innovazione volta soltanto ad aumentare i consumi ci porterebbe al disastro collettivo nel giro di qualche decina d’anni o forse prima. Sappiamo bene che continuando ad immettere anidride carbonica nell’atmosfera stiamo causando cambiamenti climatici sempre più disastrosi ed irreversibili. Sappiamo che le risorse non rinnovabili sono in quantità limitata e che molte di esse hanno già superato il picco di produzione [11]. Sappiamo anche che le risorse rinnovabili, ad es. gli alberi delle foreste e i pesci del mare, non possono sostenere consumi al di sopra di certi limiti [12].
Un classico esempio di  ricetta  sbagliata è  l’accordo  fra Governo, Regione  Emilia-­‐ Romagna e Audi (l’azienda tedesca che possiede la Lamborghini) per la produzione del nuovo SUV Lamborghini a Sant’Agata Bolognese; un accordo celebrato da alcuni politici ed industriali come straordinario esempio di innovazione [13]. Ma tutti sanno che c’è poco o nulla da innovare nei motori a scoppio, usati da più di un secolo. Se si vuol fare innovazione nel campo delle automobili, oggi la si può fare solo sulle auto elettriche (motori elettrici, batterie, dispositivi di ricarica veloce, ecc.), come in effetti stanno facendo le industrie americane, giapponesi e tedesche. I motori elettrici non causano danni all’ambiente e hanno un  rendimento tre volte superiore ai motori a scoppio. Per capire quanto poco innovativo sia il SUV Lamborghini, presentato al salone di Pechino nel 2012 e prodotto presumibilmente a partire dal 2018, basta pensare che nel 2025 Olanda,
Norvegia e anche India prevedono di vietare la vendita ad auto con alimentazione a benzina o gasolio [14].
Con la sua mostruosa potenza di 600 CV, il SUV Lamborghini è un emblema del consumismo e della “civiltà” dell’usa e getta, dalla quale le vere innovazioni dovrebbero farci uscire. Col suo costo di 250.000 euro, è anche l’icona delle disuguaglianze, causa prima dell’insostenibilità sociale.

 

Innovazione per un mondo sostenibile

Sviluppo, crescita ed innovazione oggi sono parole che vanno declinate non più nell’ambito dell’economia lineare, ma dell’economia circolare, la sola che può assicurare un futuro al pianeta ed ai suoi abitanti.
Parlare genericamente di innovazione senza qualificarla non ha senso. Bisogna guardarsi bene da ogni innovazione basata su maggior consumo di risorse,  maggior produzione di rifiuti e aumento delle disuguaglianze. L’unica innovazione che dobbiamo perseguire è quella che ha per obiettivo la sostenibilità nel suo duplice aspetto: sostenibilità ecologica e sostenibilità sociale. Infatti, come scrive papa Francesco nelle sua enciclica [7]: “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-­ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”.

 

Cosa innovare

Le prime cose da innovare sono istruzione e cultura. Bisogna far sapere a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, qual è la situazione reale del mondo in cui viviamo riguardo risorse, rifiuti e disuguaglianze. L’istruzione è in gran parte di competenza dello Stato, ma anche a livello locale si può fare molto. Lo possono fare, con opportuni corsi di aggiornamento, i comuni, le regioni, le confederazioni degli industriali e degli artigiani. Lo possono fare le grandi e anche le piccole imprese con appositi stages per gli studenti. Possono contribuire con iniziative culturali le Fondazioni bancarie, le parrocchie e le associazioni di ogni tipo.

Nell’industria, nell’agricoltura e nei trasporti innovazione per la sostenibilità significa anzitutto ridurre i consumi di energia, di acqua, di suolo e di materie prime, eliminando sprechi ed aumentando l’efficienza dei processi. Il risultato sarà anche una diminuzione dei costi di produzione.
Un settore particolarmente importante è quello dei consumi energetici. Nei prossimi anni il costo dell’energia è destinato ad aumentare e l’uso  dei combustibili fossili sarà progressivamente penalizzato. Quindi, l’innovazione deve essere volta a consumare di meno e facilitare la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili [1, 15]. Consumare meno energia mediante innovazioni nei vari stadi di un processo industriale è una strada già seguita con successo da molte imprese di ogni tipo e dimensione [16].

Per le industrie, il passaggio dall’uso dei combustibili fossili a quello delle energie rinnovabili nella maggior parte dei casi è facilitato dalla disponibilità di tetti, terrazze, coperture per parcheggi e altri spazi inutilizzati dove si possono installare, senza grandi costi, pannelli fotovoltaici, collettori termici e in taluni casi anche pale eoliche. Nelle regioni ricche di scarti vegetali la produzione di energia da biomassa può dare un notevole contributo. L’esempio più eclatante di grande industria che ha affrontato seriamente il problema energetico è quello della Tesla che nel nuovo gigantesco stabilimento del Nevada, in cui verranno costruite batterie al litio per auto elettriche, tutta l’energia necessaria sarà autoprodotta con fonti rinnovabili (net Zero Energy) [17].

Al risparmio nel consumo di energia deve affiancarsi il risparmio nel consumo delle materie prime. Tecnici specializzati in questi settori e nella valutazione dell’impatto ambientale sia dei rifiuti che dei prodotti giocheranno un ruolo sempre più importante per creare un mondo sostenibile.
Come già accennato, nell’economia circolare la progettazione di un prodotto deve prevedere non solo l’uso a cui il prodotto è destinato, ma anche la possibilità che possa essere riparato, ad esempio mediante la sostituzione delle sue parti più soggette all’usura. In fase di progettazione si dovrà anche tener conto del fatto che, quando il prodotto non potrà più essere usato come tale, si possano  usare per altri scopi alcune sue parti, facilmente individuabili e separabili. Infine, il prodotto deve essere progettato considerando anche la facilità di procedere al riciclo dei suoi singoli componenti per rigenerare risorse. Un numero sempre maggiore di imprese si dedicherà al recupero dei materiali e l’innovazione  giocherà un ruolo importante nel rendere il riciclo sempre più efficiente ed economicamente conveniente (waste = opportunity [18]). Tutto ciò permetterà di generare nuovi posti di lavoro. In un mondo con risorse limitate, ma sempre più digitalizzato e interconnesso, verranno venduti sempre di più servizi piuttosto che prodotti. A causa dell’aumento dei costi di trasporto, le imprese basate su materiali devono rivolgersi a mercati ristretti, mentre chi vende informazioni può operare su un mercato globale (atoms are local, bits are global [18]).

Le imprese debbono considerare che l’innovazione responsabile, cioè l’innovazione nella direzione della sostenibilità, sarà sempre più premiata perché  si va diffondendo fra la gente la consapevolezza che bisogna porre rimedio alla  crisi energetica e climatica e più in generale ai danni causati dall’economia dell’usa e getta. Già oggi molti acquirenti, e il loro numero aumenterà costantemente, sono disposti a pagare di più se hanno la certezza che quello che comprano è stato prodotto seguendo i criteri della sostenibilità. Un modo efficace per acquistare quote di mercato è pubblicizzare il valore aggiunto, ecologico ed etico, che deriva da una produzione sostenibile.

L’altro aspetto della sostenibilità, quello relativo alle disuguaglianze, è oggetto di numerosi studi. La storia mostra che la disuguaglianza è una conseguenza del progresso [19]. Le fughe in avanti di poche nazioni o di poche persone lasciano indietro, inesorabilmente, molte nazioni e molte persone. Purtroppo in molti casi lo sviluppo di un paese avviene a spese di un altro e lo sviluppo di una classe sociale a spese di un’altra, e questo non dovrebbe accadere. Il capitalismo  produce meccanicamente delle ineguaglianze insostenibili, arbitrarie. La disuguaglianza di reddito si autoalimenta e dovrebbe essere frenata con tetti agli stipendi troppo elevati e con una appropriata tassazione progressiva [6]. Un’indagine estesa a molti Paesi sviluppati [20] indica che i problemi sociali e sanitari sono tanto più gravi quanto maggiore è la disuguaglianza di reddito nella popolazione e che, indipendentemente dal reddito medio, al crescere della disuguaglianza aumentano gli indici di malessere e diminuiscono quelli di benessere  (Figura  3,  [21]).  Nel  Regno  Unito,  per  esempio,  si  è  stimato che basterebbe dimezzare la disuguaglianza di reddito per ridurre del 65% le malattie mentali e aumentare dell’85% il livello di fiducia, con beneficio non solo dei poveri, ma della società nel suo insieme. Quindi, nei Paesi sviluppati, se si vuole aumentare la qualità della vita, non è tanto importante perseguire un’ulteriore crescita economica, ma piuttosto si devono ridurre le disuguaglianze. Non si possono risolvere i problemi del mondo producendo di più e, allo stesso tempo, aumentando le disuguaglianze, come è avvenuto negli scorsi decenni. D’altro canto, le disuguaglianze non possono essere risolte con una caritatevole politica sociale perché è il lavoro che dà dignità all’uomo. C’è da innovare, quindi, anche nei rapporti fra imprese e lavoratori. Il Papa dice che “Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale. … L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la Regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune” [7].

 

Conclusione

L’innovazione è e rimarrà sempre il motore della crescita e dello sviluppo. Ma oggi sappiamo che crescita e sviluppo devono essere governati non più dal consumismo, ma dalla sostenibilità ecologica e sociale. Ci vuole molta innovazione per ottimizzare l’uso delle risorse, evitare sprechi, fare di più con meno, massimizzare l’efficienza dei processi, ridurre la quantità di rifiuti, mirare alla riparazione e non alla rottamazione, riciclare e anche per ridurre le disuguaglianze all’interno di ciascuna nazione, fra le nazioni e fra il Nord e il Sud del mondo.

L’abbandono del consumismo e lo sviluppo di un’economia circolare sostenibile dipende anche da ciascuno di noi. Un cambiamento nei nostri stili di vita può esercitare una forte pressione su coloro che detengono il potere politico ed economico e che ci spingono all’usa e getta. Come suggerisce papa Francesco, “la coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini” [7].
Il problema di ridurre le disuguaglianze per aumentare la qualità della vita di tutta la società deve essere affrontato dalla politica e dall’economia, a tutti i livelli: regionale, nazionale, europeo, globale. Non dobbiamo dimenticare però che ciascuno di noi, nel campo in cui opera, con le competenze di cui dispone, nella situazione in cui si trova, può dare un suo valido contributo per costruire una società più equa e più giusta, facendo leva sulle preziose energie spirituali che caratterizzano l’uomo: responsabilità, sobrietà, collaborazione, solidarietà, amicizia, creatività.

 

Economia lineare

Economia circolare

Livello di istruzione e malattie mentali

 

 

Note

[1] N. Armaroli, V. Balzani: Energia per l’astronave Terra, Zanichelli, 2011.
[2] http://wupperinst.org/uploads/tx_wupperinst/Factsheet_Measuring_Resource_Extraction.pdf accessibile da http://wupperinst.org/en/a/wi/a/s/ad/2148/
[3] V. Balzani, M. Venturi: Energia, risorse, ambiente, Zanichelli, 2014.
[4]http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/La-­‐fugadallarealtaeilmito dellacrescitainfinita
[5] L.R Brown: World on the Edge: How to Prevent Environmental and Economic Collapse, Earth Policy Institute, Washington (DC), 2011.
[6] T. Piketty: Disuguaglianze, Università Bocconi Editore, 2014.
[7] Francesco: Laudato si’, Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Paoline Editoriale Libri, 2015.
[8] http://ar5-­‐syr.ipcc.ch/
[9] http://www.accordodiparigi.it/
[10] http://ourworld.unu.edu/en/toxic-­‐e-­wastedumpedinpoornationssays unitednations
[11] U. Bardi: Extracted: How the Quest for Mineral Wealth Is Plundering the Planet, Chelsea Green, White River Junction, Vermont (USA), 2014.
[12] http://www.footprintnetwork.org/it/
[13]http://www.regione.emilia-­‐romagna.it/notizie/2015/maggio/nuovosuv lamborghinifirmatoapalazzochigiprotocollodintesatraministerosviluppo economicoeregione
[14] www.huffingtonpost.it/…/auto-­‐elettricheolanda_n_9640970.html
[15] A.B Lovins: Reinventing Fire: Bold Business Solutions for the New Energy Era, Chelsea Green Publishing, White River Junction, Vermont (USA), 2011.
[16]http://www.energyefficiencycentre.org/Nyheder/2016/02/New-­Publication-ReleasedBestPracticesforImprovingIndustrialEnergyEfficiency?id=b2bedb2b05a3­444f­ae5e­55ee3c8f1a68
[17] https://www.teslamotors.com/gigafactory
[18] J.B. Moody, B. Nogrady: The Sixth Wave: How to Succeed in a Resource-­limited World,  Random House Australia Pty Ltd, 2010.
[19] A. Deaton: La Grande fuga: salute, ricchezza e origini della disuguaglianza, Il Mulino, Bologna, 2015.
[20] https://www.equalitytrust.org.uk/
[21] http://www.slideshare.net/equalitytrust