Sin dal 1955 l’Università del Salento promuove una formazione pluralista ed offre attualmente un’ampia gamma di opportunità educative, dagli Studi Umanistici e Sociali a quelli Scientifici ed Ingegneristici, passando per Economia e Giurisprudenza. I suoi quasi 800 docenti e ricercatori ed oltre 500 amministrativi e tecnici supportano le esigenze di circa 18.000 studenti. Con 61 corsi di studio, 30 centri di ricerca ed suoi oltre 150 partner internazionali, affronta le sue missioni istituzionali con un forte approccio interdisciplinare ed una vocazione internazionale.

 

Claudio Petti, Responsabile Programma di Cooperazione con la Cina,  Ricercatore di Economia Applicata

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L’Università del Salento ha rafforzato in questi anni le attività di cooperazione con la Cina, quali sono gli obiettivi e i principali risultati di questa azione?

Le prime collaborazioni dell’Università del Salento con la Cina risalgono al 1994. Da allora le collaborazioni si sono diffuse ed hanno attraversato trasversalmente tutte le aree dell’Ateneo. La nostra comunità accademica ha più di 20 collaborazioni in 10 città cinesi le quali, anche grazie al recente impulso di diversi progetti europei, regionali ed iniziative ministeriali, hanno portato a significativi scambi di ricercatori e studenti, nonché imprenditori, tra programmi internazionali di mobilità accademica, di dottorato, visite istituzionali, eventi ed iniziative congiunte. In questi giorni stiamo completando gli ultimi passi procedurali per l’attivazione di un nuovo corso di laurea in Beni Culturali nell’ambito di una Joint School a Xi’An e altri ne stiamo discutendo ad Ingegneria dell’Informazione ed Ingegneria Industriale.

I nostri obiettivi sono quelli di far leva sulle collaborazioni esistenti e consolidare i risultati sinora raggiunti per incrementare la nostra attrattività, non solo su un sistema di accoglienza rodato nelle pluriennali esperienze di scambio e collaborazione, ma anche attraverso innovazioni nell’offerta formativa, per rendere sostenibili i flussi sinora generati, anche al fine di diffonderne i benefici sul territorio.

La definizione di un programma dedicato di cooperazione con la Cina, seguita all’insediamento del Rettore Pollice e la responsabilità affidatami, vanno proprio nella direzione di scalare ed incrementare la nostra cooperazione con la Cina.

Come avete superato le difficoltà legate alla pandemia e come è andata avanti la cooperazione in questi mesi di lockdown?

Abbiamo seguito molto da vicino l’evolversi della situazione in Cina, anche perché a metà gennaio avevamo appena chiuso gli ultimi dettagli organizzativi di una missione istituzionale prevista per la seconda metà di aprile che ci avrebbe dovuto portare in visita presso i nostri principali partner e sviluppare nuove collaborazioni.

A febbraio avevamo già cominciato i preparativi istituendo una task force che ci ha accompagnato in tutto questo periodo nel valutare l’evoluzione della situazione, implementare ed adattare le misure di salvaguardia. Già dalla seconda settimana di marzo eravamo in piena operatività sia con le lezioni che con lo smart working.

Anche la cooperazione non ha subito battute di arresto. Superati i primi momenti di difficoltà, caratterizzati da intensi scambi con i Rettori ed i colleghi delle università partner, nonché da offerte reciproche, anche concrete, di supporto, abbiamo ricominciato a lavorare sui vari programmi non appena se ne sono create le condizioni. Ciò nel rispetto della velocità di reazione ed adeguamento dei nostri partner. In molti casi, i primi di aprile eravamo già in piena operatività.

Come? In estrema sintesi, abbiamo subito preso atto del cambio di prospettiva imposto dal lockdown e abbiamo portato online anche quelle attività e quegli obiettivi che ci eravamo proposti di raggiungere durante la missione, ma anche colto nuove opportunità. Tra queste la nostra partecipazione alla Summer School e ai webinar organizzati dal China-Italy Joint Laboratory on Advanced Manufacturing (CI-LAM), realtà conosciuta nell’ultima edizione della Settimana Italia-Cina dell’Innovazione in cui il collega Gianluca Elia ha rappresentato le attività del nostro Dipartimento di Ingegneria.

A giugno scorso, durante i mesi del lockdown,  l’Università del Salento ha rinnovato in via telematica la propria cooperazione con la Jinan University di Guangzhou, come è evoluta la vostra cooperazione dopo la pandemia in termini di forme e tematiche ad esempio?

Il rinnovo telematico dell’accordo di cooperazione con la Jinan University è proprio un esempio del cambio di prospettiva nello svolgimento delle nostre attività di cooperazione e del modo in cui abbiamo affrontato il lockdown. E’ stato il frutto della reciproca determinazione di non cedere alla tentazione di mettersi in stand by nell’attesa di un ritorno alla normalità.

La nostra ‘nuova normalità’ è stata quindi quella di continuare le attività, tra cui un progetto Erasmus di scambio staff e studenti sulle tematiche dell’innovazione e dell’imprenditorialità tecnologica e nuove iniziative tese alla più forte integrazione delle nostre offerte accademiche sulle tematiche dell’ingegneria informatica ed ingegneria industriale, con ogni mezzo a nostra disposizione. Dalle piattaforme di tele-conferenza, alle disposizioni in materia di mobilità blended e virtuale che abbiamo fatto nostre relativamente agli scambi previsti per il prossimo semestre e, soprattutto alla flessibilità, la reciproca comprensione e l’amicizia maturate in oltre nove anni di cooperazione. Senza nessuna intenzione retorica, credo di non affermare nulla di estraneo, soprattutto per quei colleghi che condividono esperienze di collaborazione con la Cina, della rilevanza di questi fattori nel superare ogni difficoltà.

Quali sono a suo parere oggi le tematiche di rilievo per la cooperazione scientifica ed accademica tra Italia e Cina?

La iniziative di Città della Scienza fotografano un consolidato di collaborazioni, esperienze e relazioni che, unitamente alla congiuntura favorevole data dalle rinforzate e diffuse relazioni istituzionali (che la comune esperienza del Covid-19 non ha fatto che rafforzare), pone il nostro sistema Universitario e della Ricerca in una condizione difficilmente ripetibile per valorizzare e consolidare la nostra cooperazione in molti campi. Più di quelli che era lecito aspettarsi poco più di due anni fa.

Mi soffermo in particolare sulle opportunità offerte dalla notevole spinta all’internazionalizzazione della ricerca e della formazione del sistema universitario cinese. Rispetto a queste opportunità, le università italiane non sono state sempre i partners e le mete privilegiate, ma di sicuro sono molto ambite, soprattutto in alcuni ambiti sia del nostro savoir faire, come i macchinari, la chimica e la farmaceutica ma anche e, soprattutto, del nostro savoir vivre, come le arti, la musica, il design. Opportunità rivenienti non solo da interessi e fascinazioni, ma da bisogni concreti, come per esempio nella manifattura avanzata, nell’industria 4.0 e nelle tecnologie collegate alla salute ed all’ambiente fondamentali nel determinare quell’incremento della qualità del capitale umano e del valore aggiunto del sistema industriale, oggi più che mai necessario.