La scienza sbagliata del nazismo

Quasi per una cupa ironia della storia, nel giro di pochi giorni celebriamo due ricorrenze: una, penosa per la sua ferita insanabile, quella del Giorno della Memoria; l’altra, il 12 febbraio, è la nascita di Charles Darwin. Potrebbero apparire, a chi è più distratto, eventi che non hanno nulla da condividere. Eppure il collegamento è  tragicamente diretto: poche teorie scientifiche sono state più fraintese di quella dell’evoluzionismo e mai come nel caso del nazismo il fraintendimento di una teoria ha prodotto danni così spaventosi.

La fama clamorosa che i libri di Darwin, L’origine della specie  (1859) e  L’origine dell’uomo (1871), produssero nei primi decenni del XX secolo, fu dovuta al fascino che esercitava su larga parte del mondo intellettuale la tesi semplicistica – grossolanamente estrapolata dal contesto scientifico darwiniano – della sopravvivenza del più forte. Già nel 1879, in occasione del 50° Congresso dei naturalisti tedeschi, molti di quelli che allora venivano chiamati “filosofi naturali” (a metà strada tra scienziati e intellettuali umanistici) discussero della cornice politica dell’evoluzionismo, portando il giornalista Emile Gautier a parlare in modo sprezzante di “darwinismo sociale”. Questa sensibilità si diffuse nei decenni successivi in una Germania da poco unificata e avida di discorsi sulla superiorità della “razza tedesca”.

Nei primi anni del Novecento figure come Eugene Fischer contribuirono all’elaborazione di una teoria – e poi di una vera e propria pratica – eugenetica. Antropologo fisico, Fischer compì esperimenti nelle colonie tedesche dell’Africa che lo portarono a elaborare un appello contro il matrimonio interrazziale, che ottenne vasta eco in diversi paesi europei e ancor di più in una Germania che era uscita con le ossa rotte dal primo conflitto mondiale e covava sentimenti revanscisti e ultranazionalisti. Divenuto nel 1930 direttore dell’Istituto di antropologia di Berlino, Fischer entrò nel “cerchio magico” di Hitler e ottenne ampi fondi per portare avanti le sue analisi sui figli dei meticci, propagandando le tesi della pura razza ariana, della sterilizzazione forzata e del divieto di incroci razziali, che si tradussero nelle leggi naziste di Norimberga del 1935, che proibivano i matrimoni tra cittadini “di puro sangue tedesco” e gli ebrei.

A “perfezionare” la deriva pseudoscientifica del darwinismo sociale e dell’eugenetica si inserì anche la politica dell’eutanasia dei “meno adatti”. Sulla base di pubblicazioni che si erano susseguite tra la fine del XIX e i primi vent’anni del XX secolo (Il diritto alla morte di Adolf Jost del 1895, Il permesso di annientare vite indegne di vita di Alfred Hoche e Karl Binding, 1920), la Germania nazionalsocialista avviò ampie campagne di sterilizzazione forzata che tra il 1933 e il 1939 portarono a sterilizzare oltre 300mila persone tra persone giudicate affette da malattie ereditarie, in una visione distorta delle leggi dell’ereditarietà (venivano considerati ereditari, tra gli altri, disturbi come la schizofrenia o l’epilessia). Il medico personale di Hitler, Karl Brandt, sviluppò in quegli anni il programma noto come Aktion T4, portato avanti dal “Comitato del Reich per il rilevamento scientifico di malattie ereditarie e congenite gravi”, istituito nel 1938: il comitato aveva lo scopo di ordinare la soppressione di tutti i bambini fino ai tre anni con malformazioni fisiche e malattie mentali. Negli anni successivi questa politica fu estesa anche agli adulti. Si stima che circa 70mila persone furono uccise attraverso i programmi di eutanasia – e in molti casi di vero e proprio sterminio di massa – del Terzo Reich.

Negli anni della Seconda guerra mondiale, Eugene Fischer ebbe modo di condurre i suoi esperimenti medici direttamente nei campi di concentramento attraverso prelievi di sangue e tessuti, nonché misurazioni craniali. Inventò una vera e propria scala pseudoscientifica per determinare la provenienza razziale degli internati, che si basava sul colore dei capelli: i più puri erano quelli che avevano i capelli biondi, i meticci più “impuri” avevano i capelli neri o con gradazioni di rosso. Ad Auschwitz il medico del campo di concentramento fu il tristemente noto Josef Mengele. I suoi esperimenti sui prigionieri si concentrarono principalmente sullo studio dei gemelli e del colore degli occhi, nonché sulla verifica delle capacità di sopravvivenza umana in ambienti estremi (freddo intenso, pressione atmosferica minima, assenza di ossigeno). Ad Auschwitz, la scienza distorta del nazismo si macchiò dei crimini più efferati e scrisse la pagina più oscura della medicina moderna. Ma quella del nazismo non fu né scienza né medicina, bensì pseudoscienza; e l’ideologia alla base, il darwinismo sociale, non fu che un aberrante fraintendimento delle teorie dell’evoluzione. Il giorno della memoria è perciò anche un giorno per ricordare i danni catastrofici che la cattiva interpretazione della scienza può provocare, e per ricordare l’importanza di vigilare per contrastare la diffusione di ogni teoria pseudoscientifica nella nostra società.

Share on FacebookTweet about this on TwitterShare on Google+Share on LinkedInEmail this to someone