Articolo pubblicato su “Il Mattino” del 17 febbraio 2014.
Da Bagnoli a Napoli Nord, Napoli ha bisogno di una terapia d’emergenza, che riporti l’economia vera in città e che crei posti di lavoro veri. Un nuovo inizio può essere rappresentato dall’iniziativa annunciata dal vicepresidente della Regione Trombetti e dal sindaco De Magistris: il 4 marzo 2014, a un anno esatto dall’attentato incendiario che distrusse il Science Centre di Città della Scienza, verrà firmato tra governo, Regione, Comune e Fondazione Idis, l’accordo di programma per la ricostruzione del Museo di Bagnoli.
L’accordo, su richiesta esplicita del Sindaco De Magistris e della Giunta comunale, prevede che parallelamente e con la stessa tempistica della ricostruzione del Museo, venga realizzata una spiaggia pubblica, con la tecnica del ripascimento e soprattutto verrà finalmente bonificato il mare. Un piano possibile grazie a fondi privati, a fondi pubblici garantiti dalla Regione Campania di Stefano Caldoro e grazie alla regia del Governo attraverso il lavoro del Ministro Trigilia.
Questa è la dimostrazione che a Napoli e più in particolare a Bagnoli – in presenza di un progetto culturale ed industriale, accompagnato da un piano di gestione credibile, da lavoro e risultati concreti (il Museo prima dell’incendio doloso accoglieva oltre 350.000 visitatori annualmente) – le cose si possono fare.
Parallelamente, assistiamo al dramma della possibile liquidazione di Bagnolifutura e soprattutto al fallimento del Piano di Bagnoli. Mi chiedo se sia giusto scaricare sugli amministratori della società il fallimento del Piano (altra cosa sono i rilievi penali, ciò di cui ci dirà la magistratura), oppure prendere atto che la “via napoletana allo sviluppo” è fallita perché nel momento stesso in cui tutte le città ex industriali del mondo si riprogettavano e si riprogettano pensando a riempire i vuoti con nuova impresa basata sull’economia della conoscenza, a Bagnoli si è puntato sui roseti, i laghetti e i boschi. La mia personale opinione è che Napoli, venti anni fa, ha puntato su progetto utopico e sbagliato, senza curarsi del bisogno di lavoro dei suoi cittadini e senza un piano industriale di gestione. Ed oggi, senza nessuna autocritica si cerca il capro espiatorio in Bagnolifutura, dimenticando che era ed è una società di spesa, che realizza solo quello che i suoi azionisti, Comune di Napoli e Regione Campania, le dicono di fare. E devo dire che dispendere quel patrimonio professionale accumulato in anni e anni sarebbe un vero spreco.
Eppure una risposta a Bagnoli è già sotto gli occhi di tutti, poiché chi ci vive e ci lavora sa che sulla costa è già in erba, e deve essere realtà definitiva, un grande attrattore turistico: la ricostruzione del Science Centre; la creazione della spiaggia (alternando ad esempio spiaggia pubblica e lidi gestiti); la valorizzazione dei tanti locali esistenti, dallo “storico” Arenile al lido Pola occupato; la passeggiata sul mare; parcheggi che diano servizi alle tante fasce di utenze che dalla mattina a notte riversano sull’area migliaia di utenti.
E alle spalle di Città della Scienza?
Basta guardare alla Costa Azzurra, dove amministratori previdenti hanno creato Sophia Antipolis, un parco scientifico e tecnologico che oggi, proprio per la sua location, ha permesso di localizzare oltre 1000 imprese innovative e dare lavoro ad oltre 50.000 persone. Alle spalle di Città della Scienza deve nascere un grande parco scientifico e tecnologico che attragga impresa ecocompatibile matura e crei nuova impresa (non tutti sanno che nel polo tecnologico di Città della Scienza ci sono decine di imprese tecnologicamente avanzate, internazionalizzate e che fanno fatturati importanti e danno lavoro di qualità a circa 500 persone).
Vorrei dire a Paolo Graziano, a Francesco Tuccillo e a tutta l’Unione Industriale di Napoli, che non si può parlare di Bagnoli senza partire da Città della Scienza, e lanciare una proposta: facciamo dell’Acciaieria il centro di un nuovo progetto, LA FABBRICA: un grande complesso che accolga aziende innovative e di servizi, centri di ricerca, start up.
Insomma la risposta alla crisi di Napoli non la si trova nel Vangelo secondo De Lucia, ma imparando dagli altri, dagli americani che hanno creato la Silicon Valley; dai francesi con Sophia Antipolis; dai cinesi che a Pechino hanno creato il parco scientifico di Zhongguancun. A meno che il vero obiettivo non sia quello di stancare la gente in un’attesa infinita e convincerla che, come ha onestamente suggerito su queste pagine il Prof. De Fusco, “a Bagnoli devono essere costruite case per il ceto medio”.
Vincenzo Lipardi, consigliere delegato di Fondazione Idis-Città della Scienza