Il DiARC, Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federco II, contempla un vasto spettro di ricerche, di base e applicate, che comprendono: la progettazione architettonica e urbana, la storia dell’architettura, il restauro del patrimonio architettonico e paesaggistico, l’urbanistica e la pianificazione territoriale, il rilievo e la rappresentazione del costruito, il design e la progettazione tecnologica e ambientale dell’architettura, l’arredamento, unitamente ad ambiti complementari connessi alle materie giuridiche, all’analisi matematica e alle procedure estimative, all’elaborazione informatica dei dati e ai sistemi informativi territoriali.

La Tianjin International Design Week rappresenta un momento significativo di attività di scambio culturale e scientifico a Tianjin. Fortemente sostenuto dal Comitato del Partito Municipale di Tianjin e dal Governo Municipale, con il sostegno congiunto del Tianjin Municipal Science and Technology Bureau, del Comitato del Distretto di Hebei e delle loro imprese collegate, ha ormai raggiunto la sua sesta edizione. La Tianjin International Design Week è ormai diventata un’importante attività di brand per le borse estere di Tianjin legata alla promozione e allo sviluppo dell’industria del design. Nel 2016, è stata l’unica realtà cinese a partecipare alla Triennale Internazionale di Milano.

L’intervista è di Massimiliano Campi, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, referente italiano della Tianjin International Design Week

campi-massimiliano-1

Professore, quali sono i punti di forza di questa esperienza di cooperazione oramai decennale sviluppata con la Tianjin International Design Week?

I punti di forza si possono sintetizzare in tre parole: convergenza, sperimentazione e futuro. L’obiettivo all’inizio era quello di promuovere semplicemente il design italiano in Cina, come tanti eventi che si organizzavano e che ancora si organizzano. Nel tempo la TDW, la Tianjin International Design Week, è diventata un punto di incontro tra le due culture sul piano delle arti in una scala più ampia, con una formula molto orientata alla ricerca e all’innovazione del progetto, piuttosto che una semplice vetrina di prodotti industriali. La TDW oggi non è solo promozione delle arti italiane, ma ha dato all’Italia il ruolo di motore trainante di uno sviluppo sulla configurazione di nuovi scenari della civiltà visiva per leggere architettura, arte e design in chiave globale. Questa è la sfida per il futuro che determina la forza di questa collaborazione: trovare insieme un nuovo assetto figurativo dell’arte, dove la creatività dei singoli paesi possa esprimere al massimo la sua potenza rigeneratrice per migliorare il domani comune.

 

Come avete superato le difficoltà e proseguito la cooperazione con la Cina in questi mesi della pandemia?

In un primo momento si è pensato di sospendere tutto e di riprendere in tempi diversi, ma poi è sopraggiunto un senso di sfida e di speranza e abbiamo deciso di sfruttare al meglio le piattaforme digitali per preparare l’evento, addirittura amplificando ulteriormente gli obiettivi. Così siamo riusciti non solo a inaugurare la Tianjin International Design Week in tempo per maggio, come ogni anno, ma per l’edizione 2020 abbiamo cambiato la formula ampliando il ciclo di eventi fino a dicembre, con appuntamenti in spazi espositivi sia in presenza che in modalità digitale, ottimizzando le risorse e adattandole alle necessarie prescrizioni di salvaguardia della salute. Sarà una TDW diversa, ma piena di sperimentazioni interessanti.

Quali ritiene essere le principali differenze circa i metodi di approccio all’architettura e al design tra l’Italia e la Cina? Come possiamo imparare l’uno dall’altro?

Noi mettiamo al centro il processo creativo dell’architettura e del design, loro invece hanno un approccio estremamente pragmatico e operativo sulle efficienze produttive. I due approcci sono evidentemente complementari per il raggiungimento dei più alti obiettivi, perciò la collaborazione tra i due paesi in questi campi è importantissima. Insieme esprimiamo al meglio le nostre prerogative tradizionali, che sono parti fondamentali di un unico processo di realizzazione di un prodotto qualitativamente alto. Ci compensiamo nelle nostre migliori abilità e così abbiamo modo di apprendere reciprocamente per superare i nostri limiti.

Come cambierà l’architettura e il design nell’era post covid-19, quali sono a questo proposito le tematiche di cooperazione più promettenti con la Cina?

 Una cosa è certa: le migliori menti hanno bene inteso quanto siamo connessi, seppur nelle distanze fisiche e culturali. Quello che succede in una parte del pianeta interessa anche le zone più distanti da esso, in un sistema di relazioni che in poco tempo supera con estrema facilità qualsiasi confine o barriera. Questa consapevolezza ci suggerisce che la cooperazione tra i paesi è questione di reciproco beneficio. L’architettura e il design devono adattarsi ai potenziali scenari pandemici, progettando spazi e oggetti che in poco tempo si adattano per affrontare situazioni di emergenza e che siano in grado di ritornare a un assetto normale una volta che la crisi è passata. Le faccio un esempio: non è importante né tantomeno vantaggioso costruire un ospedale in poco tempo e poi dismetterlo, ma è fondamentale che uno spazio costruito sia in grado di adattarsi velocemente a differenti situazioni per poi ritornare al suo assetto inziale. Ecco questo è un tema che si dovrà affrontare con forza nelle prossime cooperazioni: come produrre architettura e design che sappiano riconfigurarsi rapidamente per differenti necessità, come fanno gli organismi viventi che cercano di adattarsi ai cambiamenti per sopravvivere al meglio.

Internazionalizzazione vuol dire prima di tutto mobilità: quali sono i progetti attualmente in atto per facilitare la mobilità studentesca e del personale docente in questo periodo post covid?

Internazionalizzazione significa oggi circolarità delle idee e delle esperienze tra i diversi paesi, ancor più che mobilità. Certo la possibilità di muoversi e viaggiare è fondamentale per consolidare rapporti e per radicare collaborazioni, ma abbiamo certamente capito che alcune fasi possono essere affrontate con maggiore efficienza anche a distanza, aumentando paradossalmente la produttività perché’ il confronto è più frequente e le decisioni quindi sono più veloci. Se sapremo utilizzare al meglio il digitale, si apriranno nuovi scenari di collaborazione scientifica e produttiva. Ora è solo l’inizio, dobbiamo evolvere per adattarci a queste nuove modalità lavorative, ma i benefici possono essere enormi. Formazione e lavoro in remoto sono i temi che dovranno essere riprogettati a breve per costituire la fase uno dei rapporti di collaborazione, che poi vivranno di mobilità e spostamento nella fase successiva. In questo modo l’internazionalizzazione sarà potenziata da possibilità di partecipazione prima inimmaginabili.