L’Istituto per i Polimeri, Compositi e Biomateriali (IPCB) svolge attività di ricerca nel campo della chimica e del design di nuovi materiali a base polimerica, dei processi e delle tecnologie abilitanti che sostengono ed alimentano lo sviluppo di diversi settori fondamentali per la società e il sistema economico del Paese. Le tematiche di particolare valenza strategica sono sviluppate attraverso tre piattaforme di ricerca: sostenibilità, salute e nanomedicina, materiali avanzati. Attraverso tali tematiche l’IPCB integra a livello regionale, nazionale ed europeo l l’eccellenza scientifica in temi ad alto impatto sociale ed economico in grado di valorizzare la ricerca e la conoscenza.

L’intervista a Mario Malinconico, Direttore di Ricerca, IPCB-CNR, Capo del Laboratorio di Synthesis and Chemical Modification, Presidente Italiano della International Solid Waste Association.

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Quali sono le cooperazioni più rilevanti da un punto di vista scientifico che ha condotto con colleghi cinesi? Quali sono i principali output di questa collaborazione?

La mia attività di cooperazione con la Cina incentrata su problematiche connesse con il riciclo delle materie plastiche risale a 15 anni fa. La Cina è stata per tantissimi anni uno dei paesi che ha ricevuto dall’Europa rifiuti tossici che venivano riconvertiti con la necessità di alzare il contenuto tecnologico dei riciclati; sapendo che il nostro Istituto si occupava di riciclo di materie plastiche, i cinesi ci contattarono, in particolare, l’istituto di nanotecnologie dell’Università di Wenzhou. Per anni abbiamo collaborato con loro ed è anche stato ospitato presso di noi un loro giovane ricercatore che è stato coinvolto in diverse attività tra cui il riciclo di imballaggi di polistirolo espanso e il riciclo di materiali termoindurenti. A quel tempo questa collaborazione portò allo sviluppo di know how che si tradusse anche nella realizzazione poi di un centro tecnologico nello Zhejiang. In epoche più recenti, circa 10 anni fa, si è invece sviluppata una collaborazione nello sviluppo di materiali per l’agricoltura come polimeri biodegradabili e sostenibili per sostituire le materie plastiche utilizzate in agricoltura. Queste in Cina rappresentano un grosso problema di impatto ambientale specie nella gestione del ‘fine vita’ dei materiali; questo progetto si è sviluppato in seguito e ha visto nascere un accordo di collaborazione con l’ BAST-Istituto per le Fibre Tessili Naturali cinesi del CAAS, l’Accademia Cinese per l’Agricoltura che ha sede nella città di Changsha, capitale dell’Hunan. Abbiamo conosciuto importanti esponenti del BAST durante la Settimana Italia-Cina organizzata da Città della Scienza e l’anno successivo è stato fatto un protocollo di intesa con il CNR con il mio Istituto nell’ambito del quale mi sono recato personalmente in Cina per svolgere attività di cooperazione e i colleghi cinesi sono venuti a loro volta da noi in Italia nel corso del 2016/2017. Durante questa collaborazione, i colleghi cinesi hanno creato un’unità specifica sulla sostenibilità dei materiali in agricoltura. Questo accordo di cooperazione ha avuto finanziamenti dal governo cinese, in particolare dal Ministero dell’Agricoltura con il quale sono stati finanziati azioni di mobilità fino a che è stato possibile. Nel 2019 è stata presentata, sempre nell’ambito di questo accordo, un’ulteriore domanda per il prolungamento per un nuovo bando di Exchange Visit che si doveva realizzare nel 2020, ma purtroppo bloccato dalla pandemia.

Come sono riprese le collaborazioni scientifiche con il perdurare di questa pandemia?

Il perdurare della pandemia ha fermato la collaborazione in presenza e quindi il training in Cina e in Italia dei ricercatori. Recentemente, il nostro Istituto ha svolto una serie di conferenze online per i ricercatori cinesi incentrati sul settore delle bioplastiche. La cooperazione continua, ma chiaramente a distanza, in attesa di poter riprendere dei rapporti fisici di scambio di ricercatori fra i due Paesi.

Come si sta preparando la Cina a trasformare la sua economia in una economia circolare? Quali sono le priorità in materia di ricerca e quali sono le tecnologie innovative che si stanno sviluppando nel suo campo?

Il fatto che la Cina stia sviluppando internamente dei processi di economia circolare è evidente, proprio in questi ultimi mesi, nel settore nelle materie plastiche. La Cina fino a 3 anni fa era il maggiore paese verso cui l’Europa esportava i materiali riciclati plastici non utilizzati internamente (parliamo di più di un milione di tonnellate di materie plastiche all’anno), per cui la Cina importava le materie plastiche riciclate ed esportava poi i prodotti rigenerati verso l’Europa e verso tutti gli altri paesi del mondo.  Da qualche anno, sia per motivi di carattere ambientale, per evitare di far arrivare in Cina materiali potenzialmente affetti da contaminazioni di scarso valore, sia per effetto dei consumi interni di materie plastiche per gli imballaggi, la Cina ha deciso di bloccare l’importazione di queste plastiche riciclate e di sviluppare invece internamente una filiera virtuosa di riciclo. Storicamente, quest’ultima o non si effettuava con materiali interni oppure essi venivano semplicemente bruciati per la produzione di energia. La Cina, dunque, sta aumentando la propria sensibilità ambientale come pure sta aumentando le tecnologie, l’impiantistica per l’utilizzo di materiali plastici per i circuiti interni di riciclo. Nel settore dell’agricoltura, rimane una grande priorità, perché in Cina le zone interne sono ad altissima vocazione agricola e dalle colture estensive (che non facevano uso di materie plastiche) si sono spostati verso colture intensive (coltivazioni sotto serra, con film plastici stesi sul terreno); questo ha portato un sempre più evidente problema di inquinamento. Le plastiche biodegradabili sono all’attenzione del governo, ci sono state delle direttive del governo cinese in questa direzione come la sostituzione delle materie plastiche non biodegradabili in agricoltura con film plastici biodegradabili e compostabili nel suolo. Dunque, la Cina è alla ricerca di tecnologie avanzate, quali quelle che proponiamo come vernici che sostituiscono i film plastici; esse vengono applicate a spruzzo al suolo proteggendo le coltivazioni ed hanno una più facile gestione del ‘fine vita’ perché sono sostanze completamente naturali. Pertanto, la ricerca nel settore dei materiali in Cina va avanti nella direzione sia della riduzione dell’impatto ambientale, e quindi in termini di economia chimica sostenibile, sia di materiali plastici biodegradabili per le applicazioni di largo consumo.

Perché consiglierebbe ad un giovane ricercatore o innovatore di fare un’esperienza in Cina? Quali sono le principali opportunità che troverebbe?

Le attività di cooperazione Italia-Cina sotto la spinta del Miur, del CNR e col coordinamento di Città della Scienza, si sono intensificate notevolmente. La Cina che 15 anni fa non aveva una rete di infrastrutture e di laboratori, in questi ultimi anni ha fatto un investimento potentissimo nei parchi scientifici e tecnologici e nella strumentazione, ha fatto anche dei forti investimenti territoriali e settoriali. Infatti, esistono delle aree in cui si sviluppano principalmente le tecnologie dei materiali, altre in cui si sviluppa la robotica, altre in cui si sviluppano i trasporti e l’aerospazio. Nel mio settore le opportunità sono notevolissime. Nel ranking delle pubblicazioni scientifiche di maggiore impatto la Cina ha scalato rapidamente le posizioni fino ad arrivare alle prime posizioni mondiali. Significa oggettivamente che sia un paese in cui si può lavorare e studiare bene e avere a disposizione attrezzature al top. È da intensificare il rapporto di cooperazione, almeno quando io ero un giovane ricercatore era più frequente trovare in Europa e negli USA giovani ricercatori cinesi inviati ad imparare ora è sempre più evidente che siamo noi a dover imparare da loro. Grandi opportunità, grandi apparecchiature e centri di ricerca di altissimo livello.